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Storia dei colpi e delle estati di Beppe Marotta, e quindi della Juventus

È un giorno di festa, all’Allianz Stadium. Il teatro dei successi della Juventus da 7 anni a questa parte: l’ultima vittoria è contro il Napoli, la rivale più accreditata di queste stagioni, la squadra che pochi mesi prima aveva rischiato di togliere ai bianconeri quello scettro che ormai sembra incollato alle mani di chi questa Juventus l’ha pensata, costruita, la rappresenta, ne indossa la maglia. È un giorno di festa, all’Allianz Stadium: sarà però che da quelle parti la festa dura sempre il giusto, sarà che quando c’è qualcosa da dire non si perde troppo tempo, anche per evitare speculazioni: fatto sta che una comunicazione di chi di questa Juventus ne è l’artefice forse più di tutti, avvolge il 3-1 firmato Mandzukic e Bonucci lasciando un po’ turbato un popolo che comunque, agli addii dolorosi, ci è ormai abituato.

Mandzukic e Bonucci, sì: non l’abbiamo ancora nominato, ma stiamo evidentemente parlando di chi questi due (e tanti altri) giocatori, a Torino ce li ha portati. Beppe Marotta. La Juventus risalita in Serie A dopo il 2006 aveva ritrovato la strada, ma non se stessa: lo ha fatto nel 2010, quando Andrea Agnelli si è affidato a quello che oggi è giustamente ritenuto uno dei migliori (se non il migliore) dirigente d’Europa. La dinastia delle sette Juventus è il frutto del lavoro dietro la scrivania, ma più correttamente in campo, nelle stanze d’albergo o durante certi blitz di questo business-man nato a Varese sessantuno anni fa. Con lui la Juventus è tornata grande, come la Juventus ha reso grande lui. Come? Entrambi si sono dati del tempo. Programmazione e lungimiranza gli ingredienti base: ci sarà spazio, più in là, anche per la sana follia.

Il concetto del primo Marotta è stato: ripartiamo, pensiamo alla quantità, poi potremo aggiungere la qualità. Per quantità si intendono le fondamenta di una Juventus che dominerà in Italia per 7 anni e si affaccerà nuovamente a testa alta e con orgoglio in Europa, sfiorando due volte quel sogno che all’inizio poteva soltanto sussurrarsi, e che ora invece si può pronunciare a chiare lettere. Le fondamenta, per la gloria, non bastano: ecco perché il senso (e l’effetto) dei primi investimenti targati Marotta (2010) si avrà soltanto quando alle fondamenta della casa verranno aggiunte le altre componenti dell’edificio. Che, anno dopo, anno, diverrà una residenza di lusso. “Vogliamo aggiungere dei top-player alla squadra”, ripeteva spesso Marotta. Un mantra, per i tifosi un’ossessione. La ricerca del top player. Al quale si accompagnava il celebre: “Se si presenteranno occasioni (di mercato) saremo pronti a coglierle”.

Occasioni, top-player, opportunità, fondamenta, qualità: la mission di Marotta è un crescendo continuo. E che termini nel giorno in cui Cristiano Ronaldo (Cristiano Ronaldo!) si prende la scena all’Allianz contro il Napoli, è l’ennesimo scherzo che il calcio riesce a giocare. Una necessaria premessa, questa, prima di tuffarci nel crescendo di cui sopra, stagione per stagione. Avvertenza: selezionare i migliori colpi dell’ormai ex CEO bianconero è impresa ardua; ecco perché questa non è una classifica, ma piuttosto un viaggio


2010/11- La nascita della (B)BBC

(La foto è della stagione successiva, ma la BBC nasce durante la 10/11)

Della prima Juventus di Marotta, arrivata 7ª in campionato e a dirlo adesso sembra pure strano, paradossalmente si ricordano alcune “delusioni” in sede di mercato. Eppure quel settimo posto è a suo modo il vero inizio del ciclo d’oro dei bianconeri. Bonucci, pagato 15,5 milioni dal Bari, arriva nell’estate 2010. Nel gennaio 2011 l’acquisto di Barzagli preso dal Wolfsburg per 500.000€: nasce la BBC, anche se nessuno ne immagina l’essenzialità degli anni a venire. Dimentichiamo qualcuno? E sì. Perché è vero che nel vortice di questi anni passeranno alla storia come comprimari, ma i Matri, i Quagliarella e i Pepe in realtà della prima Juventus vincente ne sono stati i protagonisti.

