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La sobria attesa del giorno prima della Paganese: il Foggia culla il sogno Serie B a modo suo, nel segno di Stroppa

Aprile saluta Foggia facendole credere che l’estate sia già arrivata. Più di venti gradi sul termometro e sulle vie che dal centro portano allo stadio. Viale Ofanto spacca in due la città e la alimenta col traffico delle ore di punta. Poco vento, quel tanto che basta ad agitare sciarpe e bandiere di un paio di bancarelle che guardano lo stadio Zaccheria da debita distanza. Sono le stesse bancarelle di sempre: quelle che spuntano in occasione degli Europei o dei Mondiali, o quando le cose, per i rossoneri, vanno per il verso giusto. Basti spiare Viale Ofanto, tornato ad essere il centro nevralgico di un posto, Foggia, che di aspettare non vuole più saperne. Ma che, soprattutto delle promesse di aprile, non si fida più.

Poche centinaia di metri ancora per vedere le cancellate proteggere la pancia dello Zaccheria. Al centro del piazzale il pullman. Ha le porte aperte, ma è fermo. In campo, lontano da occhi indiscreti, c’è il Foggia che rifinisce. Domani arriva la Paganese, si attendono le parole di Giovanni Stroppa, il rito che inaugura la vigilia vera e propria.

Si parla di abbondanza, di quasi tutti a disposizione, di Angelo e Sarno sulla via del recupero. I sinceri complimenti a Grassadonia che studia la sgambetto alla capolista, poi una considerazione su come Foggia stia cullando questo sogno. Con la più consumata sobrietà, con la diffidenza di chi sa aspettare, con la voglia che non sfocia in isteria.

“Non so se è dipeso dalle mia parole, dal mio modo di relazionarmi e comunicare. Ma riporto un episodio che può essere utilissimo: Taranto, un mese e mezzo fa. In un altro momento, un derby perso così poteva essere digerito in modo diverso. E invece i tifosi non hanno messo in discussione le mie parole e la squadra. Da lì siamo ripartiti, per non fermarci più”. Ma qualcosa è cambiato nella mentalità, non è stato sempre così. “Abbiamo imparato a non guardare l’episodio negativo come un fallimento, a non associarlo al brutto alla finale persa lo scorso anno. Quello, l’ultima sconfitta di Taranto, mi ha dato la fotografia del fatto che la piazza aveva recepito il nostro messaggio”.


Sia chiaro, i bar al lunedì restano sempre grandi studi televisivi per degli infiniti talk-show. Analisi, previsioni, tabelle di marcia, caffè, biscotti e toto formazione. E alla domenica mattina, se il pomeriggio c’è il Foggia, certi sguardi, certi silenzi e certe occhiate ai giornali dicono molto, praticamente tutto. I foggiani ci sono dentro fino al collo in quest’ennesima rincorsa , e forse, stavolta, non credono ai loro occhi. Ma hanno imparato ad aspettare, a gestire, a viverla di giorno in giorno. Facendo ciò che si deve, popolando lo Zaccheria e affollando i marciapiedi per la coda e l’assalto al biglietto. Qualcosa è cambiato, il passato ha insegnato.

Di certi anticipi d’estate, di certe soleggiate mattinate, se aprile è appena cominciato, qui non si fida più nessuno. La scaramanzia è solo una suggestione, qui è la storia che insegna.

Quella contemporanea racconta di Stroppa che considera la Paganese l’avversario più difficile da affrontare in questo momento. Ha chiuso così la sua conferenza. Il pullman fuori s’è messo in moto; un’altra sobria ed infinita vigilia è cominciata.

A cura di Antonio Di Donna