La cartolina di Messi, ‘Manny tutto fare’, le fionde e la passione nerazzurra: amato in campo e odiato per il mercato, Samp-Inter fa rima con Icardi
Con quella maglia vuole solo vincere. Quei colori Icardi li sente suoi, li respira. Perché il nerazzurro, ora, è davvero la sua seconda pelle. ‘Io sono interista’, da sempre. Anche da bambino, tifoso innamorato di una squadra un tempo così lontana. Rosario-Milano, distanza? Più di 11000 chilometri. Un percorso di passione, roba da sognatore vero. Questione di anima y corazon. Oggi è questo, MI9. Famiglia, moglie, figli e … gol. Tanti, in tutti i modi. Contro chiunque. Professionista perfetto e leader di un gruppo di nuovo unito.
Ah, Milano. La sua città. Nostalgia dell’Argentina? Poca, perché qui Mauro vive alla grande. Soprattutto grazie alle infinite esultanze: già, numeri da Scarpa D’Oro. Un sogno da trasformare in una meravigliosa realtà. Oltre al campo, però, a far la differenza è la qualità di vita. E la ricerca della felicità passa proprio dal nido familiare, lì: nel mondo di Icardi. Con un Mauro in versione domestica, da casalingo. Per intenderci: Wanda in casa lo chiama ‘Manny tutto fare ’, come il simpatico personaggio del cartone animato. Niente elettricista, nessun idraulico: sullo smartphone basta digitare il 9. Ed è subito fatta. Perché se c’è un problema, ci pensa lui: Maurito. Un ragazzo di 23 anni. Ops, correzione: un vero uomo, ormai. Padre e trascinatore. Mentalità e sacrificio, sempre. Nessuna forzatura, sia chiaro: qualche esempio? Quando si trasferì a Milano il trasloco se lo fece da solo. Scatoloni in spalla e via, fiero di gettare le basi per il suo futuro. Ripensando al suo passato, sfumature blucerchiate. Due colori oggi forse un po’ sbiaditi. Contestatissimo, da quelle parti. ‘Ok, ma cosa è cambiato oggi?
El Cañito
Calma, qualche passo indietro: nel 2013 lo volevano tutti. Super conteso, il Cañito. Ah, piccolo spazio al soprannome: tutta colpa di una foto che lo ritraeva completamente nudo (era ancora un bambino, eh). Ma ora torniamo a quell’anno, ultima giornata di campionato. Al Ferraris la Samp batté la Juve e Mauro segnò il suo terzo gol della stagione contro i bianconeri: delirio. ‘Casino totale in spogliatoio’. Cori e festa sotto la doccia. Poi, all’improvviso, si alzò una canzone: ‘Amalaa… pazza Inter amala…’. Mauro vide sul cellulare la notifica di un messaggio inviatogli da Letterio Pino – agente e fondatore con Ulisse Savini della Top Eleven (l’agenzia che lo portò in Italia). Dicevamo, click sul vocale e tac: parte l’audio. La suoneria non si abbassa, Icardi rimane spiazzato in un angolo di spogliatoio. E odiato, soprattutto. Mal visto e sconfessato poco dopo dai suoi ex tifosi: ‘Traditore’ e ‘Infame’. Sentenze pesanti.
Il famoso triangolo bollente c’entra poco. Non solo questioni amorose, galeotto fu soprattutto un cambio di maglia. Nel segno del 9, un simbolo di vita. Perché prima di qualsiasi cifra sul contratto, nel febbraio 2013, Mauro concordò con Branca il numero da portare sulle spalle. Proprio quel nove che lo ha accompagnato sin da bambino. Sempre con le idee chiare, Icardi. Spesso bersaglio di critiche feroci. Incompreso, anche. Nerazzurro da sempre? Assolutamente sì. Papà Juan Carlos da piccolo gli regalò la maglia dell’Inter. E 20 anni dopo Mauro riuscirà finalmente a realizzare il suo sogno. Dai messaggi con Zanetti alla possibilità di giocare con gli argentini del triplete. Un desiderio però incompreso, roba da ‘traditore’. Nonostante i tanti gol, le emozioni e l’enorme plusvalenza di 13600000 milioni realizzata dalla Sampdoria. Il tutto alla luce di un accordo sancito tra i due presidenti di allora, Moratti e Garrone: un patto sereno e poi definito nell’estate 2013. Una trattativa da signori sporcata poi dalle polemiche.
