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Maestrelli, la difesa è un affare di famiglia: “Zio Marco Materazzi un modello”

Il difensore del Bisceglie tra lo zio campione del mondo e i nonni allenatori: Beppe Materazzi e Tommaso Maestrellli. “Studiavo Nesta, mi piace Sergio Ramos. L’allenatore della svolta? Sebastiano Siviglia”

“Questa è casa mia, ci puoi entrare solo perché stai con me”. Di certo, ad Andrea Maestrelli non manca il coraggio. Quello che ti mostra mentre passeggi a fine intervista accanto a lui nell’area di rigore del Ventura, lo stadio di Bisceglie, dove quest’anno il difensore classe 1998 ha già messo insieme 26 presenze. Ti indica la porta e ti fa capire che la difesa della propria è un’arte tramandata in famiglia.

Quando tuo zio di mestiere ha fatto il difensore ed è diventato Campione del Mondo con l’Italia 2006, difficile immaginare il contrario. Già, perché il nonno di Andrea è Beppe Materazzi, allenatore indimenticato in particolare a pochi chilometri da Bisceglie, a Bari, che per qualche giorno durante l’inverno dal club ci è anche passato: presentato come direttore dell’area tecnica, per poi dirsi addio con la società dopo una settimana.

“Non sono ipocrita, per me è stato un piacere averlo qui, poi è ovvio che a parlare deve essere il campo. Non lo chiamavo certo direttore, è mio nonno. Avevo un pezzo di famiglia vicino a me”. Se nonno è Beppe, lo zio è Marco, ex colonna dell’Inter. “Zio è stato un modello d’infanzia e fare la sua carriera sarebbe molto bello, ma questo è scontato – sorride ai microfoni di gianlucadimarzio.com – lui si è trovato la sua strada da solo ed è quello che voglio fare anche io”.

Nel 2006 Andrea aveva 8 anni, ma i ricordi di quel trionfo in Germania sono presenti: “Ricordo l’emozione negli occhi di mia madre – racconta – ma in quel momento per me, da bambino, era quasi la normalità. Oggi, a distanza di anni, mi dico: sono arrivati sul tetto del mondo, che grandi”. La carrellata dei ricordi di famiglia passa anche da nonno Tommaso, l’artefice del primo storico scudetto della Lazio: “E’ un onore per me vedere che tutti ricordano ancora mio nonno,era un leader vecchio stampo. A chi lo paragonerei oggi? Claudio Ranieri”.

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GLI INIZI E IL RAPPORTO CON SIVIGLIA

I modelli di Andrea, però, sono anche al di fuori della casa di famiglia: “Dei difensori del passato mi piaceva tanto Nesta, oggi guardo a Sergio Ramos. Gioco facile”. La Lazio, però, è nel destino: “Sebastiano Siviglia, l’ho avuto a Terni come allenatore e mi ha dato tanto. Non voglio anticipare nulla, ma tra qualche mese o un anno con lui potremmo raccontare una bella storia”. Per crescere il giovane Maestrelli è andato fuori dal giardino di casa. Anno 2015, “con il settore giovanile del Perugia, avevo appena compiuto 17 anni. Ero vicino casa, poi mio zio Marco abita lì e questo mi ha aiutato ad attutire il passaggio”.

Oggi, se cerchi il suo nome su Google, il primo riferimento che vien fuori è l’inno dell’Empoli. “Vuol dire che ho ancora tanta strada da fare” sorride. Magari anche grazie ai consigli di famiglia: “Parliamo tanto di carattere, meno di tecnica. I piccoli trucchetti del mestiere quest’anno li sto imparando sulla mia pelle. Chi ha fatto calcio entra tanto nell’approccio mentale alla partita, con la mia famiglia non cerco mai consigli tattici ma una spinta sul profilo caratteriale”.

Quello che serve per affrontare un calcio ballerino, quello di C, come i casi limite di Pro Piacenza e Matera hanno raccontato quest’anno: “Sono situazioni tristi, nelle quali si sono trovati dei colleghi ma poteva capitare a chiunque. Però magari queste situazioni così estreme spingeranno finalmente la Federazione e la Lega a riflettere profondamente. Serve lo scossone per innescare una reazione, i tempi recenti ce lo dimostrano”.

“AI VIDEOGIOCHI PREFERISCO VEDERE LE PARTITE”

Lavoro, lavoro, fortemente lavoro. Il concetto nella mente di Andrea è chiaro: “Nel tempo libero niente videogiochi, quando sono qui dedico tanto tempo al campo. E vedo tante partite in tv. Mi alleno per arrivare più in alto possibile e per non avere rimpianti. Quando smetterò di giocare, spero tra 20 anni, vorrò guardarmi indietro e avere la coscienza pulita”. I frutti si vedono: 26 partite in stagione, solo due assenze: “Domenica ho saltato la mia seconda partita in campionato, una per squalifica”.

Eppure la stagione del Bisceglie, che oggi vede la salvezza più vicina nel girone C di serie C, non è stata semplice ed è passata anche per un girone con una sola vittoria su 18 partite: “A un certo punto ci siamo guardati negli occhi e abbiamo capito che dovevamo dare una svolta alla nostra stagione – ricorda Andrea – a livello personale sono molto contento della partita contro il Catania o quella contro la Casertana all’andata. Sono belle vittorie, in genere mi lego a partite dove si raggiunge un traguardo di squadra”.

L’unione, a Bisceglie, sta dando i suoi frutti: “Abbiamo legato tanto fuori dal campo, mi trovo bene con tutti, in particolare con i croati e mi trovavo bene con Jakimovski, che è andato via a dicembre”. Ora guardando la classifica possiamo stare più sereni, ma non dobbiamo perdere la fame e la rabbia di questi ultimi due mesi”.

A mancare, ora, è solo il gol:”Diciamo che entro in campo sempre con il pensiero di non prendere il gol, però mettiamola così: se dovessi realizzare il gol salvezza, sarebbe un gran bel finale…”. Magari davanti a zio Marco, che al Ventura non è ancora stato di passaggio: “Non è ancora venuto qui – sorride Andrea – ma magari c’è tempo. Oppure mi verrà a vedere su altri campi in futuro”.