Leonardo: “Imprenditori stranieri? Il calcio ormai è un’industria. Juve caso unico”
L’Inter ha già preso da un po’ la strada dell’Oriente, il Milan riflette ancora. Cambiamenti necessari? Domanda che La Gazzetta dello Sport ha posto al doppio ex, Leonardo:
“Chi prende un grande club compra un brand e deve sapersi adattare all’ambiente, così come l’ambiente deve sapere che il cambiamento è necessario. Ormai esistono due tipi di calcio: o sei dentro la Champions o sei fuori, e se sei fuori non puoi fare niente. Serve a ogni club qualcuno che sappia seguire un progetto quotidianamente. Il calcio milanese non può essere quello delle ultime stagioni. Qualcosa succederà. Inter? Molto dipenderà dalle forma usata per il cambiamento. E per forma intendo la comunicazione, il progetto, lo staff, tutto. Il calcio adesso segue un linguaggio nuovo, però alla fine i tifosi vogliono vincere e se il nuovo proprietario porta risultati l’atteggiamento cambia. Penso al Paris Saint Germain: anche lì i tifosi erano diffidenti, ma la proprietà qatariota ha saputo toccare i loro cuori. E non soltanto spendendo soldi”.
Italia non abituata ai capitali stranieri: “E’ vero ed è fisiologico aspettarsi un periodo di instabilità all’inizio, ma il calcio ormai è un’industria, non si può uscire da questo, e la Juve ancora in mano alla famiglia Agnelli da 93 anni è un caso unico. Bellissimo, ma unico. Io credo che Massimo Moratti abbia dimostrato un grande coraggio e anche una leggerezza bella, quasi filosofica. Cedendo il club si è privato di una parte della sua storia, di tanti bagagli. Ha avuto coraggio. Berlusconi? Non ha fatto il primo passo, difficile che faccia subito il secondo. Moratti in fondo aveva già ceduto a un investitore straniero e quello di questi giorni è l’atto conclusivo. Per Berlusconi non sarà semplice, ma è il percorso da fare. E lui lo sa perché conosce perfettamente la situazione internazionale e sa che adesso il calcio ha bisogno di un altro tipo di investimenti. Non so se tornerà a investire, non so se cederà anche lui a un gruppo cinese. Berlusconi è quasi sinonimo di Milan, così come Moratti era sinonimo di Inter”.
Futuro di Leonardo? “Io non mi pongo limiti. Sono adattabile, ho fatto tante esperienze che fanno parte di me e del mio modo di interpretare molti ruoli. Non credo che aver ricoperto cariche diverse possa essere considerato un limite. Potrei essere un allenatore con esperienza dirigenziale e un dirigente che capisce quel che succede in campo. Perché una cosa è chiara: senza squadra non c’è business. E’ questa la particolarità che tutti gli investitori che arrivano in Europa devono tenere in considerazione. E se dall’Oriente o dagli Stati Uniti vogliono venire in Europa un motivo c’è: questo è il centro dello spettacolo. Brasile? Non ora, c’è un rinnovamento politico, a livello federale da. portare avanti. Al momento giusto, chissà: mi fa piacere che tanti mi considerino in grado di partecipare alla ristrutturazione del calcio brasiliano. Che deve partire dai club”.
Per l’ex allenatore delle due milanesi i club italiani sono sulla buona strada per tornare ai vertici: “A club grandi come Inter e Milan basterà poco per tornare al top. Intanto io il giorno della finale sono rimasto a casa: pensare al passato e vedere la Spagna che domina a San Siro mi faceva effetto. Ma sono sicuro che la risalita sarà veloce. E se l’Inter si mette in casa un gruppo così importante, vuol dire che il progetto è forte. E senza un architetto che lo segua anche nelle difficoltà quotidiane, mandare avanti un’azienda di calcio è impossibile”.