Calcio e non solo. La fragilità della vita, il rapporto con l’autodistruzione, la bellezza delle parola e la forza delle emozioni. Le sfumature di Walter Sabatini.
Il direttore sportivo è stato ospite della Milano Football Week, organizzata da La Gazzetta dello Sport. “Walter Sabatini, il mio calcio furioso e solitario”, l’evento in cui l’ex ds della Salernitana è intervenuto.
Dalla Roma all’esperienza in Cina, passando per Salerno e Spalletti, sono stati tanti i temi affrontati.
Le prime parole su Luciano Spalletti e lo scudetto vinto: “È stato l’artefice di un capolavoro. Penso non sia replicabile l’impresa fatta da lui a Napoli. Una squadra che ha onorato il calcio come lo intendo io”. Sabatini ha poi parlato della situazione che coinvolse l’allenatore e Totti a Roma: “Francesco a Roma non è un essere umano, è una entità metafisica. Sono stato un suo grande ammiratore. Le cose più belle calcisticamente parlando, le ho viste da lui. Il suo era un calcio immaginifico, quasi artefatto. Un fuoriclasse. Però Spalletti era l’allenatore e doveva fare le sue scelte. Le cattiverie che ho sentito su di lui e la sua famiglia sono state insopportabili. E io mi schiero con lui in quella vicenda. Sebbene abbia un grande affetto per Totti”. E sul possibile rinnovo col Napoli: “Nessuno conosce la sua testa, neanche lui. Il calcio è un’emozione collettiva. Quando fai una prodezza come l’hai fatta a Napoli e muovi una gioia così grande, non puoi scappare. Devi capitalizzare quella felicità che hai distribuito in una città intera”.
Sabatini e l’esperienza con Capello
Durante l’evento è intervenuto anche Capello, con cui Sabatini ha condiviso l’esperienza in Cina: “Se sono andato in Cina è per colpa e merito di Walter. Mi disse che dovevamo salvare la squadra di Suning. Io, lui e Massara riuscimmo a farlo. La cosa più bella con lui era la sofferenza nel viaggiare dall’Italia alla Cina. Nei viaggi in aereo ogni volta si precipitava nella zona fumatori”. Ha poi continuato Sabatini: “Ricordo delle cene incredibili, con lui, Massara. Capello è una persona imprevedibile. Una persona ricca di umanità, oltre che essere un grande allenatore. Di lui ho sempre in mente queste immagini. La prima riguarda il giorno che sconfisse con il Milan il Barcellona di Cruijff. Non mostrò nessun segno di esaltazione. La seconda in Cina. Ci fu una partita decisiva e al gol del pareggio fece una corsa incredibile”.
Sabatini e l’Inter
Sull’esperienza all’Inter, definita nel suo libro ‘una delusione cancerogena’, questo il racconto di Sabatini: “Ho fatto un errore nell’accettare di avere un ruolo esterno. E quando è così non rappresenti nulla per la stampa e i dipendenti. Sapevo che sarebbe successo, ma decisi di firmare comunque. Questa richiesta di Steven Zhang la accettai con superficialità. All’Inter non ho espresso quello che ho espresso in sei anni a Roma. Chiedo scusa ai tifosi dell’Inter. L’Inter meritava un impegno a tutto campo. È uno degli errori più grandi che ho fatto. E un altro errore è stato lasciare l’Inter. In 8 mesi ho lasciato unilateralmente Roma e Inter. Penso sia un record”.
L’amore per Roma
Tra i momenti più importanti nella sua vita ci sono sicuramente gli anni di Roma: “È stata la mia vita. Sei anni di formazione, sofferenza e godimento. Momenti di esaltazione e incazzature. Odio Venditti per quanto è bravo e per quanto mi ricorda la Roma”. Sul rapporto con l’ambiente che circonda il mondo giallorosso: “Aggressivo. E io rispondevo con la stessa aggressività. Una volta fuori da Trigoria, ero con la mia Smart e un gruppo di persone mi fermò e mi fecero delle contestazioni calcistiche. Uno mi mandò a quel paese. Io inchiodai, tornai indietro e urlai ‘chi è stato?’”. Infine, un aneddoto su Capello: “Quando sono andato a Roma una figura storica del club mi diceva sempre ‘Quando c’era capello anche le macchine erano parcheggiate bene’”. Subito la conferma dell’allenatore: “Feci disegnare i parcheggi e ognuno aveva il suo”.
Sabatini e i giocatori
Tra i calciatori avuti nella sua carriera, un pensiero speciale per Pastore: “Un giocatore incorporeo. A Roma non ha mai espresso le sue qualità. Il Pastore che ho avuto a Palermo era un giocatore magico. I primi 6 mesi a Parigi fece benissimo. Zamparini si emozionò la prima volta che lo vide in campo”. Un retroscena sulla trattativa per portarlo a Palermo: “Era un giocatore che in Argentina godeva di una fama importante. Ho assediato lui e il procuratore per una settimana. Tutti i giorni ero davanti al suo ufficio a Buenos Aires”. Un legame profondo con i suoi calciatori: “Amo i miei giocatori. Sono carne della mia carne. Ho avuto Nainggolan, un delinquente. Ma era un giocatore fantastico. L’ho amato tanto, anche se so che mi prendeva per i fondelli. I calciatori sono molto fragili”.
La Salernitana, Mihajlovic e il coma
Un pensiero su Salerno: “La gioia della mia vita professionale. Credevo nella salvezza ed è stato appagante. Ho ricevuto tanto amore e tanta stima. Se avessi frenato il mio parlare sarebbe potuta continuare quel rapporto. L’emozione più grande l’ho provata in quei sei mesi. Una città educata, generosa che amo profondamente”. La Sampdoria: “Con Ferrero successe una stupidaggine. Dopo una sconfitta a Bologna, lui arrivò urlando e voleva entrare nello spogliatoio. Ci siamo spintonati. Ma quando un ds spintona il suo presidente è come dimettersi”. È un ricordo speciale per Mihajlovic: “La sua è stata una lezione di generosità. Spesso faceva dei video per persone malate. Era sempre pronto per tutti. E intanto affrontava la malattia. Un coraggio inammissibile quello con cui ha affrontato la sua malattia. Mi ha insegnato come si affronta la tragedia con dignità”. Infine, il racconto dei giorni in coma: “Il 7 settembre 2018 ho smesso di respirare. Ho pensato di morire. Sull’ambulanza la dottoressa continuava a dire che non ce l’avrei fatta. Ero terrorizzato dalla morte. Sono stato in coma 25 giorni”. E sul rapporto con il tema dell’autodistruzione: “Il senso di colpa è un sentimento che ti perseguita. Mi sento responsabile di tutto. Quando un giocatore sbaglia uno stop, io mi dimetterei. Vivo le cose in maniera esagerata”.
Una formazione ideale? “Troppo difficile. In panchina Nils Liedholm. E poi mi immagino un cross di Francesco Rocca con inserimento di Pierino Prati che insacca. Insacca giusto? Ai miei tempi si diceva così”. Leggi anche - Walter Sabatini: "Ho cercato più volte di suicidarmi"
A cura di Nicolò Franceschin