Una storia da favola, destinata a resistere al trascorrere del tempo. Una storia lunga otto incredibili anni, dall’esordio in A alle lacrime amare di Wembley: nel mezzo tre Coppa Italia, una Supercoppa Italiana, una Coppa delle Coppe ed uno Storico Scudetto. Una storia unica, come unico è stato uno dei suoi più grandi protagonisti. La storia di Gianluca Vialli e della Sampdoria, favola fatta di vittorie, circoli esclusivi, liti, sorrisi e di un patto… rispettato.
Quello siglato tra un gruppo di amici, prima ancora che tra compagni di squadra. Quale? Quello di lasciare Genova soltanto dopo averle regalato almeno una volta il gradino più alto di tutti in campionato. Patto e sogno a tinte indelebilmente blucerchiate, i colori di quella favola che verrà poi ribattezzata Samp d’Oro. Voluta e realizzata dal ‘padre’ presidente Paolo Mantovani. Quella dei ‘gemelli del gol’ Vialli e Mancini. Del ‘maestro’ Vuja(din Boskov). E del Direttore scopri-talenti Paolo Borea.
Riccioli scuri e un borsone pieno di sogni: l'arrivo a Genova di Luca
È Paolo Borea nel 1984 a regalare, su volontà di Paolo Mantovani, a Mancini la spalla ideale di una vita: nello scambio col ‘Marziano’ Alviero Chiorri alla Samp, pronto a fare il suo esordio in Serie A, arriva il ventenne Gianluca Vialli. Quinto e ultimo figlio di una famiglia di origine trentina trapiantata a Cremona, città dove Luca inizia a tirare i primi calci ad un pallone: il campo, quello dell’oratorio di Cristo al Villaggio Po, primi passi che lo portano a vestire poi la maglia della prima squadra della sua città. Con la quale Luca trova prima l’esordio tra i professionisti, poi quello in B, fino ad una promozione - alla quale contribuisce con dieci gol - in A che alla Cremonese mancava da 54 anni.
Numeri e reti che gettano su Vialli gli occhi del mercato addosso, con la Sampdoria più veloce di tutti a portarsi a casa uno degli attaccanti più promettenti degli anni ottanta. Scelta rivelatasi subito giusta, con l’attaccante che al termine della prima stagione in blucerchiato alza al cielo già il primo trofeo della storia del Club: quella Coppa Italia vinta anche grazie ad un suo gol al Milan nella finale di ritorno. Primi successi, alternati però ad un rendimento altalenante dovuto ad una posizione in campo ancora da trovare: a suggerirgliela nell'estate del 1986 è Vujadin Boskov, arrivato da Roma per allenare la Sampdoria, che avanza Vialli nel ruolo di prima punta, invertendone la posizione col futuro gemello del gol Roberto Mancini. Mossa azzeccata quella del tandem-simbolo del periodo più glorioso della storia club ‘Luca Vialli e Bobby gol”.
Con Mancio a rifinire e Luca a finalizzare arrivano infatti altre due Coppe Italia - con gol nella finale di andata al Torino nel 1988 e gol in finale nel match di ritorno col Napoli e titolo di miglior marcatore dell’edizione con 13 reti - e la vittoria nel 1990 della Coppa delle Coppe (competizione della quale Vialli vince il titolo di capocannoniere con 7 reti, due quelle realizzate nella finale di Göteborg contro l’Anderlecht).
Senso di appartenenza e patto di ferro: i segreti di uno scudetto unico
Quello che è successo dopo è storia nota, destinata a resistere per sempre al passare del tempo. Frutto di un ‘patto di ferro’… rispettato: nonostante le sirene rossonere del Milan di Sacchi e Berlusconi, infatti, Vialli decide di non lasciare Genova e onorare il patto fatto assieme ai suoi compagni di squadra. Quello di regalare alla Samp uno storico scudetto, prima di andare in cerca di nuove esperienze. Missione compiuta nella stagione ‘90-‘91, che l’attaccante numero nove chiude con 19 gol realizzati e un altro titolo di capocannoniere in bacheca. Tra il Milan olandese di Gullit e Van Basten, il Napoli argentino di Diego Armando Maradona, l’Inter tedesca di Matthaeus e Brehme e la neo Juventus del Divin Codino Roberto Baggio ad arrivare più in alto di tutti, e a toccare il cielo con un dito, il talento e l’incoscienza.
