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L’anno zero dell’Arsenal di Wenger

Se in generale di doman non c’è certezza, il futuro dell’Arsenal sublima il concetto. Adagiatosi sugli albori dell’ancien régime wengeriano, adesso i Gunners fanno i conti con una bacheca che langue e un tifo totalmente spaccato in due, tra riformisti e conservatori. Cioè, tra chi vuole un cambio alla guida tecnica e chi invece appoggerebbe un’eventuale riconferma. Con il calciomercato ad ergersi spada di Damocle di una società sempre più vicina ad un nuovo anno zero.

CAMPO L’Arsenal galleggia al 6° posto nella Premier League egemonizzata dal Chelsea di Conte. Con sette lunghezze di distanza dal Manchester City quarto, che però ha una partita in più, è concreto il timore di chiudere fuori dalla zona Champions. Sarebbe, peraltro, la prima volta che sotto la guida di Wenger i londinesi non rientrano tra le prime quattro potenze del campionato. La crisi di risultati è palpabile: sette punti nelle ultime otto gare di Premier, dove spicca il 3-0 appena incassato contro il Crystal Palace. Ed è all’inizio di questa striscia negativa che trova origine anche la contestazione di parte del tifo. Ad interpretare il ruolo della Bastiglia, è la sconfitta subita dai Blues ad inizio febbraio, periodo che nella storia recente della squadra inaugura la fase calante che ne spegne ogni ambizione. Di lì a qualche giorno, infatti, arriveranno le goleade subite dal Bayern Monaco. In definitiva, restano le semifinali di FA Cup a dare ancora lustro ad una stagione sinora deludente. E che soprattutto rischia di scoperchiare il vaso di Pandora legato ai contratti dei giocatori.

CALCIOMERCATO Fortunatamente, l’Arsenal può ancora contare su un appeal importante e un ottimo lavoro con i talenti più giovani, non ultimo il ventenne Iwobi, nipote d’arte che i Gunners hanno allevato sin dall’infanzia. Il problema, tuttavia, è rappresentato da contratti che stanno per volgere al termine. Nel 2018, andranno in scadenza diversi pilastri dell’undici titolare, quali Sanchez, Ozil, Oxlade-Chamberlain e Gibbs, a cui poi vanno aggiunti Ramsey e Jenkinson. Un’eventuale sesto posto, che condannerebbe all’Europa League, potrebbe convincere molti di questi ad accettare le offerte di un mercato pronto ad assicurarseli a prezzi vantaggiosi tra pochi mesi. Un motivo in più per spingere fino in fondo in questo finale di stagione.

WENGER: NO Sondaggi, petizioni e ogni altro strumento a disposizione: una parte corposa della tifoseria le sta provando tutte per piegare la società all’esonero di Wenger. Qualcuno ha addirittura pensato a un finanziamento collettivo per proseguire nella campagna contro l’allenatore. E le donazioni sono arrivate numerose, addirittura fino a 30 sterline. Non solo: l’hashtag #WengerOut, spesso accoppiato con #NoNewContract, è diventato un fenomeno virale sui social network. Chi per tifo, chi per semplice goliardia, ha esibito in ogni contesto possibile e immaginabile un cartello contro Wenger con questo hashtag. L’elenco è semplicemente esilarante: Wrestlemania 33 (Orlando, FL), un corteo in Sudafrica, una partita di rugby in Canada, nella finale del World Baseball Classic (Los Angeles, CA), una partita di Lacrosse nel Kentucky, sotto forma di adesivo all’ingresso del campo di gioco di cricket a Melbourne, in una partita di calcio U20 dello Zambia, in Iraq, in Danimarca, in Polonia, in Indonesia, in Irlanda, durante una protesta studentedesca a Belgrado, in una protesta del sindacato degli ingegneri a Beirut, in una partita di baseball in Arabia Saudita, al concerto dei Coldplay a Singapore, in un festival musicale a Miami, durante varie manifestazioni anti-Trump negli Stati Uniti, nella partita tra Belediyespor-Basaksehir in Turchia e sugli spalti semideserti della gara tra Nuova Zelanda e Isole Fiji.

WENGER: SÌ La società d’altro canto sembra caldeggiare l’ipotesi di un cambiamento, ma non nell’immediato. L’idea sarebbe quella di confermare Wenger fino al 2019, quindi per altre due anni, e intanto affiancargli colui che dovrà poi raccoglierne l’eredità. L’allenatore potrebbe così dire addio al mondo del calcio – si presume – all’età di 70 anni, prendendo con molta più serenità una pensione eufemisticamente suggerita. Una riforma, dunque, non traumatica ma graduale, che porterebbe ad un cambio di direttore tecnico e di tutto lo staff dell’allenatore. Il francese così finirebbe a fare da mentore al suo successore, in questi due anni di transizione che si prospettano delicatissimi. Qualche nome gira, nell’ambiente, ma viene tenuto con forte riserbo. La parte più romantica del tifo ricorda con dolcezza i titoli vinti sotto l’egida di Arsène e ancora in nome di quella riconoscenza, lo vorrebbe ancora al timone. Ma la rivoluzione, probabilmente, è irreversibilmente cominciata.