La Juventus, i gol di Immobile, la stanza con Iago Falque. Dario Romano si racconta: “Io, la fascia da capitano e l’Università”
Stanco, ma sorridente. La sveglia ha suonato alle sette, poi lo stage alla Basic Italia e nel pomeriggio l’allenamento con la Pro Settimo & Eureka, società piemontese che milita in Serie D. Dario Romano, in sostanza, è tutto qui. Passione inestinguibile per quel lavoro che sta iniziando e per il calcio, dove invece il bagaglio dei ricordi è già stracolmo. Ma non basta mai. Classe ’91, qualcuno lo ricorderà con la Primavera della Juventus, dopo aver fatto in bianconero tutta la trafila delle giovanili. “Ho fatto 13 anni di Juve“, dice con orgoglio. Con la Primavera, tante soddisfazioni, dal successo al Viareggio, fino alla fascia da capitano. “Ma non perché fossi il più forte – sottolinea subito con grande umiltà -, semplicemente ero quello con più anni di Juve alle spalle“. In quell’ultimo anno di Primavera, però, è un titolare inamovibile. Ma diamo coordinate cronologiche: vince il Viareggio nel 2010, anche se non da protagonista, conquista la fascia nel 2011. Il 2010 è l’anno dei più grandi: dal capocannoniere Immobile a Luca Marrone, senza dimenticare Iago. Di quest’ultimo parla con particolare affetto: “Eravamo compagni di stanza, aveva un’umiltà straordinaria. Arrivando dal Barcellona e con tanta attenzione addosso non era una cosa scontata. Davvero un ragazzo d’oro, oltre che un grandissimo calciatore“. Il capocannoniere, in quell’edizione, però, fu, come detto, Ciro Immobile: “Era impressionante. Aveva solo un obiettivo in testa, dava il 200% anche in allenamento. Credo che quella sia una delle cose che l’hanno aiutato a fare la differenza“. Marrone, invece: “Era già proiettato verso la prima squadra, si allenava spesso con loro. Se ne parlava benissimo da tempo come di un predestinato. Penso abbia fatto bene a provare una nuova avventura all’estero“.
Il giocatore su cui Dario avrebbe puntato, però, è un altro: “Ayub Daud. Era impressionante, sembrava avesse tutto per fare una carriera straordinaria“. Lo dicevano in tanti: ora il primo giocatore somalo ad aver esordito in Serie A è svincolato. Strane storie di calcio; la prova che arrivare in Primavera non significhi affatto centrare l’obiettivo. E Dario questo l’ha sempre saputo. Al suo ultimo anno di Juve, infatti, prende una decisione che ora è comune, ma solo una manciata di anni fa era un’autentica rarità: si iscrive all’università. “Andavo bene a scuola, mi è parso naturale proseguire con gli studi – ci dice -. Sono sempre stato affascinato dal mondo aziendale, quindi ho scelto economia. Ero forse l’unico della squadra a frequentare l’università“. Una scelta dettata anche da un saggio ragionamento: “Il calcio non dà certezze, mi sembrava giusto tenermi aperte tutte le porte”. E così è stato. Dopo la Juve, le cose non sono andate benissimo: prima al Foligno, poi all’Alessandria, poi tre mesi senza contratto, prima di abbandonare la Lega Pro e ripartire da Voghera in Serie D. “Ho spesso trovato situazioni sfortunate, ma comunque ci sono sicuramente anche responsabilità mie“, commenta con umiltà e un pizzico di rammarico. Intanto, però, finisce la triennale e inizia la specialistica, che ormai è a un passo dalla conclusione. “Ora rimangono tesi e stage. La mattina lavoro, il pomeriggio mi alleno e quando rientro a casa scrivo la tesi“. Con la passione come motore e la voglia di non abbandonare nulla: “Il momento più difficile arriverà quando dovrò ulteriormente ridimensionare lo spazio che dedico al calcio, probabilmente scendendo sotto la D“. E qui, per la prima volta, si fa strada un pizzico di esitazione. Perché il futuro spaventa più di quanto non facciano male quei ricordi che riportano alla mente ciò che poteva essere, ma non è stato. Per uno che guarda sempre avanti, però, l’esitazione dura un attimo: “Mi piace il mio lavoro alla Kappa (che fa appunto parte del gruppo BasicNet, nda), mi consente anche di stare vicino al mondo dello sport, che non vorrei abbandonare. Se poi non dovesse andare, faccio le valigie e vado a imparare l’inglese. Non ne ho mai avuto l’occasione“. Altri sogni, altri progetti. Piano A, B e C. Per non restare mai beffato dal fato e cogliere il lato positivo in ogni situazione. Con quei ricordi che ancora emozionano, ma la certezza di avere in mano la propria vita ed essere felice della direzione che ha preso. Il calcio, in fondo, in un modo o nell’altro, non mancherà mai.
Edoardo Siddi