L’incredibile domenica di Vigorito: esordio, rigore parato e una storia speciale. “Tre anni fa ruppi il pancreas a Brighenti. Oggi è stato il primo a correre da me”
È dura la vita del secondo portiere. Stessi obblighi dei compagni, soddisfazioni rarissime, tanto freddo sulle panchine in giro per l’Italia. Di weekend così, Mauro Vigorito ne ha passati 25. Tanti, quante le giornate di campionato del suo Frosinone: secondo di Bardi, neanche un minuto fino a questa domenica. “Bisogna lavorare ogni giorno per farsi trovare preparati”, frase automatica di chi non gioca mai, ma professionalmente aspetta il suo momento. Facile a dirsi, meno da fare.
La sua grande occasione è arrivata dopo sei mesi, in una fredda domenica ciociara. E Mauro, sardo di Macomer del 1990, ha dimostrato tutto il carattere tipico della sua terra. Un rigore parato sul finire del primo tempo e almeno altri tre miracoli. Nel 2-0 del Frosinone sull’Ascoli, c’è la sua firma. Dalla panchina al piedistallo. “Sono stato fortunato sul rigore di Buzzegoli”, racconta ai microfoni di gianlucadimarzio.com a fine partita. “Avevo scelto di buttarmi su quel lato perché anche al mio esordio col Vicenza ne avevo parato uno sulla mia sinistra. Scaramanzia più che bravura. Anche stavolta è andata bene…”. I suoi occhi brillano. Non giocava una gara ufficiale dal 13 maggio scorso: Cittadella-Vicenza 2-0. Veneti retrocessi, uno shock per Vigorito: “Ho passato un’estate tremenda. In Veneto ho trascorso treanni eccezionali, chiuderli così è stato disastroso. Mi sono chiuso con i miei familiari a Macomer e lì ho trovato la forza di ripartire. La prestazione di oggi è tutta per loro”.
Papà Giuseppe e mamma Patrizia saranno finalmente felici, Veronica – sua metà da 8 anni – pure. Anche per loro sono stati mesi complessi, spettatori di un ragazzo mai abituato a stare così tanto a guardare. Questa domenica è speciale anche per loro. Un po’ come quel 31 gennaio 2010: esordio in serie A con la maglia del Cagliari. Lupatelli e Marchetti infortunati, il suo allenatore Massimiliano Allegri, lo manda in campo: “Per un sardo, la divisa rossoblù vale quella della Nazionale. Il mister si vedeva già all’epoca chi fosse. Per me resta un ricordo indelebile. E per fortuna anche quella volta debuttai bene”.
Ottimo 2-2 contro la Fiorentina, prodezza assoluta su Gilardino per salvare il risultato, un portiere sardo a difesa della porta del Cagliari dopo un quarto di secolo. Tutto magico, ma svanito immediatamente. La domenica successiva contro l’Inter a San Siro gioca Michael Agazzi, appena arrivato dalla Triestina. Ironia della sorte, proprio il portiere che oggi ha difeso la porta dell’Ascoli. Mauro torna a parare il freddo in panchina e pochi mesi dopo saluta la sua terra e i grandi palcoscenici: Carrara, Trieste, Lumezzane, Venezia e poi Vicenza.
[videosky id=401389]
Lì, annata 2014/15, trova la sua dimensione. Pasquale Marino crede in lui e gli affida le chiavi della porta, preferendolo a Bremec. Un ottimo
finale di stagione, premessa di un grande futuro. L’inizio del nuovo anno però gli riserva un dramma imprevedibile. In un Vicenza-Como di metà settembre, esce sicuro col ginocchio alto. Sulla stessa traiettoria si trova il suo compagno Nicolò Brighenti. Mauro lo colpisce al centro dello stomaco. Nicolò resta a terra, sembra riuscire arialzarsi ma accusa dolori fortissimi. Corsa all’ospedale: Brighenti ha il pancreas lacerato, è gravissimo. Fortunatamente l’operazione va bene: Nicolò si salva e torna a giocare dopo 4 mesi.
Oggi il primo ad andare a festeggiarlo dopo il rigore, indovinate chi è stato? Eh sì, lui. Di nuovo compagni, con una maglia diversa. Una storia
speciale: “Con lui ho un legame speciale, che quell’episodio ha fortificato ancora di più. Passavo giornate senza sapere dove battere la
testa, mi sentivo responsabile del suo dolore. Era lui a darmi forza. Lui è così, una persona unica. Cosa mi ha detto oggi? Non ve lo dico, ma
parole bellissime”. Il destino ha fatto il suo giro. Sabato prossimo forse Mauro tornerà a fare da spettatore. Forse Longo da oggi ha un piacevole problema in più. Poco importa. In Ciociaria, le parole bellissime si dicono sottovoce. Sono due: una inizia per s, l’altra comincia e finisce con a. Da oggi qualcuno le pronuncia un po’ più forte. Per merito di Ciofani e Dionisi, risposta frusinate a Caputo e Donnarumma. Per merito di Moreno Longo, architetto di una macchina da guerra. Ma se il Frosinone realizzerà il suo sogno, lo dovrà anche a Mauro Vigorito, gigante di 187 centimetri, re del Benito Stirpe per un pomeriggio.