Il suo nome, di origini slave, vuol di pace. Sarà un caso, ma rispecchia totalmente l’identikit di Mirko Cudini, per sua stessa ammissione: “Difficilmente litigo con qualcuno. Sono una persona pacifica che si mette sempre a disposizione per gli altri”. Quest’anno ha allenato il San Nicolò Notaresco, squadra abruzzese protagonista nel Girone F di Serie D. I suoi ragazzi, hanno sfiorato i playoff centrando il settimo posto in classifica con 54 punti, nello stesso girone del Cesena, per intenderci. Ma riavvolgiamo il nastro. Nessuno gli ha regalato niente, sia da bambino che da calciatore. Mirko è partito dal basso, con voglia e ambizione: “Il calcio per me era un sogno. Inizialmente non hai la percezione di poter diventare un calciatore, poi arriva un momento in cui senti dentro di te che qualcosa sta cambiando”. Quel momento per lui è stato l’approdo alla Salernitana. Eppure la strada non fu per nulla in discesa, infatti con una nota di tristezza ricorda: “Persi mio papà molto giovane. Questo spiacevole evento mi ha responsabilizzato molto e mi ha fatto crescere prima del tempo. E’ stata anche una motivazione in più”.
Dai dilettanti alla massima serie. Due le maglie tatuate sulla sua pelle: Ascoli e Salernitana: “Alla prima sono molto legato, anche perché segnai la rete del momentaneo 1-0 contro il Milan”. Quella della Salernitana, invece... “E’ stata l’esperienza che mi ha fatto sentire a tutti gli effetti un calciatore e che mi ha lasciato di più dentro a livello di sensazioni”. Tre gli allenatori che gli hanno lasciato un segno, facendogli capire la strada da intraprendere per il futuro. Il primo Delio Rossi, proprio nell’esperienza a Salerno: “Non dava molta confidenza, parlava poco ma lavorava tanto. Con uno sguardo ti faceva capire molto”. Poi è il turno di Marco Giampaolo: “Da un punto di vista tattico è incredibile, ha un modo di lavorare che lascia il segno”. Infine un pensiero per Emiliano Mondonico: “Mi ha allenato a Torino, e mi ha fatto esordire in Serie A con tutti i rischi che avrebbe potuto correre. Lui era speciale, anche fuori dal campo. Aveva una capacità gestionale e una sensibilità unica”.
Dal campo alla panchina, un passaggio quasi inevitabile per chi fa del calcio e dello sport una specie di culto come Mirko Cudini. Anche qui alla base del “successo” c’è il lavoro. Testa bassa e pedalare: “Per chi ha fatto il calciatore a volte sembra scontato avere un’opportunità tra i professionisti, ma non è così per tutti. Bisogna sapersi mettere in gioco”. La prima opportunità, arriva con la Juniores della Sambenedettese, poi il salto nel mondo dei grandi: “Non sono uno a cui piace star fermo. Voglio lavorare, mettermi alla prova”. La prima vera sfida, si chiama Sangiustese, in Eccellenza. La squadra, partita con obiettivi di promozione in Serie D, decide di cambiare allenatore dopo un inizio non facile e sceglie Mirko Cudini: “Volevo vincere subito, ma sapevo che non sarebbe stato facile”. Alla fine la promozione arriva con tre turni d’anticipo: “E’ stata una grande cavalcata. Avevo a disposizione un grande gruppo di uomini, solo così si possono vincere i campionati”. Mirko è deciso, vuole il salto di categoria, e infatti ci confessa: “Salutai di comune accordo con la società, avevo la prospettiva di andare in Serie C”. Nulla da fare. L’ex Ascoli resta senza panchina, e tutto ricomincia, ancora dai dilettanti.
Stagione 2018-2019, destinazione San Nicolò Notaresco: “ Ho trovato una società seria, e ho deciso di rimettermi in gioco”. Riparte dal suo credo, dal suo calcio e dalla sua passione: “Allenare mi fa sentire bene. Credo in un calcio propositivo, la mia squadra non deve mai aver paura. L’obiettivo è quello di entrare in campo pensando di vincere e non di non perdere. In novanta minuti si può battere chiunque”. L’aspetto più importante che ricerca è l’identità: “E’ fondamentale. Avere un’identità precisa è un aspetto imprescindibile”. Poi aggiunge: “Una squadra per raggiungere degli obiettivi deve credere nel suo lavoro”. Senza mezzi termini. Senza alcun giro di parole. Da allenatore così come da calciatore. Quest’anno la sua squadra è andata ben oltre le aspettative: “L’obiettivo era la salvezza. La squadra è andata ben oltre le aspettative e bisogna ringraziare questi ragazzi”. Ora uno sguardo al futuro: “Non mi precludo nulla. Certo confrontarmi con una realtà professionistica sarebbe uno step importante. Una cosa è certa: voglio alzare l’asticella dei miei obiettivi”. Un sogno? “Riuscire a raggiungere da allenatore i risultati raggiunti da calciatore”. Salutiamo Mirko, in attesa della prossima stagione, per ora solo mare, relax e footgolf.
Credits foto, Ufficio stampa SN.Notaresco