La favola di Montini, bomber rinato in Romania: “Tre gol contro un amico”
Sabato scorso, l’attaccante della Dinamo Bucarest ha segnato una tripletta contro il Craiova. In porta c’era Pigliacelli, suo compagno nella Roma Primavera. Ma non è stata l’unica coincidenza
“Ma sempre contro di me devi fare tre gol?”. Breve colloquio fra due italiani emigrati in Romania per trovare lavoro. L’uomo che parla è lì da anni, quello che ha segnato la tripletta è arrivato da un mese. Bucarest, Stadionul Dinamo. Qui gioca le sue partite interne di Liga 1, massimo campionato romeno, la Dinamo Bucarest. Qui, sabato 15 dicembre, un attaccante italiano ha ritrovato se stesso. Il suo nome è Mattia Montini, ha 26 anni e il calcio italiano si era dimenticato di lui. Svincolato dopo il fallimento del Bari, senza squadra e senza proposte di mercato adeguate. Incredibile per uno che sette anni fa aveva regalato alla Roma Primavera il settimo scudetto segnando tre gol in finale. Contro il Varese di Devis Mangia, l’allenatore che nel freddo di Bucarest ha appena assistito alla sua rinascita. “Uno scherzo del destino”. Sorride Mattia, finalmente.
Su gianlucadimarzio.com, racconta una giornata che aspettava da tanto tempo: Dinamo Bucarest- Universitatea Craiova 3-0, un solo marcatore. “Mangia a fine partita mi ha preso sottobraccio e fatto i complimenti. Si ricordava di quel giorno. E anch’io non posso scordarlo”.
Coincidenza incredibile, ma non è l’unica: “Nella mia Roma il portiere era Mirko Pigliacelli”. E chi difendeva la porta del Craiova sabato scorso? Già, proprio lui. “Mi ha salutato, ma non c’è stato modo di fare molti discorsi. C’erano tre gradi sotto zero, era già tanto riuscire a respirare”.Quel 12 giugno 2011, allo stadio di Pistoia, erano compagni di squadra: Roma-Varese 3-2. Un gruppo con Florenzi, Viviani, Politano, Ciciretti, Verre e Caprari trascinato dai gol del suo attaccante. Leggi quei nomi e ti chiedi perché il bomber di quello scudetto non è mai andato oltre la serie C. “Me lo sono chiesto anch’io tante volte. Scelte sbagliate, forse poca maturità e un po’ di sfortuna: a Benevento – al mio primo anno da professionista – mi ruppi il ginocchio dopo cinque giorni di ritiro. Ero in serie C e da lì non sono mai uscito”. Falsa partenza, destino amaro. Ma del resto anche partire dalla terza serie l’aveva vissuto come uno schiaffo. “Non me l’aspettavo, mi ero fatto aspettative diverse. La Roma non mi ha tutelato. Delle idee me le sono fatte sul perché, ma lasciamo stare. Preferisco non pensarci più”.
Il freddo romeno spazza via i rimpianti di ciò che non è stato. Otto apparizioni in B fra Juve Stabia e Cittadella, 150 presenze in serie C e 26 gol, metà segnati a Monopoli due anni fa. L’illusione della ripartenza, l’amarezza di una nuova delusione.
Mi prese il Bari, investendo anche una bella cifra. Feci il ritiro precampionato ma poi iniziarono ad arrivare grandi nomi e mi mandarono a Livorno. Un campionato vinto ma giocando col contagocce. Alla fine è andata male sia a me che al Bari”.
Col fallimento del club pugliese, Montini si ritrova senza squadra. Gli allenamenti dietro casa con la serie D del Cassino, dietro la Frosinone in cui è nato. I campionati che iniziano, l’attesa di chiamate che non arrivano. Finché un giorno di novembre, spunta fuori la Dinamo Bucarest. “Un’opportunità nata grazie al preparatore atletico della squadra. È un italiano e sta qui da tanti anni. Si chiama Paolo Potocnik. Ha parlato con Pietro Spinosa, preparatore dei portieri a Livorno. Cercavano un attaccante, è uscito il mio nome ed eccomi qua”.
Una bella casa vicino all’aeroporto di Bucarest, la fidanzata Valentina come compagna di viaggio e due bulldog francesi – Prince e Jolie – ad allietare il tempo libero. “Hanno anche una pagina Instagram. Con più followers di me…”.
Inizio di una nuova avventura, lontano dall’Italia, senza nostalgia. “Qui ho trovato un’organizzazione eccezionale. Io parlo bene inglese e qui lo parlano tutti. Dall’allenatore al custode. Abbiamo strutture impeccabili per gli allenamenti e un’attenzione mediatica che non ha niente da invidiare alla nostra serie A. Certo a livello economico è un po’ diverso”.
Normale in una nazione in cui il salario medio mensile fatica ad arrivare a 500 euro. “Nella mia squadra gli stipendi sono paragonabili a una serie C di metà classifica. Abbiamo top player che guadagnano intorno ai 100 mila euro. Io non sono fra loro, ma non importa. Sono venuto qui per mettermi in gioco. E per riprendermi il tempo perso”.
A sei giornate dalla fine della stagione regolare, la Dinamo è undicesima. L’obiettivo è raggiungere il sesto posto, quello che permetterebbe l’accesso ai playoff, con girone unico di andata e ritorno. “È lontano sei punti, possiamo farcela”. Altrimenti saranno playout: stessa formula, con l’obbligo di evitare gli ultimi tre posti per non retrocedere.
Una prospettiva da non prendere in considerazione per un club capace di portare 45 mila persone allo stadio nell’ultimo “derby eterno” contro la Steaua. “Ero appena arrivato, l’ho visto dalla tribuna. Un’atmosfera da brividi. Ho capito subito di aver fatto la scelta giusta”.
Un mese per ambientarsi, prima dell’esplosione di sabato, “giocando da centravanti anche se sono sempre stato una seconda punta. Qui però conta poco perché si gioca sempre fronte alla porta. È un calcio molto fisico: tanta corsa, meno disciplina tattica. I romeni sono lavoratori instancabili ma peccano nella lettura del gioco. Se uno sa fare i movimenti giusti, le occasioni arrivano”. Contro il Craiova, Mattia ne ha colte tre di fila: un sinistro di rapina, uno in contropiede e l’ultimo con un destro da fuori area.
Servizio completo e un cuore a indicare Valentina in tribuna. “Stiamo insieme da quattro anni, mi trasmette la serenità che ho sempre cercato”. E oltre a portare in giro i bulldog francesi, ogni tanto si sfidano anche a tennis: “L’ho trascinata io in questo, è una mia grande passione”.
Poi, lontano dai campi, c’è una capitale da scoprire “con tanti italiani, fra cui alcuni amici di Cassino che studiano qui all’università per diventare odontoiatri. Non escludo di iscrivermi anch’io: mio padre ha uno studio odontotecnico a Cassino. Mi sono fermato dopo il liceo scientifico, ma studiare mi è sempre piaciuto”.
Ci sarà tempo. Anche per capire la cucina romena e l’insana passione locale “per le cipolle crude mangiate come patatine fritte”. Intanto il primo dente è tolto.
Pistoia è lontana 1800 chilometri e sette anni. Ma se ne hai 26, il passato è una terra straniera. Il presente è una maglia rossa numero 43, il freddo fuori dalla finestra e il cuore caldo.
A Bucarest la chiamano “fericire”. Noi la chiamiamo felicità.