Lapadula: “Lecce, non voglio deluderti. Il Milan? Riprenderei la 9”
“Vivi volando, muori lottando”. Fosse un guerriero, avrebbe il volto dipinto di giallorosso. Dovesse scegliersi un ruolo, sarebbe lì, in prima linea, pronto a prendersi la responsabilità di fare il primo passo. Fino a qualche tempo fa, cercandolo su Facebook, Gianluca Lapadula appariva come “Gianluca William W. Lapadula”. Mel Gibson in Braveheart è l’idolo di una vita, “Cuore Impavido” il soprannome che si porta dietro dai tempi di Pescara. Anzi, da molto prima.
“Eravamo bambini, io e mio fratello giocavamo nella Juventus. Avevo cominciato da portiere perché era il ruolo di papà, poi mi spostarono a centrocampo perché non stavo mai fermo. Già a quei tempi, lo stile era sempre lo stesso: recuperavo palla e la passavo al compagno più vicino. Non c’era tanta qualità, ma anche da piccolo non mollavo un centimetro. Così, mio fratello (QUI LA NOSTRA INTERVISTA A DAVIDE) iniziò a chiamarmi Sir William Wallace, come il protagonista del film”.
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Proprio quella grinta, nel corso degli anni, ha permesso a Lapadula di scalare la montagna del calcio italiano: dalla Serie C2 alla Supercoppa vinta con la maglia del Milan. “É questo il senso di Braveheart – spiega Lapadula ai microfoni di gianlucadimarzio.com -: Sir William aveva un obiettivo, molto complicato, ma ha combattuto per provare a raggiungerlo. Indovinate com’è andata a finire…”.
LA FIRMA CON IL MILAN: "E' BASTATA UNA CHIAMATA DI BERLUSCONI…"
Dalle pellicole cinematografiche al mondo del calcio, il sogno di Lapadula è diventato realtà nell’estate del 2016. Dopo una stagione da 30 gol con la maglia del Pescara, Gianluca finisce nel mirino di mezza di Serie A: “Un anno prima ero al Teramo, in Serie C, l’estate dopo il mio agente riceveva chiamate dai tanti club che mi volevano comprare. Ero sul punto di andare al Genoa, ma il presidente Sebastiani bloccò tutto: mi ha chiamato Berlusconi – ci spiegò – ed entro 24 ore ti vuole portare a Milano. Appena ho sentito parlare di Milan, ho accettato senza pensarci un secondo”.
IL RIGORE SBAGLIATO CONTRO LA JUVE
Sebbene a Milanello sia rimasto per una sola stagione, i ricordi in rossonero non sono pochi. “Con Montella era iniziato un bel percorso, non abbiamo fatto nulla di straordinario ma c’erano le basi per costruire qualcosa di importante. In più, abbiamo vinto la Supercoppa Italiana”. Juve-Milan 3-4 dopo i calci di rigore, il primo tiro dal dischetto toccò proprio a Lapadula: rincorsa, mancino, respinta di Buffon.
“Non la presi bene. Pensavo ai tanti sacrifici che avevamo fatto e al dispiacere che avrei potuto causare ai miei compagni con quell'errore. I ragazzi sono stati bravi, alla fine abbiamo vinto, ma il cuore rimase diviso a metà: un po’ gioivo, un po’ continuavo ad essere triste”.
LA MALEDIZIONE DELLA NUMERO 9
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Nell’era del dopo-Inzaghi, con la maglia del Milan, Lapadula è stato il migliore tra i centravanti rossoneri per numero di gol segnati. Un motivo di orgoglio guardando al passato: “Alla maledizione del numero 9 non ci credo, ed è inutile sottolineare quanto pesi quella maglia. Quando giochi per il Milan, la maglia è pesante a prescindere dal numero che hai scelto. Anzi, sono certo di una cosa: se un giorno il Milan mi rivolesse in squadra, pagherei pur di tornare a vestire la 9”.
LA RINASCITA CON IL LECCE: "QUI SENTO FIDUCIA"
Due anni dopo l’addio al Milan, la nuova sfida di Gianluca si chiama Lecce, dove è arrivato in estate in prestito dal Genoa. “Sin dal primo giorno di ritiro, ho avvertito una grande responsabilità nei confronti di questa squadra, del ds Meluso e del presidente Saverio Sticchi Damiani. Ho trovato un gruppo straordinario, tutti credono in me e non li voglio deludere”. I gol in campionato, fin qui, sono 7 in 17 partite giocate, uno in meno rispetto a capitan Mancosu, bomber della squadra.
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“Partita dopo partita, proviamo a mettere in pratica i consigli di Liverani, che ci dice esattamente cosa pretende da ognuno di noi. Fin qui abbiamo fatto il possibile, ma la fine del campionato è ancora lontana. Il mio ruolo? Il mister mi chiede due cose: tanto lavoro in fase difensiva e profondità quando attacchiamo, in maniera tale da esaltare la qualità dei centrocampisti che giocano dietro di me”.
Dalla salvezza del Lecce, a fine stagione, potrebbe finire per dipendere anche il futuro di Lapadula, innamoratosi di una terra solo qualche chilometro più lontana rispetto ai luoghi della sua infanzia. Suo papà, originario di Fasano, l’estate lo portava in vacanza a Savelletri, località marina in provincia di Brindisi.
“Solo quest’anno – ammette Gianluca – ho percorso un po’ di strada verso sud. Ho trovato una terra magnifica, un mare stupendo, una città bellissima e, soprattutto, un popolo che vive per il calcio”. Un po’ come lui, guerriero prestato al mondo del pallone. “Uno su mille” per Morandi, raro esempio di chi si impegna, lotta e alla fine ce la fa. Dalla C2 al Lecce, passando per il Milan, la storia è sempre la stessa. Quella di Gianluca… “William” Lapadula.