La novità della stagione calcistica 2021/2022 si chiama pubblico. Nelle prime due giornate di campionato i tifosi sono tornati sugli spalti, seppur al 50% della capienza delle strutture, muniti necessariamente di Green Pass.
I problemi, però, non sono mancati. Se da un lato tifosi e calciatori vivono con gioia questo inizio di stagione, dall’altro bisogna fare i conti con alcuni aspetti che circondano il mondo del pallone. E uno dei più delicati riguarda le figure degli addetti alla sicurezza.
Più lavoro e meno lavoratori
Più compiti da svolgere e meno personale disponibile. È questo il quadro che emerge dopo le prime due giornate di Serie A. Il controllo del Green Pass e della temperatura corporea sono passaggi che si aggiungono alla verifica dei biglietti e dei documenti di identità, ma a questo aumento delle mansioni non è corrisposto un incremento proporzionale degli steward.
I motivi di questa tendenza sono diversi, secondo Tony Freddoneve, titolare e responsabile della formazione degli steward per “Isola dei gabbiani”: “Dopo un anno e mezzo di stop, si sono persi tanti steward: non hanno avuto nessun aiuto, visto che hanno contratti a chiamata, e alcuni hanno trovato altre occupazioni. Un altro punto è il reddito di cittadinanza: molti lo hanno richiesto e non possono fare questo tipo di lavoro. Il compenso, inoltre, è basso e questo non incentiva chi ha un altro impiego a fare l’addetto alla sicurezza”.
Il problema della retribuzione
Proprio le retribuzioni – che vanno dai 25 ai 50 euro, con una media di 37 euro – rappresentano un punto critico della mancanza di personale. Dal 2018 è stato anche abolito il pagamento con voucher per le prestazioni occasionali, una misura che ha generato non pochi problemi: “Uno steward di media fa due partite in casa al mese – dice Bruno Cannizzaro, Chief of Staffing Services di Vivaevents – e guadagna dai 60 ai 100 euro mensili, quindi dai 600 ai 1000 annui. Noi compravamo i voucher già tassati e i soldi che arrivavano a loro erano esentasse. Ora invece il compenso è minore”.
Rispetto al periodo della pandemia, nei quali sono stati sospesi i corsi di formazione, il numero di steward è aumentato, senza però ritornare ai livelli pre-Covid. Secondo i dati in possesso di Cannizzaro, “in questo momento noi abbiamo solo il 40% della forza lavoro di due anni fa”. Una situazione critica, ma già a conoscenza dei vertici del calcio da tempo e che il Covid-19 ha solo accentuato: “Già nel dicembre 2019 – racconta Cannizzaro – abbiamo indetto una riunione con Figc, Osservatorio e Leghe, segnalando che la situazione steward si stava assottigliando. Poi è arrivata la pandemia, che ha chiuso gli stadi. A marzo abbiamo inviato un’altra mail illustrando nuovamente il quadro, ma non abbiamo ricevuto indicazioni, se non quella di far lavorare i nuovi steward che avevano fatto otto ore di pratica”.
Questione Green Pass
La carenza di addetti alla sicurezza si è ripercossa parzialmente sui controlli negli stadi in questo inizio di campionato: “C’è stato tanto caos in alcuni frangenti – sostiene Jacopo Musciolà, presidente di SIA (Steward Italiani Associati) –, perché nonostante le società si siano organizzate al meglio, non si sono comunque evitati gli assembramenti fuori dagli stadi per il controllo del Green Pass. Alcuni palmari non funzionavano, se non all’ombra, per esempio”.
I tempi dilatati nei controlli, tuttavia, non dipendevano solo dalla mancanza di steward, ma anche dalla natura del Green Pass: “I metodi di controllo sono sbagliati – dice Musciolà –, ma non si può fare altrimenti. L’ideale sarebbe che il Green Pass venisse associato ai biglietti dei tifosi, ma questo sarebbe violazione della privacy, perché il lettore non può memorizzare la certificazione in associazione all’identità della persona. Tutto questo ricade sugli addetti alla sicurezza, perché sono pochi e la mole di lavoro è aumentata”.
I “trasfertisti”
Questo quadro critico del mestiere dello steward si riflette anche sulla sua vita. Nel corso degli anni si sta delineando con maggiore frequenza la figura del “trasfertista”, colui che viene chiamato a lavorare in una città o regione d’Italia diversa dalla sua, distante anche centinaia di chilometri.
“Si stanno susseguendo operazioni di caporalato – dice Cannizzaro –, utilizzando gli steward come pacchi postali da spedire al migliore offerente. Vengono prese persone dal Sud e mandate al Nord per tre giorni, con una retribuzione di 120-160 euro, in condizioni a volte invivibili”.
Il futuro degli stadi
La situazione è delicata, ma secondo molti addetti ai lavori non c’è la giusta attenzione. Dal futuro del mestiere dello steward dipende anche quello degli stadi e, di conseguenza, del calcio. Il Green Pass è stata una misura necessaria, perché “altrimenti questo settore sarebbe morto”, dice Freddoneve. “Non si poteva continuare a porte chiuse e il pubblico è importante per un fattore economico e sportivo”.
Risolto un problema, però, ne resta uno forse meno evidente, ma altrettanto grave. “Io mi auguro – spera Musciolà – che il governo, prendendo atto della criticità del momento, vada a fondo sulla vera problematica: perché le persone non vogliono più fare gli steward? A queste condizioni siamo consapevoli che non conviene più. E se non cambia qualcosa non si risolverà nulla”.
“La situazione è tragica – conclude Cannizzaro –. Partecipando ai Gos (Gruppo operativo di sicurezza, n.d.r.), che si tengono due volte prima degli eventi sportivi, è stato detto che se non verrà raggiunto un certo numero di steward presenti non sarà possibile aprire tutto lo stadio. E, andando avanti così, il rischio è che alcune strutture possano chiudere del tutto”.