In numeri – Nel calcio, come nella vita, niente (o quasi) è più difficile di ‘ripartire’. Specie dopo la cocente delusione di una retrocessione e di infinite controversie giudiziarie (l’arcinota vicenda dei ripescaggi) che han coltivato, la poi vacua illusione, di cancellare il de profundis. Il bilancio ad oggi è chiaramente provvisorio e non consuntivo, ma… sessantuno punti in trentacinque partite, quarto posto nel girone A di Serie C…mica male la Pro Vercelli di Vito Grieco! Senza dimenticare (anche se questo aspetto in Italia non è che ci piaccia poi così tanto…) i tanti giovani ’99 e ’00 cui società e allenatore hanno deciso di dar fiducia: Mal, Gerbi, De Marino, Sangiorgi, Iezzi per citarne alcuni.
La storia – “Piacere, Vito da Molfetta, ma ormai da circa vent’anni, sono un terrone del nord (ride)…”. E’ il prologo della nostra chiacchierata con Vito Grieco, oggi allenatore della Pro Vercelli. E’ nella genuinità della sua simpatia l’essenza di una semplicità indefettibile. “Non si può esser venerati o divinizzati per una partita di pallone, a tutti i livelli. Rimane un gioco, seguito e pieno di soldi, ma comunque un gioco. E noi attori perché mai dovremmo sentirci tali? Perché siamo i privilegiati di un gioco? Ma se io sono un privilegiato più che spender tempo ad autocelebrarmi, lo dovrei passare ad aiutare chi non ha avuto la mia stessa fortuna, no? Sbaglio?”. Lo scintillante sillogismo di Vito ci apre le porte del suo mondo. Bello, colorato, multiforme. Giusto e diretto. “Le ingiustizie mi fanno schifo! Non c’è cosa che odio di più. Mi fanno schifo! In tutti i settori e a tutti i livelli. Non sono Robin Hood, ma non rinuncerò mai ai valori con i quali sono cresciuto…”.
Un salto indietro, Vito. Alla Molfetta degli anni ’70, alla tua città. Alla passione indomita per il calcio, al diploma da ragioniere… “Che tutto sommato non sarebbe stato un percorso che mi sarebbe dispiaciuto”. E a quello di famiglia, cui tornavi a pensare ogni qualvolta le nubi addensavano il tuo cammino… “Eh va beh, se va male vado a lavare i pullman nell’azienda di papà”. In una frase ciò che serve dannatamente alla società di oggi. Per tornare ad essere mentalmente effervescenti, per tornare ad essere ‘dirimpettai dei problemi’ e non meri superstiti. A forza di chiedere cuscini, non siamo più capaci di cadere…
“Per forza di cose sono stato costretto a diventar uomo in fretta. A quindici anni, quando mi prese il Bari nel settore giovanile, dovevo tutti i giorni fare Molfetta-Bari in treno, scendere alla stazione di Bari e prendere le coincidenze di due pullman per arrivare al campo di allenamento. Uscire dal paese, interfacciarsi con la città, imparare a guardarti le spalle – perché non è che ci fosse poi gente così raccomandabile in stazione di notte (ride) – sono aspetti essenziali, che ti forgiano e ti porti dietro per tutta la vita. Altro che le mappe degli smartphone di oggi… Pensiamo ci rendano la vita più facile, ci tolgono ogni capacità pensante…”. La Bari, il mare, il campo d’allenamento, un ricordo. Come in un dipinto, straordinariamente emozionante… “Il sorriso del presidente Matarrese quando vedeva i nostri allenamenti. Lui ci teneva tantissimo al settore giovanile, ai suoi ragazzi”.
A diciannove anni, Vito Grieco ‘fa i cartoni’. Bari-Bologna, biglietto di sola andata. Un bacio a mamma e papà, una carezza ai cinque fratelli. La chiamata del Carpi, la prima vera esperienza lontano da casa. “La sera prima di partire avevo una strizza incredibile, mi facevo mille domande, mi giravo e rigiravo nel letto… Arrivo all’aeroporto di Bologna alle 15, mi affaccio fuori, tutto grigio… ‘Ma chi l’ha mai vista tutta ‘sta nebbia?’. Esco fuori, mi aspetta un signore con un cartello ‘Fc Carpi’…. Mi viene da ridere, ‘mica sono uno straniero!’, lui mi sussurra qualcosa e a sua volta ride, a distanza di vent’anni ho capito ciò che quel signore mi disse in stretto dialetto emiliano… ‘Benvenuto terrone!’. Quell’anno è stata dura, davvero. Da novembre ad aprile avrò visto il sole mezza volta. Tornavo a casa, mi prendeva male. Ma poi, come tutte le cose, ti abitui...”.
