Lo zingaro felice della Vibonese. Andrea Saraniti, che gioia la doppietta al Lecce! “La partita più importante della mia vita”
Ventotto anni, una carriera nei dilettanti con leggeri picchi di professionismo tra Sorrento (7 presenze e 2 gol) e San Giusto (7 presenze) e… “mi fai doppietta al Lecce di Zeman!”. Siamo a martedì mattina e Andrea continua a non crederci, lo si percepisce dalla sua voce, euforica. “E’ stata la partita più importante che io abbia giocato in vita mia”. Alla faccia dell’emozione. Bum-bum: punizione più rigore e Padalino pietrificato. Il primo è stato un capolavoro, tecnica e tantissima potenza. “Ho scaricato un po’ di rabbia dopo le cinque sconfitte da cui arrivavamo. Il loro portiere prima mi ha rivelato ‘non ho avuto neanche il tempo di muovermi’ e poi mi ha fatto i complimenti”. Doppietta e dedica speciale. Tutta da raccontare. “I gol che faccio sono tutti per Pietro Liberti che ormai da un anno mi segue da lassù. E’ stato il mio primo procuratore… 11 anni fa. Ricordo quel momento come se fosse oggi. Mi disse ‘di attaccanti ne ho pochi. Anzi, soltanto uno. Che di nome fa Giorgio Corona’. Io arrivavo dalla Primavera del Catania, era la prima volta che firmavo per una squadra di grandi, puoi immaginarti il momento. E facevo il centrocampista, l’esterno! Pietro mi disse ‘tu diventerai un attaccante. Noi diremo che tu sei un attaccante’. Io risposi ‘ma avvocato, non so nemmeno come ci si deve muovere lì davanti…’ ma poi è andata”. Come? “Semplice, ho iniziato a fare gol!”.
Alto è alto: 1,87. Stazza da prima punta. Scaramantico per osmosi. “Lo sono da tre/quattro anni. I quattro napoletani che ho conosciuto negli ultimi anni della mia carriera mi hanno inculcato alcune stranezze”. Tipo? “Alla domenica indosso il costume, a mo’ di slip. Il cornetto, l’appendino… Anche se non serve a niente però ogni tanto qualche gol lo faccio!”. Ridiamo. Andrea Saraniti alias ‘lo zingaro siciliano’, il suo soprannome un po’ strano. “Non è bellissimo però alcuni mi chiamano così!”. Il motivo alla base c’è. Eccolo, in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com. “Me l’ha dato il mio ex Team Manager quando giocavo nella seconda squadra di Messina. Perché questo è il primo anno che resto nella stessa squadra per più di una stagione. Non avevo mai giocato o firmato più di un anno per la stesa squadra. Sono tornato solo ad Agrigento ma a distanza di sette anni”. Ma adesso lo zingaro è felice. E circondato dalle persone giuste, come il suo agente Giuseppe Piraino. “La Vibonese è un’oasi felice. E poi in città ci troviamo benissimo, da mia moglie a mia figlia, che si è ambientata alla grande all’asilo”. A proposito, per un attimo Andrea stacca l’orecchio dalla cornetta e si distrae. “Aurora ferma… hai la tosse”. Un bomber soprattutto con la sua piccolina. “Sono più presente alle riunioni di scuola che dentro l’area di rigore”. Sorridiamo. Questioni di famiglia. Attuali. Ma anche passate, che riaffiorano. “Devi sapere una cosa… da piccolo ero un ribelle. I miei genitori sono entrambi non vedenti e personalmente non mi hanno mai fatto mancare nulla, pensa che mio papà è diventato direttore di banca della filiale di Palermo a soli 30 anni. Il primo direttore di banca non vedente in Italia penso. Ma sai, da piccolino certe situazioni non le capisci. Alle volte m’imbarazzavo. Non è stato facile, ho trascorso un’adolescenza difficile. Adesso voglio essere il papà più presente del mondo”. Famiglia, calcio e… tennis? “Ci giocavo, ci giocavo. E me la cavavo pure! Mi a madre era talmente patita che quando le ho detto ‘mamma mollo il tennis per dedicarmi solo al calcio’ lei è caduta in depressione”.
Una vita nei dilettanti. “La differenza di categoria l’ho sentita eccome. All’inizio, in Lega Pro, non tocca una palla”. Ma adesso va decisamente meglio, il Lecce ne sa qualcosa. “Il tuo sogno?”. Andrea non ci pensa troppo e afferma: “Farmi 7/8 anni tra i professionisti. Il mio esempio è e resterà Giorgio Corona. Vorrei giocare per un po’ di anni in C, poi in B e anche una sola stagione in A. Sarebbe il massimo”. E per farlo, c’è un solo modo. “L’attaccante deve fare gol”. Stop. Ma Andrea non sembra affatto spaventato, cosa volete che sia fare gol per un come lui. Ventotto anni e la maturità di sapere esattamente come e cosa vuole dalla vita.