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La rinascita si chiama Roma: la sfida di El Shaarawy, ripartire per ritrovare se stesso

Chiamatela sfortuna, fragilità. O semplicemente maledizione, concetto piuttosto inerente se l’oggetto principale del discorso risulta essere nientemeno che un Faraone. Già, perché Stephan El Shaarawy sembra essere finito in un vicolo cieco dal quale tentare, ad ogni costo, di uscire: un destino incerto, figlio di un tris di ultime stagioni da incubo da cancellare per rilanciarsi al più presto.

Unica soluzione? Lo spazio, probabilmente. Ciò che non sarà più intenzionato ad offrirgli il Milan, dopo una cessione al Monaco in estate che sembrava aver definitivamente delineato il futuro del “92” rossonero lontano da San Siro. Eppure, anche al Monaco qualcosa è andato storto: 24 partite sulle 25 utili a far scattare l’obbligo di riscatto giocate, poi il nuovo stop. E niente infortuni, stavolta, come nelle due ultime annate da incubo vissute tra continue ricadute, ma pura e semplice scelta tecnica ed economica di non voler più puntare più su uno dei tanti acquisti estivi.

Carriera apparentemente in ascesa, quella di Stephan, classica storia del predestinato cresciuto sempre più e pronto a dominare anche nel mondo dei grandi. Dal gol scudetto con la primavera del Genoa alla finale playoff di Serie B conquistata (da protagonista) insieme al Padova, capace di metterlo inevitabilmente sotto i riflettori delle grandi: tra tutte, anche per questioni di tifo, impossibile non sposare il progetto del Milan. Un anno di assestamento, la prima emozione contro l’Udinese a San Siro e l’esplosione definitiva nella stagione successiva, proprio nell’annata in cui, di colpo, i rossoneri si ritrovarono privi di senatori del calibro di Ibrahimovic, Thiago Silva, Gattuso, Seedorf, Nesta, Inzaghi, Van Bommel e Zambrotta.

Una smobilitazione generale capace di segnare tutti, El Shaarawy escluso. 4-3-3, chiavi della squadra (e della fascia sinistra) in mano ed un talento sì già testimoniato da tutti, ma altrettanto impensabilmente decisivo per trascinare il Milan: 14 gol nel girone d’andata, 19 totali in stagione e l’arrivo di Balotelli a gennaio per completare la rincorsa vincente al terzo posto. La conquista della maglia azzurra sembrava aver messo definitivamente Stephan sulla rampa di lancio per la consacrazione, ma dopo quell’annata sarebbe irrimediabilmente finito tutto in un vortice di problemi e guai fisici.

Prima la lesione alla coscia, poi la frattura al piede, con ricaduta, susseguente operazione e nuova stagione persa. Il ritorno al gol contro la Sampdoria, in quello che è stato anche il suo Marassi, non si rivela altro che una splendida illusione di una rinascita mai più avvenuta: altro infortunio, altro stop e doppietta finale al Torino per salutare il mondo rossonero. Il Monaco doveva rappresentare l’occasione per ripartire, ma anche qui la maledizione sul Faraone ha deciso di cambiare le carte in tavola: e allora ecco la Roma, tentazione e priorità sin dall’immediato addio al Principato, ad escludere la Cina ed un possibile ritorno al Genoa con Ansaldi (ed una prelazione per giugno) all’interno dell’operazione con il Milan.

Gradimento di Spalletti e Sabatini incassato, nuova chance di rivincita e grande piazza davanti dalla quale ripartire, ancora, alla ricerca di se stesso. Con una piccola, grande correzione da porre: trasformare la maledizione sul Faraone in quella del Faraone, proprio come tre anni fa. Quando a pagare dazio erano gli avversari, e non chi era stato designato come ennesima, nuova speranza del calcio italiano.