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Roma, Spalletti: “I fischi non me li merito, la guerra tra me e Totti non c’è mai stata”

Spalletti lascia la Roma. Le strade tra lui e i giallorossi si separano dopo una stagione complicata dal punto di vista emotivo per l’allenatore toscano, che ora è pronto ad affrontare una nuova complicata sfida. A Milano, all’Inter, dove sembra ormai certo il suo arrivo. Oggi però, dopo l’annuncio ufficiale d’addio in mattinata, è ancora tempo di parole per la Roma e per i suoi pensieri sulla stagione e sul suo ultimo anno e mezzo. Così, in una conferenza stampa, Spalletti si racconta, prima di lasciare Roma per la seconda volta.

“Avendo conosciuto Monchi, per la sua qualità, anche per me sarà un rimpianto non poter lavorare con lui. Penso che in questo momento ci sia bisogno di punti di riferimento, dopo l’addio di Totti, che abbiano una professionalità spiccata e Monchi ha queste caratteristiche e sono convinto che riuscirà che compatterà le risorse della Roma, dove non ci sono riuscito io. Se riesce, sara una Roma fortissima e ringrazio il direttore”.

“Ringrazio tutte le persone che ho avuto vicino, a quelli che sono stati dietro le quinte, che preparano tutto per renderci il lavoro più facile. Tutte quelle persone che viaggiano a fari spenti per i corridoi di Trigoria, dai ragazzi in cucina ai calciatori, la società, tutti gli staff che ci sono. Grazie a loro si lascia una Roma forte e che può guardare al futuro. Io non devo dare voti alla stagione, lo dovete fare voi. Voglio solo dire che ho lavorato in modo profondo e serio per fare il bene di questa squadra, con il mio metodo di cui mi fido, ho tentato di metterlo in pratica e siamo arrivati a questo punto”.

“I risultati fanno la differenza nel calcio. La fotografia migliore è stata la serietà di questo gruppo, che è il passaporto per fare un buon campionato. Se non si lavora in maniera seria e corretta, è impossibile fare buoni risultati”.

“Tutto passa per la qualità di un modo di lavorare, di far capire ai calciatori quale sia l’obiettivo. Secondo me abbiamo lavorato in maniera corretta e seria. Poi ci sono gli episodi, ma la cosa più importante per me è lasciare una Roma forte, con individualità importanti, che si è comportata da collettivo. Si poteva far meglio, forse lì non ci sono riuscito, non abbiamo remato tutti dalla stessa parte. Le potenzialità di questa squadra e della società sono importanti”.

“Per certi versi sembrava una festa, per altri un addio: è stato il saluto di un grande fenomeno che è Totti. Questo è un ambiente molto forte e bello, e mi dispiace lasciarlo. Di errori ne ho fatti, li giudicherete voi. Sono stato coerente, forse ho detto cose forti ma se le ho dette vuol dire che erano necessarie. Sono quelli i momenti fondamentali, che smuovono. Non si può tornare indietro, i fischi domenica li ho sentiti e percepiti e non vengono da una mia coscienza, ma di qualcuno che ha voluto deporre una guerra interna tra me e Totti che non esiste. Quei fischi non me li merito, per come sono fatto e ho lavorato. Si è voluto marciare su questa storia e può creare difficoltà per una Roma futura che io non voglio dare. A chi ha voluto portare avanti questa divisione, chiedo di fare un lavoro diverso”.

“Con Francesco rimarrò amico ugualmente. Continueremo a
rispettarci in tutto e per tutto. Con lui il rapporto è sempre stato corretto e
di stima reciproca, anche in quelle scelte che poi sono dispiaciute prima di
tutti a me. Non c’è un risultato che ha determinato la mia partenza. Il mio
obiettivo è sempre stato quello di fare il miglior risultato possibile per la
Roma, io ho il mio ruolo. Non so se sono stati giusti o sbagliati. Questa
divisione mi dispiace, avrò sbagliato qualcosa anche se non la penso così.
Domenica mi hanno fischiato e i fischi non mi sono piaciuti, mi hanno fatto
male”.

