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Favola Braithwaite: dalla sedia a rotelle alla doppietta in Champions

Ma chi, io? State scherzando?”. Nessuno scherzo: il Barcellona ha davvero messo nel mirino Martin Braithwaite. Il 9 gennaio 2020 la vita cambia per l’attaccante danese. Lui ancora non lo sapeva, ma l’infortunio al ginocchio di Luis Suárez stava per segnare una svolta definitiva alla sua carriera. Il club blaugrana lo chiama. Lui non ci crede. Non ne parla con nessuno finché le cose non si avverano. Ha pure rischiato di far saltare il matrimonio: era sempre al telefono con l’agente e cambiava stanza per non farsi sentire. Tutto ciò che può insospettire una moglie. L’amante in realtà si chiamava Barcellona, lui aveva solo paura di parlarne prima che le cose non si concretizzassero. Ma era tutto vero: sarebbe diventato un compagno di squadra di Lionel Messi: “Se il calcio è una religione, Messi è il suo Dio”, dirà. Nella partita contro la Dinamo Kiev, intanto, sono arrivati anche i suoi primi due gol in Champions League. Prima aveva registrato un solo minuto nella massima competizione europea, nella partita contro la Juventus. Poi, a Kiev, Braithwaite è stato schierato titolare, e ha registrato una doppietta


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La malattia e la sedia a rotelle

Chi l’avrebbe mai detto. In pochi. Soprattutto quando a soli cinque anni gli venne diagnosticata la sindrome di Legg-Calvé-Perthes, una rara malattia ossea che colpisce bambini e bambine, dovuto a un insufficiente supporto di sangue alla testa del femore, che comporta un rischio di deformazione. Martin Braithwaite fu costretto a sedere su una sedia a rotelle per due anni: “Non potevo fare le cose che gli altri bambini riuscivano a fare e necessitavo sempre di qualcuno che mi aiutasse per qualsiasi cosa. Era frustrante non poter toccare un pallone, e giocarci”. Chi lo ha visto crescere lo ha raccontato come un bambino innamorato del calcio, sin dai primi mesi. È nato il 5 giugno 1991. Quasi un anno dopo il Barcellona del suo connazionale Laudrup alzava la prima Champions League della sua storia. Gol decisivo di Ronald Koeman, che adesso lo allena e che in estate si è opposto a un suo trasferimento.


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Rinascita nel mito di Ronaldo

Una volta guarito, dopo due lunghissimi anni, Martin Braithwaite ha ricominciato a sognare: “La mia vita è ricominciata. Ricordo che il primo weekend giocai subito e fui eletto ‘Uomo partita’: non so se fu una cosa caritatevole o se lo meritassi davvero, ma fu una sensazione incredibile. Potevo ricominciare a sognare”, raccontò in un’intervista a fourfourtwo.com. Ha ripreso a giocare in Danimarca, nella sua Esbjerg, città natale. Ha subito attratto club europei, tra cui anche la Reggina, con cui svolse un provino. Ma non se la sentì di lasciare la sua città. Una città dove ha anche sofferto, specie per il colore della sua pelle: “Mi sono state dette tante brutte cose, ma ho sempre avuto un carattere forte che mi ha permesso di guardare oltre”. Una forza caratteriale ereditata dal padre, che lo ha incitato a non mollare la presa nei momenti più duri e gli ha fatto capire da chi prendere spunto e imparare per diventare un bravo attaccante. Niente meno che Ronaldo Nazário da Lima: “Mi diceva sempre di guardarlo giocare e imparare le sue finte”. Ambizioso. Ha lasciato la Danimarca solo per Tolosa, dove è diventato un simbolo, nonché il terzo miglior marcatore della storia del club. Poi Middlesbrough, una parentesi a Bordeaux nella sua amata Francia, e il Leganés. E lo scorso anno la chiamata da sogno, quella del Barcellona.


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"Non laverò la maglietta"

A cinque anni non poteva neanche camminare, con il forte rischio di una deformazione ossea. Oggi gioca in uno dei club più importanti al mondo, con alcuni tra i giocatori più forti in circolazione. Dalla lotta salvezza con il Leganés agli assist e gli abbracci con il compagno di reparto Lionel Messi: “Non laverò la maglietta”, diceva dopo ogni abbraccio con il numero dieci blaugrana. Senza dimenticare mai da dove è partito, e cosa ha vissuto da piccolo: nel 2016 per ogni gol segnato decise di donare mille euro agli ospedali per bambini, perché potessero godere di supporti migliori per la loro guarigione, e perché possano sempre rimettere in piedi i loro sogni. Per poi rincorrerli, come ha potuto fare lui.