“Luca, torni alla Lazio”. E giù di lacrime. Inzaghi richiama Crecco, l’ennesimo figliol prodigo
Metti una sera sul divano, bello comodo. E’ l’ultimo giorno di mercato ma a te non interessa, perché dovrebbe? Giochi all’Avellino, stai bene e l’allenatore crede in te. Quadretto bello chiaro. Metti che però, di tanto in tanto, butti un occhio sul tuo Iphone per conoscere le ultime notizie. Tifi Lazio, sei cresciuto lì, sei in prestito. E uno dopo l’altro chi gioca nel tuo ruolo se ne va: Leitner, Cataldi, Morrison, Kishna. Col sorriso, inizi a farci un pensierino: “Ma non è che questi, niente niente…”. Ritorno alla base? “Sì, magari”. Proposto Kasami, qualcuno potrebbe arrivare dai. Soltanto che col passare delle ore quel “qualcuno” diventa “nessuno”. Immobilismo. E il mulino di casa Crecco diventa pieno d’acqua, se la porta anche da solo. “Niente, niente…”. Infine sì, alla fine arriva la chiamata inaspettata dell’agente: “Pronto Luca, torni alla base”. Termina il prestito con l’Avellino, inizia il sogno. Quello di sempre. E Luca Crecco, quasi in punta di piedi, torna alla Lazio per volere di Inzaghi.
D’accordo, è un po’ un romanzo, ma deve essere andata più o meno così, compresa la telefonata di Michelangelo Minieri al suo assistito, uno dei “figli” di Inzaghino. Crecco si è commosso, questo è certo. “Simo” l’ha riportato alla base dopo una girandola di prestiti (Ternana, Lanciano, Modena, Avellino). I due si conoscono: “Abbiamo continuato a sentirci anche quando sono uscito dalla Primavera”. Questione di stima, rispetto. Crecco ha lasciato Inzaghi quand’era ancora ragazzino, non prima di avergli regalato una Supercoppa Primavera grazie a una doppietta alla Fiorentina. Aveva un sogno, Luca: “Mi piacerebbe indossare la maglia della Lazio all’Olimpico, coi miei amici Murgia e Pollace”. Uno di loro è ancora lì, altra invenzione di Simone Inzaghi. Quest’anno coi giovani le azzecca tutte, laureato in “giovanologia“. Green line del futuro. Crecco l’ultimo di una lunga lista di scoperte: Strakosha, Lombardi, Rossi, Prce. Anche Folorushno, lo stesso Murgia. Un tempo li allenava in Primavera e vinceva tutto, senza dimenticare il grande lavoro di Bollini, oggi allenatore della Salernitana.
Intuizioni valide, idee concrete portate avanti senza timore di nessuno. Fregandosene delle conseguenze: “Io ci credo, tu giochi”. E “gli scontenti a casa“. Alla Lazio torna Crecco, che nel 2013 aveva esordito in Serie A grazie a Vlado Petkovic, contro la Juve. Aveva 18 anni ma non ancora la patente: su e giù Balduina-Formello con la mamma. Hobby? Papà Daniele ha provato con la pesca, ma apriti cielo: “Quando era piccolino ho provato a portarlo con me. Scarsi risultati, non era tra le sue aspirazioni. Provammo anche col nuoto, faceva il faccino triste, una faticaccia portarlo in piscina”. Inizia come attaccante esterno, tutto mancino “come il nonno”. Meglio mezz’ala: “Faceva gol, tanti gol. Inventai un gioco carino per far divertire i ragazzi e appassionarli, compilavo le pagelle dopo le partite. A fine anno regalavo una Coppa a chi aveva fatto registrare i volti più alti. Crecco vinse il premio per 2-3 anni”. Mai una parola di troppo, mai una polemica. Educato e corretto.
Soprattutto sensibile, tanto da regalare la maglietta dell’esordio con la Juve alla famiglia di Mirko Fersini, ex giocatore degli Allievi della Lazio scomparso in un incidente: “Si conoscevano dai Giovanissimi – dice il papà di Luca – erano amici, facevano i raccattapalle insieme. La notizia arrivò per telefono, fu una tragedia, Luca pianse”. Proprio come Inzaghi, ex allenatore di Mirko che oggi allena la Lazio in un campo dedicato a lui: “Ci penso ogni giorno, mi basta guardare la scritta che porta al campo d’allenamento”. Non è solo però, ci sono i suoi ragazzi. Anche Crecco. In attesa della prossima chiamata pronta a sconvolgergli la vita, magari dalla panchina.