“Abbiamo perso fondamentali ma se chi mi ha fischiato fosse
stato nella mia testa dopo quelle sconfitte, non mi avrebbero fischiato. Alla
Roma c’erano qualità importanti nel gruppo, ma la Juventus non ha fatto avvicinare
nessuno in campionato e ha meritato di vincere; negli altri contesti per
vincere abbiamo fallito le partite fondamentali. L’anno scorso somigliavamo al
Napoli con la presenza di Keita e Pjanic, che sono maestri nel fraseggio e nel
palleggio; quest’anno abbiamo fatto una scelta diversa, che ha pagato: ha
allungato la squadra, Dzeko ha fatto tantissimi gol e se si pensa che è stato
messo in discussione anche quest’anno, immaginiamo le potenzialità future.
Dzeko è un ragazzo sensibile e le cose che si sono scritte l’hanno disturbato”.

“Se Monchi lavora bene e con calma darà un contributo maggiore
alla squadra. Squadra e dirigenza vanno supportati. Non è andata bene come
andrei voluto, non voglio sentir dire che però questa sia stata un’edizione di
passaggio. Totti è un grandissimo calciatore e lascia un vuoto difficilmente
colmabile. Per questo c’è bisogno di stare uniti. L’esaltazione di un singolo
portata ai massimi livelli disturba anche l’individuo, anche se lui non ne ha
risentito perché è stato forte e si è preso comunque le sue responsabilità, ma
appiattisce anche gli altri. Quando io difendo gli altri, per voi è diventato
andare contro di lui. E’ segno che in questo ho fallito, perché la Roma ha
potenzialità di testa, di città, di strutture”.

“Nemico di Totti? Fa parte sempre di chi ha voluto
descrivere un rapporto così. Sono diventati ritornelli. Spero che ci sia
qualcuno che abbia avuto comprensione per le scelte che ho fatto in alcuni
momenti. Io quando sono arrivato la Roma era in difficoltà di gioco, non c’era
una situazione che lasciasse intravedere un’uscita veloce da questa situazione.
Ho dovuto prendere delle decisioni. In questa Roma ha giocato poco, ma questa
squadra ha fatto dei record, e questo non tocca la sua grandezza. Se ci fossero
applausi non sarebbe cambiato niente. Ora che Totti si renderà conto che anche
il dopo sarà il bello, magari racconteremo qualcosa insieme e stringerò ancora
di più il rapporto con lui. Per me i calciatori non sono tutti uguali, guardo
come lavorano e tutte le componenti. Spero che continui Francesco, se ero io il
problema della sua permanenza. Non sono io che ho fatto smettere Totti, ha
smesso da solo. Anche l’età che ha gli impone di smettere. Penso di averlo
fatto giocare anche un anno in più”.

“Dopo il derby perso si annusava timore nello spogliatoio di
non trovare le risorse per reagire, avendo Milan e Juventus da affrontare. Si è
cominciato a lavorare sul piano mentale per trovare motivazioni e si è lavorato
bene. C’è il rischio che si prosegua a stare senza titoli se non si fanno le
giuste richieste alla squadra, vanno fatte in modo obiettivo. Ci devono essere
solo Monchi, che è il responsabile tecnico, e il sentimento degli sportivi,
senza troppi mediatori. Spero che parli molto a chi ama la Roma. Il pensiero di
lasciare è maturato nel percorso. Ho dette delle cose che andavano mantenute.
Ero convinto di poter vincere”.

“Sono una persona libera, ma finora non ho avuto contatti con altre squadre. L’idea che si fa la gente su quelle che sono le mie scelte, ognuno reagirà in modo diverso e quello che verrà detto non mi disturberà più di tanto. Da qui in avanti parlerò con chi vorrà fare uso della mia persona come allenatore, come metodo e come faccia. Se mi piace ciò che mi propongono, organizzerò il prossimo futuro. Spero che sia uno fra Montella e Di Francesco ad allenare la Roma perché conoscono la squadra e hanno fatto vedere le qualità umane e tecniche che ci vogliono. Il ricordo della Roma per loro non è stato cancellato. Dalla società ho ricevuto tutto quello che mi aspettavo, anzi forse c’era la possibilità di far entrare un calciatore, ma per difendere la mentalità e il carattere di un altro calciatore che già avevo a disposizione, ho preferito andare avanti così. Ritenevo più importante far star tranquillo un calciatore, piuttosto che fargli mettere il dubbio di una competizione in cui non ritenevo l’eventuale nuovo arrivo nemmeno all’altezza”.

“C’è un cantautore romano che ha scritto come epitaffio
sulla tomba: ‘Non escludo il ritorno’. Mi piace questa frase”.