Lo sgambetto alla compagna di classe, gli scherzi con Grassi e la dedizione al sacrificio. “Calciava contro al muro e poi diceva: ‘Tanto pitturi tu…’”: viaggio nel ‘Mondo di Conti’
Crederci sempre e non arrendersi mai. Nessuna frase fatta: il mantra di Andrea Conti. Caparbietà e convinzione nei propri mezzi. “Fin da piccolo”. Nessuna presunzione. Qualità innate. Dai primi calci al pallone fino ai 7 gol e 5 assist nella macchina perfetta di Gasp lanciata verso l’Europa. Tutto raccontato in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com da chi l’ha visto nascere. E si emoziona ancora oggi a rivivere certi momenti. Un viaggio nel ‘Mondo di Conti’ iniziato qui, precisamente a Valmadrera (LC), dove Andrea mosse i primi passi attirando le attenzioni di Inter e Milan ma soprattutto della sua Atalanta. Ad accoglierci al ‘Centro Sportivo Rio Torto’ c’è Fabio, il padre di Andrea – la somiglianza è lampante, due gocce d’acqua! -, ed il sig. Capello, l’ex responsabile del settore giovanile che portò il classe ’94 a vestire la maglia della Virtus Magrate Valmadrera. La squadra oggi non esiste più ma i ricordi sono indelebili. Dietro di loro un campo da calcio in sabbia e ghiaia per gli allenamenti; appena più in alto invece i due campi in erba per le partite. Pronti? Si comincia.
Un bambino “vivace e determinato. E quella volta che fece lo sgambetto ad una compagna di classe…”
Orgoglio e… “disperazione, in senso buono” di papà Fabio. “Era un bambino molto vivace: in casa calciava tutto ciò che trovava contro muri e mobili! Ed essendo che io faccio l’imbianchino poi mi diceva: ‘Tanto pitturi tu…’”. Hai capito che faccia tosta. Ma non solo. “Lo fa ancora adesso! – afferma ridendo Conti senior – Per non parlare degli uno contro uno con Luca, il fratello maggiore: mia moglie non sapeva più che fare!”. Pallone incollato al piede, sempre. E che carattere. “Andrea è un testardo, voleva arrivare primo a tutti i costi”. Un esempio: “Alle elementari la maestra mi riferì che una volta per consegnare prima degli altri un compito in classe, fece uno sgambetto ad una bambina che si stava recando alla cattedra prima di lui così… consegnò per primo!”. Determinato, insomma. “Mi ha sempre detto: ‘Farò il calciatore in Serie A’”.
“Casinista”, poi: “Se c’è da fare casino o qualche scherzo lui si butta, gli piace – continua ridendo -. Soprattutto col suo amico Grassi: sono come fratelli e qualche marachellina la fanno ancora adesso”. Ma allo stesso tempo dedito al sacrificio. Anche grazie ai consigli paterni. “Da ragazzini i suoi amici andavano in giro e lui voleva seguirli. Spesso si lamentava: ‘Papà voglio andare anche io’. ‘No Andrea, vai a fare l’allenamento: ora fai dei sacrifici ma vedrai che ti divertirai più avanti’”. Così è stato. “Anche da più grandicello, intorno ai sedici anni, quando giocava alla domenica mattina al sabato sera stabilivo il coprifuoco alle 23 e lui alle 23:01 era a casa. Da questo punto di vista è stato esemplare”. Orgoglio di papà. Un’unica nota dolente: la scuola. “Alle superiori era spesso via a causa degli impegni calcistici. Capitò che si traferì in Russia dieci giorni con la Nazionale e al rientro si ritrovò due verifiche. Logicamente non ebbe tempo di studiare: consegnò in bianco e prese 0! Parlai coi professori perché potesse avere più tempo per prepararsi ma non ci fu niente da fare. Alla fine decidemmo di cambiare scuola”. Nel calcio invece ha sempre dimostrato di avere una marcia in più. “Il Milan l’aveva preso. Mi chiamò Paolo Bertani – ex selezionatore ed allenatore delle giovanili rossonere -, lo voleva a tutti i costi e l’avrebbe aggregato ai ‘93. Tuttavia Andrea preferì rifiutare perché non gli piaceva dove si allenavano, a Linate. Successivamente mi chiamò anche l’Inter ma io avevo già deciso…”.