Un amore trasformato in odio, tutto per colpa di un sogno: quello di giocare nella squadra che aveva sempre sognato. “Traaa-di-to-re”, sillabe urlate al cielo nel giorno del suo ritorno al Marassi da avversario: quel pomeriggio addirittura un suo ex compagno lanciò un’offesa ai danni di sua madre. E Mauro, per replicare, rispose con una doppietta. Dispiaciuto nell’animo per la totale mancanza di riconoscenza nei suoi confronti. Dipinto come un traditore, solo per aver portato una grande plusvalenza alla Samp e per aver rincorso il suo sogno. Perché i soldi avranno sì cambiato la vita di Mauro, ma la sua testa è sempre stata la stessa. Ok il lusso, le macchine e i social: ma nel profondo del suo cuore è rimasto quel ragazzo semplice dell’infanzia, il Cañito. Amore e pallone, i due segreti.
Amore e odio
Dal primo vero stipendio che gli permise di concedersi l’Hummer al legame unico con Bruno Fornaroli, che lo aiutò a sbrigare le prime pratiche a Genova. Fino all’odio dei suoi ex tifosi, roba dura. Come nel 2013, quando Mauro – in occasione del derby – tornò al Ferraris per salutare i suoi amici: già, non lo avesse mai fatto. Oggetto di una contestazione programmata e vittima di pesanti insulti, Icardi. Un duro ma buono, cresciuto grazie a caccia e pesca. Sempre con una fionda nei pantaloni (per difendersi) e il pallone sotto il braccio (per vivere). Protetto dalla sana rigidità di papà Juan Carlos, che da bambino, per farlo segnare, gli prometteva un pancho con cola. Tradotto: un hot-dog con una bibita ghiacciata. E da quelle promesse Maurito non si è più fermato. ‘Sempre Avanti’, scrivendo anche le pagine di un libro: il suo. ‘Anche se, alla fine, al pub e al ristorante non ci andavamo mai’.
Fino alla primo volo in direzione Canarie, tesserato dal Vicendario nel comune di Las Palmas. Dove diventó ‘El niño del partido’, tra reti e le infinite telefonate del Manchester City per portarlo in Premier League. Ma alla fine suo padre dovette sbattere il telefono in faccia agli sceicchi. Il motivo? Meglio la Catalonia, per Maurito: conquistato da una cartolina speditagli e autografata da Messi, corredata da un ‘Vieni al Barcellona’. Detto, fatto. La perfezione, o quasi. ‘Perché lì, in attacco, giocavano solo i nanetti’. Poco adatto al regimi quasi militare de La Masia e al proverbiale falso nueve. Poi, per fortuna, la segnalazione di Nunzio Marchione alla Top Eleven, l’agenzia che cambiò la vita di Icardi: ‘Guardate che al Barcellona c’è un ragazzino molto promettente di Rosario’. Sì, come Messi. E il 28 novembre 2010, in occasione del derby con l’Espanyol, a Mauro bastarono pochi tagli per convincere Riccardo Pecini, osservatore della Samp in missione per lui. Da sogno a realtà: professionista, campione e padre. Amato sul campo e odiato per il mercato. Un rapporto tanto fantastico col pallone quanto strano allo stesso tempo, intriso di amore e odio. Sorrisi e pianti. Una storia che continuerà ancora, anche lunedì: contro la ‘sua’ Sampdoria. In un modo o nell’altro…