Ventuno anni di carriera da calciatore, a 39 anni Vito dice ‘Stop. Altro giro altra corsa…’. Ci prendiamo un bicchier d’acqua prima di parlar dei rimpianti… “Non aver giocato mai in Serie A malgrado la doppia promozione con il Modena? Sì, forse. Ma per come sono fatto io, un altro, peggio… Quando il Modena mi aveva venduto al Catania e non aveva detto la verità ai tifosi. Perché furono loro a cedermi e non io a voler andar via… Poi voglio ricordare Paolino Ponzo, il ‘calciatore operaio’. Che bella persona, quante avventure insieme. Era un fratello per me, lui viveva per correre, è morto per correre. Io glielo dico spesso ai miei ragazzi, anziché leggervi le cag… sui social, andatevi a leggere la storia di Paolo…”.
Sorride commosso, Vito. Uomo vero, verace, sincero. Pensa ciò che dice (asserzione non da poco nella triste realtà attuale) e dice ciò che pensa… “Io le cose non le mando a dire! Per me essere diretto vuol dire essere leale. Questo mio essere controcorrente… perché oggi se non ti uniformi sei tale… l’ho già pagato a caro prezzo in passato. A volte dovrei starmene zitto, dovrei sorvolare su certe porcherie che la vita propone, in tutti gli ambiti, anche quando il maleducato di turno non fa sedere la persona anziana sul bus o scavalca la fila, ma proprio non ci riesco. Le ingiustizie le odio, le ho sempre combattute e sempre le combatterò, a prescindere dalle conseguenze. Se vediamo che le cose non vanno nella maniera corretta, non possiamo starcene con le mani in mano e subire! Che ad esser danneggiati siamo noi o gli altri poco cambia, abbiamo un cervello, un’etica e dobbiamo agire. Ricordo ancora le litigate con qualche mio ex compagno che magari voleva fare il furbo sui ‘premi stagione’ a danno dei più giovani. ‘Si dividono in parti uguali, non centra niente il discorso dell’età, non sarebbe giusto…’, ah quanti pugni ho sbattuto sul tavolo!”.
Sempre dalla parte dei più deboli, Vito… “perché è da vigliacchi prendersela con chi non sa o non può difendersi”. Sempre a testa alta… “Perché la sera io devo andare a dormire con la mia coscienza apposto. Solo così posso essere un buon padre ed un esempio per i miei due figli, Roberto e Giorgio, che hanno anch’essi deciso di intraprendere il percorso calcistico”. Sorridiamo, forse abbiam trovato il soprannome, ‘sindacalista’? “Beh, da giocatore sicuramente sì. Ora forse un po’ meno… Il Capitale di Marx, però, l’ho letto (ride)…”.
La Pro Vercelli – Squadra giovane, compatta e organizzata. 4-4-1-1 di base, ben settato, disciplinato in ambe due le fasi, ma con un po’ di sana spensieratezza… “Perché a vent’anni, abbiamo molti giovanotti, è giusto esser spensierati! Un paragone? La mia Pro come ‘Io Vagabondo’ dei Nomadi, guarda te chi vado a scomodare! (ride) La carovana è partita dalle aule dei tribunali, ora speriamo di arrivare a destinazione! E poi è una canzone che mi fa riveder in tanti ragazzi quella legittima stravaganza… Sono sempre partite di calcio, non scordiamocelo…”.
Perché spesso, pur di parlare, siamo così portati a complicare le cose semplici… “Esatto, il calcio è un gioco, non è difficile. La base è il rapporto umano, la sincerità, la schiettezza, il trasmettere valori. Solo così puoi ottenere credibilità e applicazione. Il resto è tutto variabile, chi ragione per categorie può esser un genio sì, ma… Io amo il gioco palla a terra cominciando dal portiere, ma se vengono a prenderci alti in cinque o in sei? Vedi, tutto varia…”.
In conclusione – Salutiamo con un sincero abbraccio Vito Grieco. Un arcobaleno nel mondo del grigio. La sincerità delle sue parole è un grido forte di anticonformismo. Non solo nei termini strettamente calcistici di voler pensare tutto solo e soltanto in termini di numeri. La sua è una sincerità di valori. Quelli veri, quelli di una volta, quelli che non c'è globalizzazione che tenga. “Perché se noi, singolarmente, non possiamo cambiare il mondo. Non può nemmeno il mondo cambiare noi…”.
Per l'utilizzo delle foto si ringrazia la Pro Vercelli ed il fotografo ufficiale Ivan Benedetto.