“La Coppa del Mondo la vittoria più bella: non c’è nulla di più grande”. Tanti auguri a Marcello Lippi
“L’importante è vincere, non partecipare”: sembra questo il motto che ha guidato Marcello Lippi lungo tutta la sua carriera. Non solo parole, ma fatti: 5 Scudetti, 1 Coppa Italia, 4 Supercoppe italiane, 3 Campionati Cinesi, una Coppa dei Campioni, una Supercoppa Europea, una Champions League asiatica, una Coppa Intercontinentale e… una Coppa del Mondo. Si potrebbe chiudere qui l’articolo, perché il curriculum parla da solo:69 anni oggi, impossibile allora non parlarne. Cominciamo dall’inizio… I primi passi nel mondo del calcio Lippi li mosse nella sua Viareggio: sei anni di settore giovanile tra il 1963 e il 1969. Poi lo acquistò la Sampdoria e in dieci stagioni diventò pilastro e capitano del club genovese (con una piccola parentesi al Savona): 274 presenze e 5 gol. La carriera da calciatore si concluse in toscana: due anni di Pistoiese e uno di Lucchese. Ma non è la fine, anzi è solo l’inizio del mito. La Sampdoria non dimenticò e gli diede la grande opportunità di allenare la Primavera: “Ho ricordi molto chiari, molto nitidi dei miei inizi di carriera” – raccontò Lippi ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – “Ho cominciato nell’ottantadue, ma dopo tre anni di settore giovanile mi sono reso conto che non era esattamente ciò che faceva per me: io non volevo fare l’istruttore ma l’allenatore. Volevo una squadra, difendere i colori di una città, volevo le emozioni della classifica e tutto ciò che comporta allenare un club. Allora decisi di andare a Pontedera, in C2 e da lì iniziò tutto”.
Al primo anno è subito finale: Coppa Anglo-italiana del 1986. Il suo Pontedera fu sconfitto in finale dal Piacenza, ma poco importa, è tutta gavetta, o meglio “esperienze”, come lui stesso le definisce. Dopo Pontedera Siena, Pistoiese, Carrarese, Cesena, Lucchese e Atalanta. Le successive grandi occasioni con Napoli e Juventus frutto di lavoro e sacrifici, a differenza di quanto accade troppo spesso oggi: “Ci sono sempre stati quelli che hanno cominciato dalla prima squadra. Ad alcuni va bene, come è successo a Capello e Mancini, ad altri meno. Per me è stata un’esperienza più che una gavetta, un viaggio in varie categorie che certamente può essere molto utile. Io ho fatto tutte le tappe, perché ho allenato in Serie C2, C1, B ed A. E nella massima serie ho allenato squadre di livello sempre crescente: mi sono state assegnate società che come obiettivo avevano la salvezza, altre che dovevano disputare un campionato di medio livello, fino alle squadre che puntavano al primo posto. Quando sono arrivato a questo tipo di società certamente le esperienze fatte prima sono servite”.
Nel 1994 la Juventus gli affida il compito di riportare lo scudetto a Torino dopo nove stagioni. Era la Juventus di Conte, Peruzzi, Baggio, Vialli, Ravanelli e di un giovanissimo Del Piero. Ma anche la Juve di Di Livio, Deschamps, Ferrara, Torricelli. Un gruppo fantastico, che giocava un calcio strepitoso in Italia e in Europa, costruendo le basi del trionfo del 1996, la Champions vinta contro l’Ajax a Roma. Ma cosa regala più soddisfazione e emozioni? “Penso che sia l’insieme, le due cose non sono separabili, nel senso che vincere una Champions è emozionante quando è il completamento di un ciclo cominciato con la vittoria di un campionato. Poi se magari riesci a vincere anche la Coppa Intercontinentale allora lì, a livello di club, raggiungi il massimo. Io ho avuto queste sensazioni. Penso che sia molto più gratificante vincere una Champions dopo che hai vinto un campionato, piuttosto che dopo essere arrivato terzo e aver fatto i preliminari. E’ sicuramente molto più bello”. Come dargli torto? A livello di club è sicuramente il massimo per un allenatore. Ma forse qualcosa di ancora più significante e emozionante c’è, e Lippi è riuscito a vincere pure questo trofeo…
Estate del 2006, l’Italia si presenta ai Mondiali dopo un grande girone di qualificazione e con delle amichevoli pre-mondiale che fanno sognare. Ma non è certo tra le favorite: “Sì, ma eravamo forti. Ci avvicinammo al mondiale in mezzo a tante polemiche, ma è anche vero che ci arrivammo dopo due anni in cui non si perse quasi mai. Mi ricordo una sola sconfitta nella fase di qualificazione. Con delle amichevoli importantissime a due mesi dall’inizio, ricordo la vittoria per 3 a 1 in Olanda e il 4 a 1 di Firenze con la Germania. Insomma eravamo diventati forti e c’era la consapevolezza di esserlo. Tutto ciò ha permesso di trasformare le polemiche in energia positiva. Vincere la Coppa Del Mondo è la cosa più grande in assoluto che può capitare a chi fa il mio lavoro. Non c’è Champions League, europea o asiatica, non c’è campionato o coppa intercontinentale paragonabile alla vittoria di una Coppa del Mondo con la maglia della propria Nazionale”. La gioia, i festeggiamenti, il senso di appartenenza di quei giorni sono sensazioni che non tutte le generazioni hanno la fortuna di provare. Marcello Lippi riuscì a regalare giorni felici a una Nazione intera e dopo aver vinto tutto in Italia ha deciso di trasferirsi in Cina, da prima alla guida di un club.
Nuova sfida da vincere: portare una squadra cinese sul tetto d’Asia. Missione compiuta: “L’ho vissuta con grande entusiasmo, si trattava di un’esperienza totalmente nuova. Ho messo tanto impegno e questo è stato apprezzato molto da tutti i cinesi. E’ stata un’avventura molto gratificante perché abbiamo vinto praticamente sempre: tre scudetti, una Champions asiatica, una Coppa di Cina. Siamo arrivati ad essere i primi nel Ranking asiatico, sopra squadre giapponesi e coreane, che lì sono molto forti. Due anni fantastici”. Lippi ha vinto tutto ma la voglia di smettere è ancora lontana. Da ottobre del 2016 è il nuovo CT della Cina, ma la qualificazione al Mondiale 2018, già difficile di per sé, è diventata quasi impossibile dopo la recente sconfitta in Iran. In fondo alla vita ha ancora “Tante cose da chiedere”. Ad esempio? “Godermi un pochino di più la vita e la famiglia, i nipoti, gli amici, tutte cose che non ho fatto appieno durante la mia attività”. Ma prima ci saràdarealizzarel’ennesima impresa di una carriera leggendaria.