L’inizio della love story con l’Atalanta. “Vennero a visionarlo Paolo Rota e il ‘maestro’ Bonifacio. Proprio lui mi telefonò convocandomi a Bergamo per farmi capire come volessero Andrea a tutti i costi. Diedi la mia parola, si trattava del miglior vivaio d’Italia”. Scelta azzeccata: “Non so se sarebbe arrivato se fosse andato al Milan o all’Inter perché ogni anno ne cambiavano sei o sette. Pensate invece che l’Atalanta fin da piccoli voleva vedere addirittura le pagelle: Paolo Rota andava a scuola ogni due o tre mesi ad incontrare le maestre. Volevano far sì che i ragazzi fossero prima uomini e poi giocatori”. A parlare poi ci pensava il campo. “Giocava in tutti i ruoli a parte il portiere e l’attaccante. Si è sempre trovato bene all’Atalanta anche perché erano uno squadrone!”. E che gruppo. “Non solo i ragazzi ma anche i genitori: ancora oggi ci frequentiamo coi genitori di Caldara, Gagliardini e tanti altri”. La famosa classe del ’94: la fortuna di questa Atalanta.
Diventata tale anche grazie alla gavetta. “Le esperienze a Perugia e Lanciano sono state fondamentali, le consiglierei a chiunque”. Cresciuto, maturato. “Quando l’abbiamo portato a Perugia siamo andati via in lacrime: la mamma e la ragazza piangevano a dirotto, io cercavo di farmi forza. Lì ha imparato ad arrangiarsi: a dir la verità ora è davvero bravo anche a cucinare”. Alt. “A casa però è come me… troviamo tutto pronto!”, via di risata. Infine, ecco la Serie A. L’esordio. “L’emozione più grande, quasi non ci credevo. È tutta farina del suo sacco: ha sempre avuto la voglia di arrivare a tutti i costi”. Una curiosità: “È un grande collezionista di maglie: ne avrà un centinaio. È riuscito ad avere quella di Totti e l’ha regalata a mia moglie”. Ora Conti si gode il suo momento. “La sua vita un po’ è cambiata, logicamente gli girano un po’ di soldi – ride – ma è sempre il solito Andrea: se c’è da fare uno scherzo non si tira mai indietro”.
Un prodigio: “Per lui gli uno contro uno erano uno contro zero”
“Lo scherzo l’ha fatto a me che sono tifoso dell’Hellas – interviene col sorriso il sig. Capello – l’anno scorso Andrea fece il primo gol in Serie A al Verona ed io sono saltato in mezzo alla curva ed ho esultato rischiando il linciaggio”, continua ridendo. “Ho dovuto spiegare la situazione…”. Impossibile non esultare al primo gol in Serie A del talento visto crescere fin da quando “iniziò a giocare a Lecco dove svolgevo il ruolo di responsabile del settore giovanile. Nel 2002 quando la società fallì, mi seguì insieme ad altri cinquanta ragazzi qui a Valmadrera. È sicuramente il bambino più forte che io abbia mai avuto. Per lui l’uno contro uno era come un uno contro zero: saltava tutti in velocità e faceva parecchi gol. Ed infatti rimase solo un anno, poi andò all’Atalanta”.
Che ricordi. L’emozione nel raccontarli da parte del sig. Capello è impossibile da descrivere a parole. “Ci allenavamo in questo campo di ghiaia – racconta indicando il terreno di gioco alle sue spalle –, i ragazzi al giorno d’oggi dovrebbero capire cosa vuol dire. Andrea non ha mai saltato un allenamento: chi fa i sacrifici ed ha talento è destinato ad arrivare”. Affezionatissimo al suo pupillo. “Negli anni successivi veniva a trovare me e molti dei suoi amici del ’94 all’Atletico Lecco, dove allenavo. Quando arrivava gli facevamo la festa perché si stava già affermando, era nel giro dell’Under 17. Una volta si presentò e i ragazzi gli posero un paio di scarpini: ‘Fai la partitina con noi’. Lui non ci pensò due volte”.
Ci dirigiamo verso l’uscita lasciandoci alle spalle il campo in ghiaia dove Andrea Conti ha iniziato la sua vita calcistica. Dalla Virtus Magrate Valmadrera all’Atalanta, con un futuro sempre più probabile in una big italiana o europea. Per lui parlano i numeri ma soprattutto i racconti di chi l’ha accompagnato in questo nostro viaggio nel ‘Mondo di Conti’ con gli occhi ricolmi di emozione. Siamo giunti al termine: un saluto a papà Fabio ed al sig. Capello non appena arrivati al parcheggio. “Ed un grosso in bocca al lupo ad Andrea”. Lo stesso Andrea Conti “vivace, scherzoso e dedito al sacrificio” capace di trascinare l’Atalanta grazie alla capacità innata di crederci sempre e non mollare mai.