“Ah la Roma, ho solo ricordi bellissimi di quel periodo. E poi Cassano, che giocatore incredibile. Matto, Antonio era così. Genuino e matto”. E' bastata una parola per accendere il suo entusiasmo.Roma, la maglia giallorossa, Totti, Cassano e anche Del Piero. Passato e presente di Leandro Cufréraccontato con una felicità contagiosa. Il tutto in un italiano perfetto, segno di come il nostro paese gli sia rimasto attaccato addosso. “Torno spesso a Roma, ho lasciato tanti amici lì. Vecchi compagni con i quali mi sento appena ce n'è occasione. Anche con Francesco ovviamente”.
Sono tanti i calciatori passati per la Roma in 25 anni di regno Francesco Totti. Tutti, chi più chi meno, definisce l'ex Capitano un amico. Delineare i contorni tra ciò che è reale, realistico e irreale non è compito nostro, ma forse un buon metro di paragone lo si trova sfogliando le pagine della biografia “Un Capitano”. Sono pochissimi i colleghi nominati da Totti in oltre 500 pagine di racconto e Cufrè è uno di questi. C'è un passaggio ben preciso:
[…] ricordo anche Cufrè quando si caricava a pallettoni prima di affrontare la Juventus, perchè aveva un conto aperto con Del Piero e ogni volta finiva a botte [...]
Aprendo questo capitolo il tono di voce dell'argentino si fa entusiasta, quasi orgoglioso: “Mi ha fatto piacere– continua Cufré in esclusiva ai microfoni di gianlucadimarzio.com - perchè essere nominato nel suo libro vuol dire che qualcosa è rimasto. Non per un momento bello, è vero, ma se gli è venuto quello in mente per me va benissimo lo stesso”.
Un'antipatia mai nascosta e nata ben prima del famoso schiaffo: “Tutto nasce dai tempi di Siena. Ero io l'incaricato di marcare Del Piero, soprattutto sui calci di punizione o calci d'angolo. La mia marcatura, diciamo molto fisica, gli dava fastidio”. L'anno dopo arrivò il fatto, rimasto nella memoria di molti tifosi, soprattutto per la particolarità di quella sfida: “Chiesi io al mister di marcarlo. Al ritorno fu una partita particolare, il clima era teso perché tornavano per la prima volta all'Olimpico mister Capello con Zebina ed Emerson. Gli animi erano accesi e in campo, ecco, diciamo che non ci siamo risparmiati”.
Un amore con i colori giallorossi nato fin dal suo arrivo, l'estate post Scudetto. Una sessione di mercato dominata da acquisti costosi e importanti come Cassano, Pelizzoli e Panucci. Cufrè arrivò sottotraccia,“tre anni prima avevo vinto il Mondiale Sub 20 con l'Argentina, facevo coppia in difesa con Samuel. Forse Baldini e Capello vollero riformare la coppia giovane più promettente dell'epoca”.Peccato però che lo zoccolo duro Campione d'Italia era difficile da scardinare: “Normale fosse così, squadra che vince non si cambia. Avevano tutti appena rinnovato, era difficile per me trovare spazio. Anche Cassano all'inizio faticò”.
E qui inizia un altro racconto. Aneddoti “che non si possono raccontare. Se non lo ha fatto Totti posso farlo io? No no, non me li chiedere. Ti posso dire che ogni giorno ti faceva morire dalle risate”. Qualcosa però riusciamo a strappargli. “Guarda te ne racconto uno. Antonio era solito arrivare all'ultimo secondo a Trigoria. Ogni ritardo con Capello era una multa e quel pomeriggio lui era in ritardo. Arriva di corsa al parcheggio e per sbrigarsi tampona la Ferrari di Fuser. Chi come me era alla finestra vede tutto, ma fa finta di niente. Alla fine dell'allenamento Diego va verso la macchina e trova la fiancata completamente rigata. Noi tratteniamo a stento le risate, Antonio fa finta di nulla. Peccato che la sua macchina fosse parcheggiata accanto a quella di Fuser, con tutto il parafango colorato di rosso. Antonio, serio, nega tutto: “Non sono stato io, giuro!”. E noi a ridere come pazzi. Diego era inca.... nero. Come si è risolta? Come al solito. Un assegno di Antonio”. Prendere o lasciare, Cassano era così e in campo si faceva perdonare tutto,“gli ho visto fare delle cose in campo incredibili. Mai visto un giocatore così. Esplosivo, imprevedibile, tecnico. Era davvero fortissimo”.
Oggi Leandro vive in Messico, ha vinto un campionato con il Santos Laguna come secondo di Robert Dante Siboldi "ma ovviamente sogno di allenare da solo. Ho studiato in Argentina e ho anche il patentino per allenare in MLS". Adesso è libero "dopo il campionato vinto ci sono stati dei problemi con la società e abbiamo lasciato tutti insieme". E' arrivato il momento di spiccare il volo da solo, di provare un'esperienza come capo allenatore, “e poi chissà, se faccio bene magari torno in Europa per allenare”.
Roma l'ha lasciata a malincuore, “ero arrabbiato con Spalletti che quell'estate (nel 2006, ndr) chiese un nuovo terzino sinistro. E io? Questo mi chiedevo, ma ero giovane. Ora da allenatore capisco meglio le esigenze. Voleva rinforzi, non liberarsi di Cufré. Ma decisi di andar via”. Non lo rifarebbe adesso, “la spinta che ti dà Roma non si trova da nessun'altra parte. Non è la voglia di giocare o combattere, quella ce la devi avere dentro. E' il livello che raggiungi in piazze così a non avere eguali”. E se anche uno come Totti decide che un piccolo posto nel suo racconto devi averlo, vuol dire che a Roma qualcosa hai lasciato anche tu Leandro.