Con gli scarpini da calcio, ma anche in giacca e cravatta: cambia poco. La ricetta per il successo è sempre la stessa. Andriy Shevchenko si prepara a una nuova avventura sulla panchina del Genoa, con il sogno di ripetere quanto fatto da calciatore anche nelle nuovi vesti di allenatore. “I presupposti ci sono tutti: Andriy ha ancora una mentalità vincente e con la nazionale l’ha dimostrato a un intero Paese”. A spiegarlo - ai microfoni di gianlucadimarzio.com - ci ha pensato Yevgen Shakhov, ex centrocampista del Lecce e dell'Ucraina.
“Il mio percorso con la nazionale maggiore è nel segno di Sheva: dall’esordio al primo gol, con lui ho condiviso momenti importanti - racconta il 30enne, oggi all’AEK Atene -. Per il nostro Paese, Andriy rappresenta qualcosa di sensazionale. Ha rivoluzionato il modo di vedere il calcio, trasformando la sua ambizione in quella di un'intera squadra. Già quando giocava, ha dimostrato ai giovani ucraini che - lavorando sodo - si può raggiungere qualsiasi obiettivo. Persino la Serie A, il Milan, la Champions e il Pallone d’Oro. E lo stesso ha fatto da allenatore. Quando vedevo la nazionale, da bambino, la storia era sempre la stessa: i grandi avversari li aspettavamo nella nostra metà campo, provando a pungerli al momento giusto. Grazie a Shevchenko, però, oggi non è più così”.
La filosofia di Sheva
“Abituato a grandi traguardi da calciatore, Andriy entra in campo ancora oggi con l’obiettivo di fare la partita, senza però rinunciare al giusto equilibrio. La nostra Ucraina aveva un’idea di gioco e provava a concretizzarla in ogni match”. All’inizio, non è mancato un po’ di scetticismo. I risultati, però, hanno dato ragione all'ex numero 7.
“La bravura di Sheva sta nell’adattarsi all’avversario di turno. Dopo aver preso confidenza con tutti i giocatori a disposizione, in nazionale è riuscito a usare due moduli, ognuno in grado di offrire più soluzioni in base a chi dovevamo sfidare. 4-3-3 e 3-5-2, due schieramenti differenti che però interpretavamo con la stessa filosofia. Il primo è sicuramente più vicino allo stile di gioco di Sheva, il secondo ci ha aiutato a raccogliere punti in partite importanti”.
Quando si dice: fare di necessità virtù. A Criscito e compagni, oggi diciassettesimi e in lotta per la salvezza, un po’ di duttilità tornerà utile. Se da una parte è poi vero che Shevchenko ha avuto a disposizione anni per plasmare la sua Ucraina, dall’altra c’è da dire che, a Genova, lavorerà quotidianamente con i suoi giocatori: i primi risultati non dovrebbero tardare a farsi vedere.
Poche parole?
Quanto alla leadership dell’ex centravanti, poi, Shakhov non ha dubbi: “Parla poco? Non direi. In Nazionale è riuscito a costruire un gruppo affiatato, sa come portare lo spirito giusto all’interno dello spogliatoio, non potrebbe essere diversamente dopo gli anni trascorsi nel Milan di Berlusconi. Sapeva come caricarci prima delle partite”.
Tassotti e Maldera
E lo staff? “Di altissimo livello: Maldera e Tassotti sono strepitosi”. Match analyst il primo, vice-allenatore il secondo, i due sono da anni tra i fedelissimi di Sheva. “Non solo tra una gara e l’altra, ma anche a partita in corso, Andriy sa cambiare volto alla squadra. Ricordo tante volte in cui, a decidere il match, sono stati giocatori che partivano dalla panchina. Uno su tutti, Cyhankov contro la Spagna. Finì 1-0 per l’Ucraina: Maldera e Tassotti fanno la differenza con i loro consigli. Studiano l’avversario, riflettono con l’allenatore e preparano una tattica per colpire al momento giusto”.
Ambizioso e multiforme, partita dopo partita ma pure durante i novanta minuti: il nuovo Genoa potrebbe essere così. Welcome to Sheva. Curiosi di scoprirlo, non resta che pregustarlo.