L’amicizia con Conte, un calcio che non ama più e la rinuncia ad un sogno. Massimo Morgia, quando un amico vale più di tutto: “Vinco alla Nocerina per Massimino. “
Da Nocera a…Nocera. Un cerchio che si chiude per Massimo Morgia, lui che da queste parti ci è passato anche da calciatore. Una vita fa, dal ’74 al ’76. Non abbastanza, però, per dimenticare un dolore troppo forte, più di ogni avversario: “Sono tornato per Massimino” Racconta in esclusiva ai microfoni di Gianlucadimarzio.com. Ne sarebbe felice Massimo Nobile, suo grande amico. Sempre insieme loro, nati nello stesso quartiere a Roma e cresciuti calcisticamente nelle stesse squadre. Poi le strade si separano per sempre. Succede all’altezza di San Nicola la Strada. La BMW 3000 su cui viaggiano lui e il compagno Cavalieri va a sbattere contro un pilone di un cavalcavia: “Il giorno prima mi ero operato alla caviglia. Lui giocava ad Avellino, io a Lucca. Voleva sincerarsi delle mie condizioni ma non sapeva come contattarmi. Alla fine chiamò a casa di mia mamma, a Roma”. Una telefonata lunga, tanto da trovare diversi gettoni telefonici nel cruscotto della macchina: “Ne ho preso uno e l’ho utilizzato come portachiavi. L’ho avuto per 30 anni, sempre insieme a me”. Ora la decisone di tornare nell’ultima città in cui hanno giocato insieme, oltre 40 anni dopo. Questa volta da allenatore: “Per vincere un campionato in suo onore”. Anche al costo di fare rinunce importanti: “L’Albania mi ha chiamato per fare il direttore tecnico di tutte le Nazionali, ma avevo già dato la mia parola alla Nocerina. Nella vita bisogna saper dire anche di no”. Come ha fatto anche nel 2008, con estrema sofferenza. La sua Juve Stabia perde in casa contro il Lanciano e due suoi ragazzi, Brunner e Radi, vengono aggrediti dai tifosi. Non ci sta Morgia, lui che si è innamorato di un altro calcio: “Quello dove le trasferte non erano vietate e non c’era la tessera del tifoso – racconta – dove i derby vedevano i tifosi mischiati e si parlava di calcio solo dopo la partita”. Un calcio senza violenza, pressioni e scandali. Anche per questo Massimo ha aperto una pagina Facebook. Quelli che ci vogliono provare il nome. A fare cosa? “A cambiare”. Anche un libro nella sua carriera. Ricominciamo a giocare a pallone il Titolo. “Si tratta di una raccolta di due lavori: la tesi scritta a Coverciano durante il corso da direttore sportivo. Poi un lavoro sui settori giovanili, la mia grande passione”. Il tema? Come è cambiato il calcio, in tutte le sue componenti, negli ultimi 40 anni. Dai tifosi ai giornalisti, dagli allenatori ai giocatori. I giovani, appunto, al centro di tutto: “Perché non è possibile che un paese come l’Italia sia rimasto fermo a Totti, Del Piero e Mancini”. Non si producono più talenti. Colpa dei pochi investimenti e…delle grandi pressioni: “Ma non sono i ragazzi a montarsi la testa, bensì i loro genitori. Mio padre veniva di nascosto a vedermi, oggi ci sono risse in tribuna davanti a bambini di dieci anni. Non mandano i figli a divertirsi, ma fanno un investimento su di loro”. Una riforma sugli stadi la priorità. Investimenti sui giovani subito dopo, “Ma anche corsi di educazione ai genitori da parte delle società”. Lui che i ragazzi li capisce forse più di tutti. Sarà per le pressioni con cui ha dovuto fare i conti fin da subito. La “colpa” è dello zio Ottavio, uno che si è fatto un nome giocando con Lazio, Napoli e Cagliari: “Temevo che gli altri mi considerassero un raccomandato – svela Massimo – non per caso il mio modello era Sandro Mazzola. Come ha fatto a diventare un fenomeno con il peso di quel cognome?”. Caso analogo gli capita da allenatore, sulla panchina del Viareggio: “Pier Cesare Maldini, fratello di Paolo. Uno dei ragazzi più forti che abbia mai avuto. L’ho fatto esordire in C a 20 anni. Poi non ha saputo resistere e ha smesso”.
Amante delle sigarette e del gioco offensivo. Il 4-3-3 il modulo con cui la sua Nocerina non si ferma più: “Come Sarri? Ho grande stima di lui, perché ha fatto tanta gavetta. Ci siamo affrontati, io al San Marino e lui alla Sangiovannese. Poi anche in un’amichevole fra Empoli e Pistoia”. Ai vertici della Juventus un suo pupillo: “Paratici l’ho allenato per sette anni. Palermo, Savoia, Pavia e Marsala”. Poi l’invito allo Stadium e la conoscenza dell’allenatore che più stima, Antonio Conte: “Con lui è nato un bel rapporto di amicizia, come con Gattuso. Persone spontanee, genuine e vere”. Come lui, che non ha mai deciso di scendere a compromessi: “Anche se non me la prendo con chi ha deciso di farlo – ammette – per arrivare in alto è quasi necessario cedere su qualcosa. Io non l’ho mai voluto fare e per questo, se dicessi di avere dei rimpianti sulla mia carriera, sarei un cretino”. Sempre con le sue idee Massimo, fin da quando nel 1968 partecipava in prima linea alle lotte studentesche. Ora l’avventura con il Nocerina e la sua missione, con gli occhi puntati verso il cielo. La faccia grintosa e una barba simbolo di un calcio che non ama più. Un solo punto di distanza dal Troina capolista e dal sogno promozione. Sarebbe la terza dalla D alla C per Massimo Morgia, dopo i primi posti con Pistoiese e Siena: “Dopo qualche difficoltà abbiamo trasformato la pressione in entusiasmo. So che questo gruppo di ragazzi se la giocherà fino alla fine”. Il suo amico Massimino ne sarà contento. Lui, il primo tifoso di Massimo Morgia.