Maglia numero 10, tecnica sopraffina, visione di gioco. Joaquin Correa, al momento, ha un unico grande difetto, per la disperazione dei tifosi della Sampdoria: raramente centra il bersaglio. Tre le reti in questa stagione, peraltro inutili ai fini del risultato. Lo stesso argentino è consapevole di questa lacuna: "E' bello imparare e io devo migliorare sotto molti aspetti" - si legge nelle pagine de La Gazzetta dello Sport - "Non so difendere bene e nel cercare di farlo commetto molti falli. Ma il gol è fondamentale, porta fiducia e convinzione, so che devo migliorare. Ne ho sbagliato uno clamoroso con l'Inter, da un metro. Sul momento fa male, ma poi ti aiutano a crescere".
Passione? La maglia numero 10 e i giocatori talentuosi: "Il dieci mi piace, lo usavo nelle giovanili dell'Estudiantes, poi in prima squadra. Qui appena si è liberato ho chiesto di averlo. Il fatto che mi sia stato affidato mi ha fatto capire quanta fiducia c'era nelle mie capacità. Veron? Non è stato solo un idolo, ma un padre calcistico. E' stato bello giocare con lui e segnare il mio primo gol, contro il San Lorenzo, proprio nella partita del suo addio al calcio. Alla Samp mi ha ceduto il 'presidente' Veron, che mi parlò della sua esperienza in blucerchiato, di quanto era stato bene alla Samp, di Genova, di dove mangiava. Cosa volesse dire l'ho scoperto in questi mesi".
Altro idolo? Riquelme: "Ho sempre adorato i giocatori che portavano la 10 e Riquelme è uno di questi. Ho delle giocate simili alle sue? Sono cose che vengono dalla fiducia in se stessi. Qui, però, ho imparato che viene prima la squadra. Ho persino messo su qualche chilo di muscoli". Cassano? Da lui si può solo imparare: "Lo osservavo da bambino, in tivù in Argentina e continuo a imparare tanto da lui. Alvarez? Siamo più simili. Insieme possiamo aiutare la Sampdoria. Obiettivi? Un posto nell'Argentina per le Olimpiadi di Rio, vincere con la Sampdoria e fare ancora qualche gol. Ne ho fatti sette in carriera, vorrei arrivare a 10".