Di un mondo diverso, di una terra promessa. Canta così Ramazzotti al Festival del 1984. Che è a Sanremo, ma non è sempre stato così. La manifestazione più importante della musica italiana ha le sue radici proprio in Versilia. La prima edizione è trasmessa radiofonicamente preso la Capannina Marco Polo. Poi si preferì investire sul Carnevale. Dal Festival alla mostra canina. Infine il calcio e il Torneo di Viareggio.
La prima volta nel 1948. Ad affrontarsi sono squadre rionali, a trionfare è il Bar Lencioni. L’anno successivo si inizia a fare sul serio. Partecipano Milan, Lazio, Sampdoria, Fiorentina, Livorno, Lucchese e la Selezione versilese Cgc. Ci sono anche tre squadre straniere, perché nel frattempo l’Italia sta facendo pace con Francia e Svizzera. Fra le strategie diplomatiche si punta sullo sport, di qui gli inviti a Olimpique Nizza, Rapid Mentone e Bellinzona.
Il Torneo di Viareggio è bello anche per questo. Non solo perché sia nato prima della Champions o degli Europei. Ma anche perché è l’emblema dello sport come strumento sociale. Lo ha dimostrato nel 2002, pochissimi mesi dopo l’attentato alle Torri Gemelle. Durante la cerimonia iniziale sfilano insieme una squadra di New York, una israeliana – il Maccabi Haifa – e una palestinese, l’Arab Jerusalem. Lo aveva dimostrato già molto tempo prima quando, in piena Guerra Fredda, una città governata dalla Democrazia Cristiana accoglieva annualmente formazioni della Romania, della Bulgaria, dell’Urss.
Sono passati 70 anni da Cgc Viareggio-Livorno, prima partita della storia del torneo. Altrettanti dal gol di Cecchini e dalle cronache di Fulvio Bernardini, che nel frattempo aveva smesso di giocare a calcio e che era diventato inviato del Corriere dello Sport. Qualche mese dopo diventerà allenatore della Roma, prima di vincere gli scudetti con Fiorentina e Bologna. C’è anche lui nella storia di questo torneo.