La sfrontatezza e la ragione. Il cuore e la testa. Più il primo che la seconda, perché a pensarci bene per compiere certe imprese, sulla bilancia, l’ago deve per forza pendere un pò di più da quella parte. Davide contro Golia, semplicemente La Sampdoria: l’ultima favola moderna di casa nostra, trenta ‘ragazzi’ letteralmente cresciuti assieme, capaci di conquistare un titolo tanto storico quanto unico. In tutti i sensi. Tra i segreti di quell’impresa, un senso di appartenenza fuori dal comune: “Andavamo a dormire col pigiama della Samp - racconterà Gianluca Vialli ad anni di distanza da quell’impresa - perché per noi quella della Sampdoria era davvero una seconda pelle”. Ancora di più per la coppia d’Oro Vialli-Mancini.
Luca Vialli & Bobby Gol: gemelli (diversi)
Icone e simbolo di quel gruppo, due ragazzi cosi diversi eppure così affini. Uno esplosivo, l’altro riflessivo. Rovesciate e capriole da una parte, colpi di tacco e genio dall’altra: 20 anni Luca, 17 anni Roberto. Vialli e Mancini a Genova sono arrivati ragazzini per diventare uomini. Uniti, indivisibili, nelle gioie, anche e soprattutto nel dolore: come quello manifestatosi sotto forma di delusione comune per la sfortunata avventura azzurra ad Italia ‘90. Mancini in tribuna, Vialli alle prese con guaii fisici che lasciarono spazio alle notti magiche e agli occhi sgranati di Totò Schillaci. Delusione, risarcita con gli interessi soltanto un anno più tardi, quando l’alchimia e la voglia di rivincita dei due blucerchiati portò alla conquista di uno Scudetto indimenticabile.
Non solo per il risultato sportivo, ma per la realizzazione di un sogno. Immagini e pensieri plasmati a realtà, attraverso il duro lavoro e ad un pizzico di follia: nel credere alle parole del ‘visionario’ Mantovani, all’opera di consapevolizzazione del Maestro Vuja. Nel mezzo, le cene del giovedì del circolo esclusivo dei sette nani: Cucciolo (Mancini), Pisolo (Vialli), Eolo (Mannini), Dotto (il d.s. Borea), Mammolo (il Responsabile delle Giovanili Arnuzzo), Brontolo (il tecnico del settore giovanile Soncini) e Gongolo (l’addetto all’arbitro Montali). Nella parte di Biancaneve, Edilio Buscaglia, padrone di casa e titolare del ristorante (Edilio, a due passi dal Luigi Ferraris) dove Mancini e compagni si ritrovavano per il rito di una serata a settimana da passare assieme, l’occasione per parlare di Sampdoria in libertà. Mancio impegnato a disegnare nuove divise, Vialli a progettare il prossimo scherzo da fare nello spogliatoio a Bogliasco.
Litigi tra i due? Uno soltanto, per un passaggio sbagliato in allenamento di Luca a Roberto, gesto tecnico sbagliato che costò il silenzio tra i due per dieci lunghissimi giorni. Frizione risolta in nazionale, sorriso a mettersi tutto alle spalle senza neanche il bisogno di chiedersi scusa e di nuovo insieme fianco a fianco verso pagine nuove. Passi decisi e fondamentali per arrivare a quello storico 19 maggio 1991. Cereso, Mannini, Vialli. 3-0 Samp col Lecce alla penultima giornata di campionato e Ferraris in festa, per un tricolore tanto inaspettato quanto meritato. Invasione di campo in perfetto stile Mantovani, Genova a tingersi come una tavolozza di colori. Il blu, il bianco, il rosso e il nero a mescolarsi e confondersi per le vie del centro, come gli ingredienti che hanno portato la Samp d’Oro sul punto più alto della su storia. Grazie al suo numero 9 dai riccioli scuri e all’amico Roberto.
Da Wembley a Wembley: tra lacrime e abbracci, la chiusura di un cerchio
Uniti nelle gioie, ma anche e soprattutto nel dolore: come quello, fortissimo, per la finale di Coppa dei Campioni persa nel recupero a Wembley contro il Barcellona. È il 1992. Ultimo atto di un Vialli già destinato al bianco e nero della Juventus, asciugamano a nascondere testa e lacrime per un traguardo storico soltanto sfiorato. Delusione in parte riscattata a quasi trent’anni di distanza, ancora Wembley a fare da palcoscenico, con Luca e Mancio questa volta accomodati in panchina: niente maglie blucerchiate in campo, ma quelle azzurre della Nazionale, pronte a conquistare l’ultimo Europeo. Festeggiato con un lungo abbraccio, la perfetta chiusura di un cerchio: quello di Luca Vialli e della sua Sampdoria, storia a tinte indelebilmente blucerchiate fatta di 328 partite giocate e 141 gol realizzati. Freddi numeri, a raccontare però di una storia d’amore speciale. Destinata a non finire mai.