Alti e bassi, gioie e dolori: due squadre, due maglie che hanno segnato una carriera durata più di vent’anni. Torino e Udinese occupano un posto speciale nel cuore di David Di Michele. E non potrebbe essere diversamente. Dalla qualificazione in Champions League con i bianconeri alla delusione per la lunga squalifica, che ne rimandò il tanto atteso esordio in granata, certi ricordi sono indelebili. Almeno in parte, riemergeranno quando, domenica prossima, davanti alla tv David seguirà la sfida tra le formazioni di Mazzarri e Oddo. “Il mio pronostico? 1-1”, dice Di Michele. Questioni di cuore? “Nient’affatto, non lo dico per non far male a nessuno: tutte e due le squadre sono in gran forma, dovrebbero equivalersi”. I 33 punti collezionati finora da entrambe danno, sulla carta, ragione all’ex attaccante. “L’Udinese potrebbe essere avvantaggiata dal fatto che, ormai, i giocatori hanno recepito a sufficienza le indicazioni di Oddo – spiega Di Michele ai microfoni di gianlucadimarzio.com -. Anche Belotti e compagni, però, sembrano aver preso confidenza con il gioco di Mazzarri: sarà una bella partita”. Che riporterà David ai vecchi tempi.
Tempi d’oro: 29 maggio 2005, Udinese-Milan 1-1. Tocco di esterno di Iaquinta per servire Di Michele che, al limite dell’area, si infila palla al piede tra Pancaro e Simic, per poi trafiggere Dida con il mancino.
Quel gol valse la qualificazione in Champions: fu un’emozione indescrivibile”, ricorda Di Michele. Qualche anno più tardi, ancora contro i rossoneri, l’esordio con il Toro: “Mi toccò attendere fino a novembre (per una squalifica dopo patteggiamento nella vicenda calcioscommesse, ndr) per scendere in campo con i granata. La gente si aspettava tanto da me, io avevo voglia di far bene e non vedevo l’ora di tornare a giocare”. L’ingresso sul prato di San Siro fu una liberazione per David. Che, di lì in poi, avrebbe vissuto due anni particolari con la maglia del Torino: dai gol alle critiche, dalla fascia di capitano in Serie B consegnatagli da Colantuono fino al trasferimento al Lecce.
A 33 anni “suonati”, Di Michele in giallorosso è stato protagonista di tre grandi stagioni. In più, nel 2011, ha anche condiviso lo spogliatoio con Oddo, oggi allenatore dell’Udinese. “Giocavamo con il 3-5-2, c’erano tanti giovani di qualità. Io e Massimo, insieme a Giacomazzi, facevamo da “spina dorsale” della squadra, parlavamo tanto in campo. Oddo, in particolare, aveva alle spalle una carriera straordinaria, esperienze di altissimo livello: era un grande nell’aiutare i compagni in campo, sembrava adatto al ruolo di allenatore. Eppure, all’epoca, non ne voleva sapere di stare in panchina…”. Il sogno del terzino, a quei tempi, era quello di diventare un direttore sportivo. “Si era laureato in Scienze Manageriali, ai tempi del Milan aveva avuto modo di ammirare il ruolo di Galliani e sognava di scovare giovani talenti. Qualche anno dopo, si è messo ad allenare - racconta Di Michele -. All’inizio, mi sembrò strano, oggi capisco perché ha scelto di cambiare strada: questo ruolo fa per lui, tutti lo apprezzano e le sue squadre giocano un calcio di alto livello”. Chissà che, con la cura-Oddo, l’Udinese non possa tornare di nuovo in alto. Come ai tempi della Champions con Di Michele o a quelli del quarto posto conquistato da Alexis Sanchez, Isla e Asamoah: “Onestamente, la vedo dura - spiega David -. I Pozzo stanno investendo tanto in Premier e, certamente, la gestione di due club di altissimo livello richiede anche un gravoso impegno economico. Così, se un tempo la politica dell’Udinese prevedeva quasi esclusivamente il tesseramento di giovani talenti, oggi in bianconero arriva anche gente di 32, 33 anni. E’naturale allora che, nelle ultime stagioni, si siano visti pochi ragazzi di grande prospettiva. Certo, se Barak e Jankto continuassero ad esprimersi a questi livelli…”. Mai dire mai. Anzi, “never say never”, per dirla all’inglese. Che Di Michele ha imparato in occasione della sua esperienza con il West Ham: “Lì c’è un modo completamente diverso di intendere il calcio. L’arbitro fischia, la partita finisce e non se ne parla più. Niente trasmissioni, discussioni e via dicendo. Da un lato, meglio così, però per un italiano sembra quasi paradossale”. Paradossale: un po’ come le cifre del calciomercato di oggi, dei 220 milioni per Neymar e dei 160 per Coutinho. “Belotti via per cifre-record? Io avrei accettato le varie offerte. Stimo tanto il Gallo ma credo che ripetere la scorsa annata sia davvero difficile. Quest’anno è stato frenato dai problemi fisici e per tornare al top servirà anche la giusta condizione psicologica: l’etichetta da 100 milioni, sotto questo punto di vista, potrebbe essere un peso”. Non è da sottovalutare, comunque, il fattore-Mazzarri: “Nel corso della sua carriera, l’allenatore ha dimostrato di saper esaltare gli attaccanti. Penso a Pazzini e Cassano ai tempi della Samp, così come a Cavani e Lavezzi - continua Di Michele -. Lo stesso Niang, nelle ultime partite, ha garantito le prestazioni che da lui in tanti si aspettavano. Credo che, al di là di Iago Falque che fin qui ha già fatto tantissimo, anche gli altri possano beneficiare degli schemi di Mazzarri. Ljajic compreso: se riuscisse a mettere le sue qualità a disposizione del gruppo, oltre che di sé stesso, potrebbe diventare determinante”.
Oggi, David Di Michele fa l’allenatore. Dopo l’esperienza in Serie C sulla panchina della Lupa Roma, ha da poco preso il patentino UEFA A, che gli permetterà di allenare fino alla Serie C: “Aspetto con grande trepidazione una chiamata, ho tantissima voglia di confrontarmi con questo nuovo ruolo nel quale ho deciso di calarmi”.
Magari, con un po’ di esperienza alle spalle, tra qualche anno David potrà ambire alla panchina dell’Udinese o del Toro: “Sarebbe in entrambi casi una bellissima avventura. Da un lato, sarebbe stupendo lavorare in una piazza tranquilla come Udine. Dall’altro, i granata hanno una storia importante ed una grande città alle spalle: ho commesso degli errori, io come anche altre persone. Il passato, però, può essere superato”.