Mondiali ogni 2 anni, Wenger: "I giocatori sono con me"
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Data: 04/10/2021 -

Mondiali ogni 2 anni, Wenger: "I giocatori sono con me"

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La parole dell'ex manager dell'Arsenal, oggi responsabile dello sviluppo del calcio a livello globale per la Fifa
La parole dell'ex manager dell'Arsenal, oggi responsabile dello sviluppo del calcio a livello globale per la Fifa

I Mondiali e gli Europei ogni 2 anni. Raggruppare le qualificazioni in una o due finestre internazionali,  meno giorni per le nazionali durante l’anno, ma si creerebbe lo spazio per una grande competizione alla fine della stagione.

E' questa la proposta di Arsène Wenger, ex allenatore dell'Arsenal e attualmente responsabile dello sviluppo del calcio a livello globale per la Fifa. 

 

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"I Paesi più piccoli saranno stimolati a investire"

"Da 20 anni, nelle fasi finali del Mondiale si affrontano quasi sempre squadre europee e sudamericane e hanno sempre vinto le europee. Le altre non giocano queste partite, quindi non hanno la possibilità di colmare il divario. Una Coppa del Mondo più frequente darebbe loro più possibilità di partecipare e uno stimolo a investire sui giovani. Tante persone che ammiro e stimo, giocatori e allenatori, sostengono questa visione. E chi all’inizio era contro, dopo averne parlato mi ha detto di vedere più vantaggi che lati negativi. Questo mi rassicura e incoraggia a continuare", così Wenger a La Repubblica.

 

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"Non un circolo chiuso, ma un calcio più inclusivo"

Una proposta diversa da quella della Superlega: "C’è una differenza fondamentale: il mio obiettivo non è quello di creare un circolo chiuso ed esclusivo, ma di rendere il calcio più inclusivo, dando più opportunità a tutti i Paesi. Delle 211 federazioni, 133 non hanno mai partecipato a una Coppa del Mondo. Con edizioni più frequenti, avrebbero più possibilità".

 

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Sul pensiero dei giocatori in merito a questa nuova possibile organizzazione del calendario: "Abbiamo consultato un certo numero di top player e so che i giocatori preferirebbero disputare più partite importanti, piuttosto che amichevoli. Quasi tutti i migliori poi giocano in Europa: sudamericani, africani, asiatici devono volare per oltre 300 mila chilometri in quattro anni. I viaggi ripetuti, lo shock climatico, il jet lag, sono un peso enorme. La mia priorità sono i calciatori".

L'INTERVISTA COMPLETA NELL'EDIZIONE ODIERNA DI REPUBBLICA



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