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Mancini: “Il gol più bello della carriera? Il tacco nel derby. Poi quello di Lione…”

Lione-Roma, la gara della verità. L’esito del match del Parc Olympique Lyonnais dirà se la Roma è realmente in grado di puntare alla vittoria dellEuropa League. Tra i precedenti da ricordare c’è sicuramente il 2 a 0 del marzo 2007, firmato Totti e Mancini: a distanza di 10 anni il gol del brasiliano fa ancora stropicciare gli occhi.

“Quanti doppi passi ho fatto? Otto” – dichiara Mancini nel corso di un’intervista concessa a La Gazzetta dello Sport – “Il nome del terzino era Reveillere. Mi dà la palla Francesco. E io vado dritto verso la porta, basandomi su un principio: l’area di rigore protegge l’attaccante, perché il difensore non può toccarti e ha paura. Faccio un doppio passo, poi un altro, sposto il pallone, tiro di sinistro. Un gol incredibile. Il migliore della mia carriera? No, quello è stato il primo che ho fatto in Italia. Nel derby. Colpo di tacco al volo. Per gol del genere conta tutto: istinto, qualità, fortuna, io direi anche la fantasia brasiliana che non guasta. Se rivedete quel calcio d’angolo di Cassano, nel derby, anche Emerson fa lo stesso movimento. Magari se non la prendo io, il tacco lo prova lui”.

Sui connazionali: “Emerson Palmieri è bravo, lo conosco bene. Ha qualità. Come Bruno Peres. Se giocherei in questa Roma? Sì. Beh, io avevo delle caratteristiche particolari: ero veloce, potente, saltavo l’uomo e segnavo tanto. Non so quanti brasiliani abbiano fatto 59 gol nella Roma. Oggi c’è Salah che è velocissimo, Perotti è bravo a dribblare, io ero un calciatore diverso”. Di nuovo il Lione nella strada della Roma: “Quello era uno squadrone. Per me la Roma passa il turno ed è la favorita per vincere l’Europa League. Spero che succeda, anzi, perché ho i tifosi nel cuore. Di più, tifo Roma anche da quaggiù, dal Brasile”.

Mancini spiega perché lasciò la Roma: “Nel calcio può succedere di separarsi. So che la gente ci è rimasta male, qualcuno mi diede del traditore, ma la verità è che il mio trasferimento all’Inter mise tutti d’accordo. Anche la Roma, che aveva bisogno di soldi e fece una plusvalenza incredibile: a un anno dalla scadenza del contratto venni pagato 13 milioni più bonus. Tanto. Di sicuro non fui io a chiedere di andare via. Con Spalletti ho ancora buoni rapporti.So che è stato il suo compleanno, quindi gli mando attraverso quest’intervista gli auguri. Ogni tanto lo sento e lo ringrazio, perché è stato il miglior allenatore della mia carriera”.

Esperienza nell’Inter poco felice: “Mourinho all’inizio mi faceva giocare, poi cambiò modulo e preferì puntare su altri. Pensi che sfiga: sono andato via a gennaio nella stagione del triplete… Uno sbaglio lasciare la Roma? Non guardo mai indietro. Perderei tempo a pensare al presente e al futuro. Ho aperto un’azienda di costruzioni a Belo Horizonte. Ho una bella famiglia con tre bimbi. Ma a settembre mi trasferirò di nuovo a Roma, dove ho ancora casa, perché mi iscriverò al corso di Coverciano. Voglio allenare. Come Spalletti? Magari. Ma lui è cambiato rispetto a dieci anni fa: è più vecchio… No, scriva che scherzo per favore. Ripeto, Luciano è il top”.

Brutti ricordi, il 7 a 1 di Manchester: “Mamma mia,ne parlo con Doni, il portiere. Che cavolo abbiamo combinato? Non riusciamo a darci pace. Devo però aggiungere che Cristiano Ronaldo giocò una partita pazzesca. Sembrava un diavolo tra i diavoli. Totti? Un ragazzo silenzioso, un calciatore fantastico. A suo modo carismatico. Ma di leader ne ho incontrati tanti a Trigoria: Emerson, Samuel, Chivu. E poi De Rossi, che era con me in stanza: conosceva benissimo Roma e la Roma, anche se era giovane. Mi aiutò a capire dove fossi capitato. Aveva ragione su tutto: a Roma ho vissuto gli anni più belli della mia vita”.