Luca Gerbino, emigrante di successo nella Svezia del pallone
In queste ore, qui in Svezia i nostri calciatori sono sulle prime pagine. Immobile, Insigne, De Rossi, Buffon: tutti protagonisti, ma il primo ad averci “messo la faccia” è stato un ragazzo di Treviso. Si chiama Luca Gerbino Polo. Il suo nome in Italia lo ricorderanno in pochi, ma a Bromma, quartiere di Stoccolma, è quasi una piccola celebrità.
“Sono in molti a fermarmi nei bar, nei ristoranti, anche solo per stringermi la mano o farmi i complimenti”. Sì, perché una sua rete all’82’ contro il Dalkur ha regalato la promozione nella serie A svedese (Allsvenska) con tre turni di anticipo al Brommapojkarna. Letteralmente “i ragazzi di Bromma”, squadra del quartiere dove Luca vive.
Ma Bromma, Stoccolma, la Svezia, non sono esattamente a due passi da Treviso, la sua Treviso. “Sono arrivato qui nell’estate del 2013 – racconta ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – perché ero stufo delle situazioni che trovavo in Italia”. Anni passati nelle serie minori, poi la svolta. “Ho giocato sempre in Serie C, fra Ravenna e Rimini, ma c‘era sempre qualcosa che non andava”. Figlio di una romagnola, da quelle parti si è sempre sentito un po’ a casa. Lasciarla non è stato uno scherzo ma in questa scelta anche il cuore ha avuto la sua parte: Carin, la sua ragazza è italo-svedese. “Abbiamo deciso insieme di venire a Stoccolma. Era l’inizio del 2013. Un freddo pazzesco. Presi un paio di pestoni in allenamento che ancora me li ricordo”.
Prima esperienza al Vasta Syrianska, poi 21 reti in 23 partite all’Akropolis. Squadre di migranti, prima i siriani, poi i greci. Fino al salto in Serie B, o SuperEttan, come si chiama qui, con la squadra del suo quartiere. Paradossalmente, un profeta in patria. “È una società emergente, con un settore giovanile incredibile, formato da 4mila atleti, ragazzi e ragazze”. Un fiore all’occhiello certificato nell’ insegna all’ingresso del Grimsta Idrottsats, lo stadio di casa: “benvenuti nel club più grande d’Europa”.
Nel 2014, il Brommapojkarna sfidò il Torino in un preliminare di Europa League conquistato grazie ai punti del fair play. Un club poi decaduto e risalito grazie a Gerbino, ma anche a un allenatore che ha giocato anche da noi: Olaf Mellberg, centrale difensivo della Juve di Del Neri e capitano della Svezia del 2004. Sì, quella del presunto biscotto. “Io non gli ho mai chiesto niente di quella partita, non prenderei mai questa confidenza. Con lui mi trovo bene, è uno tosto, pretende tanto, ma se abbiamo vinto il campionato c’è anche tanto di suo”.
Adesso per Gerbino si spalancano le porte della massima serie. Parla svedese correttamente grazie ai programmi di apprendimento per migranti. Ha studiato e continua a farlo: una laurea alle porte in Service management, un futuro protetto da tre lingue parlate fluentemente. “In Svezia è impossibile vivere di rendita col calcio. Lo stipendio medio all’anno in B è 25 mila euro netti. In A sono 8 mila al mese. Lordi, però. Bisogna sapersi organizzare per tempo. Io sto cercando di farlo”.
Il futuro di Luca potrebbe essere ovunque. “Non ho nostalgia particolare dell’Italia, né sento il desiderio di passare tutta la vita in Svezia. Voglio tenermi aperte tutte le porte”.
L’anno prossimo però cercherà soprattutto di violarle. Negli stadi svedesi in cui non ha ancora giocato. Quelli tipo la Friends Arena. Sarà lì per vedere gli azzurri, col biglietto regalato dalla sua società. Settore svedese. “Obblighi societari, ma state sicuri che se faremo gol, esulterò”.
Claudio Giambene
Bruno Majorano