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Trotta, la ‘sua’ Frosinone e i giovani: “Il mio gol per la A, oggi formo i ragazzi”

Dalla C alla A, tutto con la maglia del Napoli: la sfida con il Frosinone sarà anche la partita di Ivano Trotta

Cambiano gli anni, i volti e persino gli stadi, quello che non cambia è il ricordo dei tifosi napoletani quando all’orizzonte si staglia il Frosinone. Sarà match da dentro fuori quello di domani al Benito Stirpe: da una parte la voglia di certificare l’accesso matematico alla Champions, dall’altra quella di restare attaccati al treno salvezza, per rinviare ancora un po’, se possibile, la discesa in Serie B. Una gara, quella di Frosinone, che ha sempre deciso qualcosa di importante per il Napoli: dodici anni fa la vittoria al Matusa – che oggi ha lasciato lo spazio al più nuovo Stirpe – valse di fatto la promozione in Serie A dopo anni di inferno. A decidere il match, un gol da cineteca allo scadere. “Fu un gol bello, ma soprattutto importante, segnare nel finale di una gara così ci diede la spinta decisiva verso la promozione”.

A segnare un super gol rimasto per anni nella testa di tutti i tifosi napoletani ci pensò Ivano Trotta, quasi come uno scherzo del destino. Lui, romano, aveva colpito il Frosinone. Lui, prodotto del vivaio della Juve, con cui aveva fatto l’esordio in Serie A e in Champions dieci anni prima, è diventato il volto della promozione del Napoli, proprio alle spalle dei bianconeri. “Era una B che sembrava una A2. C’eravamo noi, la Juventus, il Genoa, fu un campionato atipico” ci racconta. “Con la maglia azzurra ho vissuto un anno e mezzo fantastico: la promozione in B, poi la cavalcata di quella stagione fino alla A”. E nel destino anche l’ironia di essere ricordato soprattutto per un gol. “Ma non è un fastidio, anzi, è un onore. Se l’avessi segnato altrove quel gol non avrebbe avuto la stessa rilevanza, solo chi ha giocato a Napoli sa cosa significhi indossare quella maglia”.

Un legame, quello con l’azzurro, interrotto proprio a fine stagione, Treviso e Ravenna le ultime tappe prima di ritirarsi. “Ma Napoli è ancora presente nella mia vita, mio figlio è nato proprio nel 2006 quando ero lì, lui tifa Napoli e spesso scendiamo in città per andare al San Paolo a vedere le partite. Quando entro allo stadio è come se giocassi ancora con quella maglia”. Ma le sue giornate, oggi, sono dedicate proprio ai più giovani. “Alleno in una società, la Jems Soccer Academy, nata proprio quest’anno grazie al lavoro di due ex campioni come Perrotta e Tonetto e già con 380 ragazzi in ogni categoria. Mi piace lavorare con i ragazzini, devono divertirsi ed avere dei punti di riferimento importanti. Cerchiamo di creare un ambiente familiare per insegnare loro non solo educazione calcistica, ma il modo in cui comportarsi al mondo, sempre di pari passo con i calciatori. Il ruolo dei formatori non è mai preso davvero sul serio”.

La formazione dei più giovani come obiettivo. “I settori giovanili oggi sono trattati nel modo peggiore possibile. Lo diciamo sempre che bisogna ripartire, ma restano chiacchiere. Qui in Italia un progetto come quello dell’Ajax non si potrebbe mai vedere: c’è voglia di pensare solo al risultato, non c’è pazienza per aspettare il vivaio. Loro oggi contano 300 milioni potenziali dai loro calciatori, mentre a noi manca ancora la programmazione” insiste. Fare l’allenatore non è un sogno ma un obiettivo. “Mi è venuto naturale quando ho smesso di giocare, tutti sperano di arrivare in alto ma è difficile farlo sia da calciatore che da allenatore. Cerco di fare sempre tutto con passione, però: se non dovessi arrivare ad alti livelli, almeno avrò fatto tutto con orgoglio”.

Frosinone-Napoli di domani sarà anche la “sua” partita, ma il Napoli che lui conosceva non esiste più. “Oggi è una società europea che gioca sempre su grandi palcoscenici. Io e i miei compagni di quelle stagioni, però, abbiamo scritto una pagina importante del club e ne siamo felici”. Anche in quella Serie B si finì dietro la Juventus, esattamente come dodici anni più tardi in A. “Quest’anno non era scontato per Ancelotti prendere in mano la squadra che ha fatto tanto bene con Sarri, il secondo posto dietro questa Juventus è un ottimo risultato, ma la squadra va rinforzata anche sul mercato se si vuole fare l’ultimo passo”.

A Cura di Gennaro Arpaia