“Italia, mi manchi”. Alfaro, dalla Lazio all’India: “Klose, Reja e i prestiti. Meritavo un’occasione!”
E se vi dicessimo che a Guwahati c’è un po’ di Serie A? Ok, potete dirlo: “Guwahati? Ma dove diavolo è?!”. Domandare è lecito, ci sta. Perché anche noi abbiamo dato un’occhiata al mappamondo. Ma il calcio è arrivato pure qui. In India, toh. Questione di globetrotter: “La città vive il calcio H24! Dopo il cricket, c’è il pallone…”. Parola di quel “pizzico” di Serie A ai confini del football. “…costui sarebbe?”. Emiliano Alfaro. Ebbene sì, l’ex attaccante della Lazio con 8 presenze nel nostro campionato. “El Picaro”.
Desaparecido, chi? Ecco che fine ha fatto, oggi vi raccontiamo la sua storia su GianlucaDiMarzio.com. Ringraziando le note audio di Whatsapp per la “collaborazione”. Questioni di fuso, stavolta. Mettersi d’accordo è un po’ un problema. “Chiamo io a che ora?”. “Aspetta, forse è meglio che chiami tu”. Soluzione chiara: “Mandami tutto e io ti rispondo con un audio”. Ci siamo, si parte subito in quarta. Ieri la Lazio, oggi Guwahati e il NorthEast United. Prima ancora…la Thailandia: “Bella esperienza al Buriram, lì il calcio è considerato! E’ il secondo sport nazionale dopo il Muay Thai. Tra qualche anno migliorerà ancora”. Stavolta l’India però: “Stanno scommettendo sul calcio, vogliono rendere questa lega ancora più competitiva, quando l’allenatore mi ha chiamato ho accettato subito”. Alfaro ci racconta la sua giornata tipo: “Colazione, palestra, allenamento e partite alle 7 di pomeriggio”. E gli stadi? “Sempre pieni – ci dice in esclusiva – si gioca soltanto 3 mesi l’anno (14 partite) ma l’entusiasmo della gente è contagioso, mi ha colpito. Viviamo in albergo, viaggiamo molto”.
Scelta giusta quindi: “Certo, si sta bene. Sono tranquilli, anche se c’è tanto caos”. Specie quello, forse. Per strada è un bel delirio, tra motorini in ogni dove e incroci senza semafori: “Culturalmente c’è differenza”. E dell’Italia c’è un po’ di nostalgia: “Mi manca Roma, mi mancano gli amici che ho lasciato, ho tanti ricordi”. Alfaro e la Lazio, un matrimonio mai sbocciato: “Arrivai a gennaio 2012 dal Liverpool di Montevideo, inizialmente volevano mandarmi in prestito ma Reja mi chiese di restare. Giocai poco, circa 200 minuti, solamente una volta da titolare. Non ho avuto molte opportunità per esprimermi”. Colpa dei tanti campioni, forse? “Anche quello sì, per questo ho chiesto spesso di andare in prestito, ma la società non è mai riuscita a trovare l’accordo con altri club (nel 2013-14 ha passato l’intera stagione da fuori rosa ndr). Nonostante tutto è stata un’ottima esperienza”. Bel rapporto con Reja: “Mi sarebbe piaciuto giocare di più, è chiaro. Ma mi ha lanciato lui e non lo dimentico”.
Qualche attrito con Tare e Lotito: “Io volevo andare in prestito, loro facevano gli interessi della società. Col presidente avevamo opinioni differenti, ma è normale. Fa parte del gioco”. Coi compagni, invece, un’ottima intesa: “Legai molto con tutti i sudamericani, specie col Tata Gonzalez, uruguaiano come me. Mi manca un po’ a dire il vero, come Ledesma, Biglia, Scaloni. Anche Javier Garrido”. Ma il più forte di tutti resta uno: “Miro Klose! E’ stato un esempio, un grande professionista. Molto umile, si allenava sempre con intensità”. Alfaro prende esempio e lancia il suo NorthEast: 3 partite, 2 reti. Ambizione: “Ci stiamo giocando il campionato, non penso al futuro. Certo, far bene significherebbe avere un bel trampolino di lancio per l’avvenire”. Audio finiti, Alfaro ci ringrazia e fila via in palestra. A Guwahati. Ai confini del pallone. Tra obiettivi chiari e un pizzico di Serie A.