2011/12 – Gli uomini dello scudetto

L’arrivo di Antonio Conte è una tempesta perfetta. Marotta però sa nuotare. E in quell’estate pesca alcuni pesci pregiati che della sua storia alla Juventus diverranno emblemi: Andrea Pirlo, a parametro zero dal Milan. Marotta fiuta la voglia di rivalsa del maestro, la canalizza nel desiderio di ripartire della Juventus: il risultato è un capolavoro. Ma è anche l’estate di Arturo Vidal: che poi verrà rivenduto più o meno al triplo qualche anno dopo e che sarà il primo guerriero con cui Conte si presenterà in battaglia. È l’estate di Mirko Vucinic e della sua anarchia, che forse alla Juventus mancava; di Stephan Lichtsteiner. Ricordate l’assioma della qualità? Ecco, Marotta e la Juventus superano un altro step. Arrivano poi altri comprimari, ma il loro peso specifico saprà essere decisivo al momento giusto: Giaccherini, Caceres. Persino Borriello ed Estigarribia metteranno la firma sul primo scudetto dell’era Marotta.

2012/13 – “Ma il top player?”

Lo scudetto è un onore, ma anche un onere. E se lo step della qualità è raggiunto e superato, inizia ad aleggiare la parola “top-player”. È lo stesso Marotta che forgia questa definizione che diviene croce e delizia del suo mercato. Un top player per una top squadra: questo vuole diventare la Juve dopo essere tornata a vincere. Ma il paradosso è dietro l’angolo: di tutti i top player sognati non ne arriva nessuno. Quello che lo diventerà, generando poi una plusvalenza mostruosa, sarà un ragazzino strappato al Manchester United e al quale qualcuno credeva, certo, ma non così tanto da immaginarlo com’è adesso: Campione del Mondo da protagonista, venduto a 100+ milioni alla stessa squadra dal quale era stato preso per un indennizzo di una manciata di migliaia di euro. E dai, nominiamolo pure: Paul Labile Pogba.

2013/14 – Carlito’s Way


In realtà, per il tanto atteso top player, era solo questione di tempo. Perché nell’estate del 2013 ne arriva uno: Carlos Tevez. Marotta lo prende dal Manchester City per 9 milioni + 3 di bonus e gli affianca Fernando Llorente formando una coppia d’attacco che sembra il remake (per fisionomia e un po’ per caratteristiche) di Sivori-Charles. Sarà scudetto anche questa volta, ma soprattutto, l’arrivo di Tevez alzerà l’asticella anche per il numero uno della dirigenza bianconera: l’Apache sarà il primo di una lunga serie di colpi che faranno sognare. Altro che top player.

2014/15 – Lucidità Allegri

E l’estate 2014 non si discosta. Solo che, il top, Marotta lo prende per la panchina. Perché se Conte era stato una tempesta perfetta tre anni prima, il suo addio consegna uno scenario molto difficile da gestire per la dirigenza bianconera. Sbagliato. La Juventus in 24 ore arruola Massimiliano Allegri: se chiedete alla stragrande maggioranza di tifosi, quasi nessuno di loro si aspettava che, come risultati, potesse far meglio di Conte. I tifosi e moltissimi addetti ai lavori no; Beppe Marotta sì, lui sapeva. E se l’estate 2014 non sarà ricordata per acquisti eclatanti (Morata si rivelerà una luminosa cometa di passaggio), segnerà l’inizio del ciclo di Max; che finora, in Italia, ha lasciato appena qualche briciola agli avversari. E che soprattutto, ha riportato al galà europeo un’elegante e versatile Signora.

2015/16 – “Io faccio nuove tutte le cose”

La grandezza di un dirigente non si giudica soltanto dagli acquisti: in questo senso l’estate del 2015 è didascalica. La capacità forse più grande dei bianconeri in questi anni è stata il sapersi rigenerare, senza mai perdere la propria identità. Questo grazie ad un rinnovamento graduale ma costante, che è passato anche attraverso partenze dolorose ma spesso proficue. Come quella di Vidal, venduto al Bayern Monaco per circa 40 milioni di euro. Con lui vanno via anche Pirlo e Tevez, ma… Ma in un colpo solo arrivano Dybala, preso per 40 milioni dal Palermo; Mandzukic, 21 milioni dall’Atletico Madrid; Alex Sandro, 26 milioni dal Porto. E poi Cuadrado, con un prestito che si rinnoverà di anno in anno. Dimentichiamo qualcuno? Sì, un campione del Mondo preso a parametro zero: Sami Khedira. E con lui fanno cinque (attuali) titolari…

