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L’infanzia difficile, il rap, il sogno infranto e l’esplosione: la Premier League ora è ai piedi di Lukaku

30 agosto 2013, Eden Arena di Praga, partiamo da qui. Romelu Lukaku è sul dischetto del rigore: lunghe treccine che gli scendono sul collo, numero 18 sulle spalle, rincorsa incerta. Un passo laterale, poi due falcate per raggiungere il pallone: tiro debole e centrale. Neuer intuisce e para, il Bayern Monaco vince la Supercoppa Europea. L’immagine successiva è emblematica: il portiere tedesco con le braccia al cielo, l’attaccante belga con le mani nei capelli e lo sguardo perso nel vuoto, tipico di chi sa di averla combinata grossa. Quella sarà l’ultima immagine di Lukaku con la maglia del Chelsea, che qualche giorno dopo lo girerà in prestito all’Everton. A Stamford Bridge Romelu ha deluso prima di tutto se stesso, poi gli altri. Lo dimostra la notte in cui il Chelsea alzò la prima Champions League della sua storia. “Non ho toccato quella coppa perché non la meritavo, io non tocco qualcosa che non merito”, disse. Quella però è storia passata, adesso Romelu è un uomo nuovo.

Facciamo un salto in avanti di 4 anni: Lukaku non ha più lunghe treccine che gli coprono la testa, ora i capelli sono corti. E’ cambiato anche nello spirito, perché non ha più paura. Chissà quante volte avrà sognato di ribattere quel rigore: palla da una parte e Neuer dall’altra. Ma il passato non si può cambiare, meglio guardare al futuro. E quello di Lukaku è più splendente che mai. Basta guardare i numeri: 23 gol in campionato, grazie all’ultima doppietta rifilata al Leicester, e sempre più capocannoniere della Premier League. La maglia è sempre la stessa dal quel 2013: quella dell’Everton. A Liverpool è tornato l’attaccante straordinario capace di segnare 41 gol in 98 partite nelle giovanili dell’Anderlecht. Questione di genetica. Papà Roger è arrivato a giocare con la Nazionale dello Zambia, il fratello Jordan è il terzino della Lazio. Famiglia unita, anche nei momenti più difficili: “Quando papà ha smesso di giocare ci siamo dovuti trasferire in una casa popolare. Non avevamo le tende, io e mia madre dormivamo per terra e mio fratello sul soppalco”. Ha dovuto lottare per emergere, fin da bambino. Prima del calcio però veniva la scuola, perché la madre teneva alla sua istruzione: “Mi sono sempre ritenuto un ragazzo normale che inseguiva il sogno di diventare calciatore mentre prendeva il diploma”. Alla fine è riuscito a fare entrambe le cose, perché “con il duro lavoro si può raggiungere qualsiasi obiettivo”, è il mantra che si ripete da sempre.

Talento naturale, lavoratore infaticabile: il segreto del successo? L’impegno certo, ma c’è di più: “C’è una compagnia francese che filma ogni mia gara, ogni mia azione. E anche quelle dei miei prossimi avversari. Per questo spesso so in anticipo i movimenti dei miei marcatori”. Che non lo prendono mai. Segna a suon di rap “Tupac, B.I.G., Nas: mi piace quando i rapper dicono la verità”. Lui la sua non l’ha mai nascosta: “Posso diventare uno dei più forti al mondo”. E’ sulla buona strada Romelu, perché a soli 23 anni è diventato il miglior marcatore della storia dell’Everton (66 in totale, 41 nelle ultime due stagioni), e alla sua età nemmeno fenomeni come Suarez, Rooney e Ibrahimovic avevano segnato quanto lui. Nomi mica male. E adesso l’obiettivo qual è? Facile “voglio vincere”. Corre la sua ambizione, forse più di lui. Ma per fare gol gli basta altro, ora segna in tutti i modi: di sinistro, di destro, di testa, a giro…anche su punizione. Pochi giri di parole: attaccante completo. Re dei bomber di Premier League con un futuro tutto da scrivere: “Non è una colpa essere ambiziosi”. Il riferimento è chiaro, l’Everton è avvertito. Lukaku adesso sogna di nuovo il grande salto, dopo quello nel buio al Chelsea. E c’è da scommettere che oggi non sbaglierebbe un altro calcio di rigore.