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Juventus, chiesto il rinvio a giudizio per il club e 12 indagati

Depositate le richieste di rinvio a giudizio per 12 persone, dal presidente Andrea Agnelli, al vice Nedved fino all’ad Arrivabene: le ultime

Juventus di nuovo nell’occhio del ciclone dopo l’arrivo delle dimissioni dell’intero CdA bianconero, in seguito a quanto accaduto dall’avvio dell’inchiesta Prisma, anche lato Consob, alla società bianconera. Stando a quanto riportato dalla redazione di Sky Sport, i pm torinesi hanno depositato le richieste di rinvio a giudizio per 12 uomini sotto inchiesta e per il club.

 

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Entro 5 giorni, il giudice dell’udienza preliminare dovrà fissare la data dell’udienza – nel limite di 30 giorni – nella quale lo stesso giudice deciderà se avviare il procedimento che porterà a un processo o se emettere un decreto di “non luogo a procedere”. La data dell’eventuale processo, quindi, verrà svelata prima dell’Assemblea dei Soci del prossimo 18 gennaio 2023, in cui verrà delineato il nuovo Consiglio di Amministrazione juventino con le funzioni del nuovo presidente Gianluca Ferrero.

Si tratta di Andrea Agnelli, Pavel Nedved, Maurizio Arrivabene, Fabio Paratici, Marco Re, Stefano Bertola, Stefano CerratoCesare Gabasio, Francesca Roncaglio, Enrico Vellano, Stefania Boschetti e Roberto Grossi. Compare anche la Juventus come persona giuridica. Non sono presenti in questa lista, quindi, tutti i 16 uomini bianconeri indagati.

 

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Cosa rischia la Juventus adesso?

A livello sportivo, è difficile pensare che la Juventus possa incappare in un qualsiasi tipo di penalizzazione, men che meno una retrocessione d’ufficio (ricordando quanto accaduto nello scandalo calcistico noto come “Calciopoli”). Le sanzioni che potrebbero arrivare sarebbero di natura economico-finanzaria e penale e riguarderebbero sia il club che i diretti interessati.

 

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Per la società potrebbero anche arrivare multe che possono andare dalle centinaia di migliaia a svariati milioni di euro. Per gli elementi indagati, invece, il rischio può variare dalla multa da un minimo di circa 20mila euro fino a 5 milioni di euro fino anche alla reclusione degli stessi per un periodo dagli 1 agli 8 anni. Nell’ultima nota, però, il CdA dimissionario ha ribadito come – a detta dello stesso – ogni operazione sia stata svolta nel massimo della trasparenza.