2016/17 – Benvenuta, (sana) follia

Benvenuta, (sana) follia. E la follia, nell’estate del 2016, ha il nome di Gonzalo Higuain. Un colpo così, a lungo impensabile per motivi economici e ambientali, diventa realtà nel giro di pochi giorni. Marotta prima trolla, poi ammicca. E poi paga la clausola: visite mediche in segreto a Madrid, 90 milioni pagabili in due esercizi. La Juventus, reduce da cinque scudetti consecutivi, gioca a carte scoperte. E nella stessa estate, arriva anche Pjanic: perché rinforzare la Juventus va bene, indebolire anche le dirette concorrenti è ancora meglio: è questo l’ulteriore upgrade firmato Marotta, che anche quest’anno non si fa mancare il consueto colpo a parametro zero. Se poi il colpo si chiama Dani Alves… E il campo, ancora una volta, gli darà ragione. Un inciso: della cessione (e della plusvalenza) più prolifica della storia della Juventus, avvenuta anch’essa in questa estate, è stato già detto.

2017/18 – Compendio Marottiano


Si è scritto di qualità, top-player, follia, mattone dopo mattone. La penultima estate di Marotta è un po’ la summa di tutti questi elementi: al di là delle formule, che dilatano o meno i pagamenti, è l’estate degli oltre 80 milioni complessivi spesi per Douglas Costa e Bernardeschi. Ma attenzione a Matuidi, il classico acquisto in sordina che presto diventerà uomo-chiave per Allegri: i 20 milioni versati al PSG per lui, oggi, sembrano tremendamente pochi. E poi un’altra parola d’ordine del suo mercato: prevenzione. L’acquisto di Szczesny ne è l’emblema: bisogna prepararsi all’addio di Buffon. Come? Affiancandogli l’altro miglior portiere della Serie A. Una menzione, infine, la merita la cessione di Bonucci: per ribadire un altro concetto che Marotta ha fatto proprio, cioè quello di non tenere giocatori che non volessero restare.

2018/19 – La fine nel principio



Oltre. Quello che accade in questa estate è semplicemente oltre. Oltre ogni aspettativa di tutti, anche di Marotta. Che però, poi, nell’iperuranio che è l’acquisto di Cristiano Ronaldo, dimostra di sapersi muovere. Non scivola, non fallisce: se lo porta a casa. E dire che sarebbe un’estate da incorniciare anche senza il portoghese: Emre Can ancora a 0, Joao Cancelo, il ritorno di Bonucci. No, oltre tutto questo c’è Ronaldo: l’ultimo regalo, l’aver ribaltato ogni prospettiva innalzando lo status della Juventus, proiettandola ai livelli delle grandi d’Europa. Tutto era cominciato dalle fondamenta, dalla qualità da aggiungere gradualmente; poi si era passati ai top player, prima auspicati poi raggiunti; poi alla follia e alla consapevolezza. Quell’edificio dalle fondamenta si è innalzato e ha raggiunto la quota di un osservatorio naturale. Grazie ad un percorso: in questa strada, Beppe Marotta ha commesso errori? Senz’altro, come li commettono tutti. La differenza è che non si è lasciato sopraffare da essi. E ora saluta, conscio di aver compiuto la sua missione: lo fa commuovendosi, dicendo che la Juventus resterà sempre nel suo cuore. Perché numeri, trattative, progetti: sono semplicemente altri modi di chiamare la passione. E quella passione Beppe Marotta l’ha sublimata.

PS. Il ruolo rivestito da Marotta in questi anni alla Juventus e il lavoro svolto, si sono avvalsi del contributo di una società che ha messo l’ex ad e dg bianconero nelle condizioni migliori per poter eccellere. Marotta si è circondato di una squadra, il cui capitano è stato certamente Fabio Paratici: menzionarlo solo adesso non significa certo ridimensionarlo o sminuire il suo lavoro e le sue capacità. Semplicemente, queste righe hanno raccontato una parabola che oggi si conclude; per quelle ancora in corso, ci saranno sicuramente parole, spazio e tempo opportuni.