"Io quella macchia non posso levarla". Era in campo, quel giorno, Franceschini. Solitamente del calcio si ricordano le imprese, i momenti di gloria. O di gioia, che non è sempre vincere titoli o trofei. Basta un gol, a volte. O una vittoria difficile. Ma c’è un lato B che racconta l’anatroccolo rimasto brutto, senza lieto fine. Che poi, a dirla tutta, il lieto fine in quel Torino-Genoa del 24 maggio 2009 per i liguri ci fu eccome, anche se un po’ annacquato. Riavvolgiamo il nastro: Serie A, il Torino partiva carico di speranze, come il Genoa. Bianchi era arrivato tra i granata, un certo Milito era appena tornato genoano dopo gli anni al Saragozza. La stagione parte con De Biasi (ora all'Azerbaigian), poi esonerato al posto di Novellino, che a sua volta lascia la panchina a Camolese. Nel Genoa, invece, Gasperini.
Passano i mesi: i rossoblù puntano la Champions League, i granata a non retrocedere. E quella calda domenica di fine maggio si giocano il tutto per tutto all’Olimpico, nella penultima partita stagionale. Al 32’ segna Milito su rigore, poi pareggia Ivan Franceschini, quindi Ruben Oliveira e poi Bianchi. Il Toro ci crede, il Genoa pure, perché al “Via del Mare” si gioca Lecce-Fiorentina (che coincidenza) e i liguri avrebbero potuto superare i viola con una vittoria, raggiungendo il quarto posto. Non era ammesso altro risultato: a parità di punti, il Genoa ci avrebbe rimesso. Lo stesso vale per i granata: vincere avrebbe voluto dire superare il Bologna e mettere le mani sulla salvezza; perdere avrebbe significato la condanna. Che firma proprio Milito: 89’, l’argentino va di nuovo in gol. 2-3, succede di tutto.
"Rissa momento difficile"
I tifosi iniziano a insultarsi, da quel giorno si romperà un gemellaggio quasi secolare. E in campo si accende una rissa. “Fu un momento davvero difficile”, racconta a Gianlucadimarzio.com Franceschini. “Giocavamo tutti con gli occhi sul campo, ma le orecchie anche alle altre partite: c’erano 4-5 combinazioni possibili”. Si ricorda tutto, come fosse ieri. “Avevo ripreso a giocare con l’arrivo di Camolese”, spiega: nove partite su nove. E due reti: entrambe inutili (contro il Milan finì addirittura 5-1). “Eravamo vicinissimi alla salvezza, per me sarebbe stata l’occasione del riscatto” dopo una stagione ai margini. Si ricorda tutto di quell’anno: gli errori della squadra, i risultati delle avversarie, gli incroci che avrebbero portato alla salvezza.
“Si dice sempre che a un giocatore non interessi, perché guadagna tanti soldi. Tutte balle”. Non dice proprio così, parafrasiamo. D’altra parte, per un difensore roccioso come lui, anche il linguaggio non può che essere duro. “Io ho ottenuto cinque promozioni in carriera, ma anche quattro retrocessioni: mi è rimasta più questa macchia. La delusione è di un gruppo che vede sfumare il lavoro di un anno, di una squadra che in quella stagione, dopo tante difficoltà, era tornata a crederci”. Ma cosa è accaduto in campo? “Mi ricordo parecchio sconforto. Le squadre litigarono in maniera accesa”, conferma. “Ma per fortuna non si andò oltre un certo livello. Però quando siamo tornati nello spogliatoio c’era un silenzio incredibile: avevamo capito che eravamo spacciati, fu molto pesante”.
Il Torino la giornata dopo si vede ufficializzata la retrocessione, il Genoa non riesce a superare la Fiorentina: Europa League. Un buonissimo risultato, anche se la Champions era lì a un passo. Ora, Torino-Genoa è di nuovo scontro di fuoco. E scontro tra due ex compagni di Franceschini: Nicola quando giocava proprio nel Genoa; Longo che ha conosciuto alla Lucchese e ha rincontrato nel Chievo dopo. Quello di Delneri.
Di Ivan si potrebbe dire parecchio: dalle vesciche che ricorda ancora durante i ritiri estivi, all’infortunio al tendine del ginocchio che divenne un caso di studio. “Un po’ come ora lo è Gasperini, prima era solo un precursore”, commenta ammirato, con gli occhi di chi da sei anni fa pure l’allenatore e aspetta un’occasione. Andrebbe avanti a parlare di calcio per ore, ma quando ripensa a quel Toro-Genoa, si ferma: “Poteva essere la mia occasione per restare”. Quell'epilogo anche per lui significò un addio. Dopo undici anni, Torino e Genoa tornano a vivere una partita davvero decisiva. Tra salvezza e baratro.