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La magia di Jiménez: “Ora vinco in Cile, vi racconto la mia nuova vita”

Il suo sogno si è avverato a 34 anni: “Ho sempre sperato di tornare a giocare in Cile, non a fine carriera però, perché posso giocare ancora molto”. Una vita in Italia, ora di nuovo al Palestino, dove è iniziato tutto: “Questa squadra mi ha cresciuto e mi ha permesso di diventare un calciatore professionista”. Luis Jiménez non ha mai smesso di fare magie, anche se il soprannome ‘El Mago’ non lo ha mai entusiasmato. Ha lasciato il Cile a 16 anni, è tornato da uomo. Si è ripreso tutto con una sola partita: Clasico, Copa Chile e qualificazione per la prossima Copa Libertadores: “Vincere è sempre bello, ma questo trionfo ha un sapore diverso, magico”.

Tre squadre per un primato cittadino: Palestino, Audax Italiano e Unión Española. Il Clásico de Colonias è un triplo derby ad oltranza, unico al mondo. Sabato quello tra Palestino e Audax Italiano ha assegnato la Copa Chile, un trofeo che agli ‘Arabes’ mancava da 40 anni. Doppia vittoria, quella del ritorno chiusa con un gol del Mago: “Si è chiuso un cerchio. Sono andato via molto piccolo, non ho mai giocato: ho fatto praticamente solo due partite – Racconta Jiménez in esclusiva per Gianlucadimarzio.com – Tornare così è una grande cosa”. Il segreto? “La mia famiglia, sono tutti con me. Per la prima volta. Prima c’erano solo mia moglie e mio fratello, ora posso riabbracciare tutti”.

Un ritorno improvviso dopo un viaggio lontano, prima in Arabia Saudita poi in Qatar. Alla fine la chiamata del Palestino, un club fondato nel 1920 da un gruppo di immigrati palestinesi a Osorno, città a sud del Cile: “Avevo anche proposte da fuori, ma ho sempre avuto questa voglia di giocare nel campionato cileno. Quando ho avuto la possibilità di farlo non ho esitato ad accettare: avevo finito il mio contratto in Qatar, ero in vacanza in Cile quando era aperto il mercato, quindi siamo riusciti a chiudere l’operazione “.

Passano gli anni, il talento è rimasto intatto. Fermo alle giocate viste in Italia. Numero 10 come una volta, anche se “ormai quel ruolo si sta estinguendo, sono pochissime le squadre che giocano con un fantasista”. Parola del Mago, che in Cile deve spartirsi il soprannome con un mostro sacro del ruolo: “Ecco, Valdivia può essere considerato un 10 puro, ma io e lui non siamo così simili. Io sono un giocatore più europeo”.

“Ho pensato di smettere”

Eppure Luis la prima magia
l’ha fatta già a 16 anni, subito dopo la chiamata dell’Italia: provino con
Ternana e Parma e doppio contratto ricevuto. Alla fine sceglie l’Umbria e
inizia la sua avventura italiana: “Ho vissuto momenti spettacolari, mi piace
moltissimo la vostra cultura e sarei felice di poter tornare un giorno”. Ternana,
Fiorentina, Lazio, Inter, Parma e Cesena: tutto bellissimo, anche se “una volta
ho pensato di smettere”.

Colpa della brutta esperienza vissuta con il patron della Ternana Longarini: “Mi ha costretto a rimanere sei mesi fermo dopo il prestito alla Fiorentina. Voleva che prolungassi il contratto di tre anni senza nessun motivo, io mi sono rifiutato e mi ha lasciato fuori squadra per sei mesi. Ero molto giovane, ho pensato anche di lasciare perdere tutto. Per fortuna mia moglie e mio fratello mi hanno aiutato in quel momento delicato”.

E chissà dove sarebbe arrivato senza quegli intoppi: “Me lo chiedo spesso, sicuramente sarei potuto rimanere più tempo in Italia” Eppure Jiménez ha pochi rimpianti, anche se tornando indietro “sarei rimasto più tempo alla Fiorentina nonostante il rapporto con Corvino non fosse il massimo. Con Prandelli è stato spettacolare, c’era un po’ di casino e anche un po’ di pressione di Corvino per farmi andare via. C’è stata la possibilità di tornare a Firenze un anno dopo: io ho fatto di tutto per tornare e Prandelli ha fatto di tutto per riavermi, ma c’era qualcuno che non mi ha voluto. Sarei rimasto più tempo a Firenze per fare più esperienza e per dare continuità a quello che avevo fatto i primi 6 mesi”.

“Via dalla Lazio per Delio Rossi”

Invece niente, sempre la stessa storia: prestito
altrove e poi ritorno alla Ternana. Un incubo senza fine, anche se Jiménez ci tiene a precisarlo: “Sono legatissimo alla Ternana e ai suoi tifosi”. Ha lasciato il cuore ovunque sia andato, anche a Roma, sponda Lazio, nonostante le incomprensioni con Delio Rossi: “Faceva giocare Mauri trequartista e prima dell’ultima partita di campionato mi ha chiamato per dirmi che non era molto convinto, perché voleva un trequartista che andasse più nello spazio. Mentre io ero più un giocatore bravo con il pallone tra i piedi in grado di far girare la squadra, forte tecnicamente ma più statico. Insomma, è stata una scelta tecnica”.

All’Inter invece è andato alla grande il primo anno con Mancini, un po’ meno con Mourinho, complice anche un infortunio che lo ha frenato: “Si parla di due allenatori vincenti che lavorano bene: hanno forme diverse ma entrambi sanno cosa vogliono dalla squadra. Mourinho? E’ un allenatore fantastico, che riesce a stare vicino ai calciatori. Nell’Inter gli volevamo tutti bene. Gli allenamenti erano fantastici, era molto positivo. Faceva sì che il giocatore desse tutto in campo”.

Jiménez ripensa e sorride. A quello che poteva essere. A quello che è stato. Pensa anche al futuro: “Mi piacerebbe fare l’allenatore quando smetterò”. Per quello c’è tempo, ora ‘El Mago’ si gode il presente al Palestino. Libero di inventare. Libero e basta.