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“Raccomandato a chi?”. Marchizza, orgoglio di papà: “Era scoordinato e sovrappeso, solo in due ci hanno creduto. Ora gioca con la Roma”

Sia lodata l’intuizione: “Era scoordinato e sovrappeso, ma sono stati gli unici a credere in lui”. Momento però, riavvolgiamo il filo. E i protagonisti della storia. Sostanzialmente tre: Riccardo Marchizza, Giuseppe Pistillo e Marco Rosa. Forse il primo lo conoscete, difensore centrale della Roma fresco d’esordio in Europa League, giovedì scorso contro l’Astra Giurgiu. “Ottimo, gli altri due?”. Osservatore il secondo: “Uno dei più bravi in circolazione“. Allenatore l’ultimo: “Uno dei primi”. Fondamentali entrambi. Meglio: “intuitivi”. Perché forse, senza di loro, Riccardo Marchizza non sarebbe lì, accanto a Totti e in prima squadra: “Secondo molta gente non era un giocatore da Roma, ma del gruppo del ’98 è l’unico rimasto”. Garantisce papà Giancarlo su Gianlucadimarzio.com, narratore di una storia che parte da lontano: “Siamo di Tor Lupara, mio figlio ha iniziato, oggi si chiama Fontenuova”. Quanta strada: “L’esordio in Europa è stata un’emozione”. Quanta ancora da fare: “Deve rimanere umile, non montarsi la testa”. Classe ’98 e un futuro tutto suo, blindato con un contratto fino al 2021 (leggi qui).

Ma che soddisfazione vederlo in campo con quei colori, quelli di una vita. Sudati e sofferti. Inseguiti a lungo, facendo avanti indietro fino a Trigoria: “Merito della mamma, l’ha portato lei”. Un “grazie” d’obbligo, ma quanta gavetta: “Negli anni l’hanno massacrato, seriamente. Gli dicevano che era un raccomandato perché giocava sotto età, dicevano che pagavo per farlo giocare. Una serie di bugie, anche perché tutti gli allenatori che ha avuto hanno sempre speso belle parole, da Tovalieri a Coppitelli, fino ad Alberto De Rossi. E’ maturato molto, merito anche del suo procuratore, Michelangelo Minieri, che l’ha inquadrato bene”. Ma il più importante è stato Marco Rosa: “Sai, oggi allena suo fratello a Frosinone, un 2001 che gioca sotto età. Sarà il destino, Riccardo deve ringraziarlo”. Vari motivi: “Giocavano a 7 e faceva l’esterno, su e giù. ‘Questo lo voglio con me’ diceva. L’ha tenuto contro il parere di tutti. Lungimirante: “Esatto sì, come il suo scopritore, Giuseppe Pistillo”.

Galeotto fu un torneo: “Riccardo aveva 8-9 anni, era forte eh. Ma non sembrava un giocatore da Roma, faceva l’attaccante come tutti gli altri bambini. Tuttavia, segnò 30 gol in 5 partite e Pistillo lo segnalò alla società. Ci ha creduto, ha guardato oltre. E’ stato l’unico”. Orgoglio di papà: “Abbiamo un bel rapporto, anche se l’ho sempre criticato. Non gli ho mai detto bravo”. Sotto con l’impegno: “Sotto questo punto di vista è sempre stato un grande. Primavera, dove ha vinto Campionato e Supercoppa, prima squadra, partitelle. Ha sempre dato il massimo, non ha mai mollato”. Una furia da piccolo: “Hanno rotto di tutto a casa, sia lui che il fratello. Qualsiasi cosa…”. Fuori dal campo, che tipo è Riccardo? “Frequenta l’ultimo anno di ragioneria, è bravo, dalle medie è uscito col massimo dei voti”. Altre passioni invece? “Il paddle, sta in fissa!”.

Un solo idolo: “Come caratteristiche somiglia a Chiellini, ma gli piace Barzagli”. Stesso ruolo inoltre, ma Riccardo è un rigorista doc: “Eh sì, lì ha sempre tirati”. Il motivo: “Partita con la Ternana, calcio di rigore a 3′ dalla fine. Nessuno si decideva, il classico ‘tiri tu, tiro io’. Riccardo si è presentato sul dischetto e ha segnato, da lì in poi è sempre stato lui”. Già 5 centri stagionali, un bel piedino tutto mancino: “E ha segnato pure da centrocampo”. Il retroscena di papà: “Era nei Giovanissimi Nazionali, tirò dopo il calcio d’inizio e segnò. Era uno schema!”. Un’intuizione vincente. L’ennesima. Non più una novità quando si parla di Marchizza, orgoglio di papà.