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Data: 18/10/2019 -

Delneri e quel Roma-Samp del 2010: “Non volevamo rovinare la festa, ma festeggiare noi”

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Intervista a Luigi Delneri, protagonista della gara tra Roma e Sampdoria del 2010 che costò lo Scudetto ai giallorossi. Un viaggio nel nostro campionato tra passato, presente e futuro dell’allenatore friulano

Sampdoria-Roma si avvicina, con un particolare scherzo del destino: Ranieri contro la ‘sua’ Roma, la squadra di cui è tifoso e per la quale ha pianto. Soprattutto quando, nove anni fa, sfiorò lo Scudetto in giallorosso, infrangendo i propri sogni di gloria proprio contro i blucerchiati. Quel 25 aprile 2010, allo stadio Olimpico, la Roma subì una vera e propria tragedia sportiva. Dall’altra parte c’era però una squadra proiettata verso un traguardo storico, culminato con la qualificazione in Champions League e con il record di punti in Serie A. Sulla panchina di quella Sampdoria sedeva Luigi Delneri: “Quella sera l’ambiente era molto carico e intenso, tutti aspettavano quella partita che avrebbe potuto consacrare la Roma come campione d’Italia. Non volevamo rovinare la festa, volevamo solo fare festa noi” confessa l’allenatore friulano ai microfoni di gianlucadimarzio.com.

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Abbiamo dato il massimo, senza sottovalutare l’avversario. È stata una gara indimenticabile ed emozionante, che ci permetteva di ambire a qualcosa di importante. La Champions mancava da circa vent’anni in casa blucerchiata”. Il 2-1 con doppietta di Pazzini rimane quindi una vittoria conquistata sul campo. Anche perché, secondo Delneri, quella Sampdoria non era mica facile da affrontare: “Siamo arrivati quarti senza mai perdere una partita in casa, avevamo trovato le dimensioni giuste per la realtà della Samp. La notte dell’Olimpico abbiamo sofferto nel primo tempo. Nel secondo però, come ha detto anche Ranieri, abbiamo fatto il nostro dovere e abbiamo ampiamente meritato di vincere. Gli avversari erano molto delusi, ma è stata una vittoria raggiunta con lavoro, fatica e sacrificio. Correre dietro ai loro grandi giocatori non era per niente facile, ma per vincere quelle partite ci vuole abilità e anche un po’ di fortuna”.

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Il saluto con Ranieri a fine gara, poi, Delneri lo ricorda bene: “Naturalmente c’era tanto sconforto da parte loro, ma Claudio non aveva nulla da recriminare sulla partita. Penso che un campionato non sia fatto da un solo match. È chiaro che quella fu una gara chiave, ma in un solo incontro non puoi determinare tutto quello che ha fatto una squadra durante l’anno. La Roma fece un campionato fantastico, una sola partita ne determinò l’esito finale ma non il giudizio sulla stagione. Fu una gara equilibrata e bellissima, perché entrambe le squadre lottavano per qualcosa. Per noi fu un risultato magnifico, ma posso capire lo stato d’animo dell’ambiente giallorosso dopo aver vissuto quel momento”.

Roma e Sampdoria, due realtà vissute da Gigi in panchina durante la propria carriera. Due realtà che oggi, per motivi e in proporzioni differenti, stanno passando un periodo di difficoltà: “Entrambe giocano un calcio offensivo e dinamico, ma lottano per obiettivi diversi. Mi è dispiaciuto per Di Francesco, un allenatore che stimo tanto e che è molto importante per il calcio italiano. Ha trovato delle difficoltà oggettive, e quando le cose vanno male purtroppo si paga. Ora la squadra si trova ad affrontare una situazione non preventivata all’inizio, hanno solo 3 punti. Ci sono però anche tanti club a 6 punti, bastano due partite fatte bene e può arrivare una forte spinta psicologica. Domenica sarà una gara interessante: la Roma ha bisogno di un risultato ma soprattutto di una prestazione positiva, fondamentale per pensare a un futuro migliore. Potrebbe però mancare Dzeko e sarebbe complicato per i giallorossi, perché la Samp vuole ripartire forte dopo il cambio di allenatore”.

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E pensare che, dopo la grande annata in blucerchiato, Delneri fu ingaggiato da una Juve in pieno clima-rivoluzione: “I grandi cambiamenti portano sempre a un punto di domanda sull’esito della stagione. Stavamo andando bene all’inizio, ma nel girone di ritorno abbiamo avuto delle difficoltà anche a causa di infortuni importanti. Quagliarella, Iaquinta e De Ceglie si sono fatti male per quasi tutto il campionato, e senza di loro abbiamo perso l’equilibrio tattico che avevamo trovato. Quell’anno però abbiamo battuto tutte le grandi: Inter, Milan, Roma, Lazio… perciò non è che la squadra non abbia reso. Purtroppo ci sono mancati quel cinismo e quella serenità che servono nel vincere partite apparentemente già vinte sulla carta. È stata una stagione positiva come esperienza, ma negativa per i risultati. Una società come la Juve non può permettersi di arrivare settima”. Così, dopo Gigi, la Juve decise di puntare su Conte: “L’anno dopo il mio ci furono altri cambiamenti, la società riordinò le idee e prese giocatori come Pirlo, Vidal, Lichtsteiner e Vucinic. Ma soprattutto ingaggiò Antonio, un allenatore di spessore che diede quella carica di energia di cui la Juve aveva bisogno”.

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Oggi però Conte è all’Inter, e con i bianconeri sta cercando di contendersi lo Scudetto: “Vedo la Juve consolidata, ma i nerazzurri possono essere una valida avversaria. Hanno l’ambiente giusto, voglia di emergere, hanno preso grandi giocatori e ora possono contare anche su Marotta e Conte. Bisogna però fare i conti con alcune outsider come l’Atalanta, squadra che gioca bene e che può battere tutti, rompendo gli equilibri del campionato. Può di nuovo arrivare in Champions, così come Roma, Lazio e Milan. I rossoneri sono più in difficoltà ma penso si possano riprendere. Giampaolo è un ottimo allenatore ma il tempo non lo ha aiutato, in Italia c’è poca pazienza per il lavoro di noi allenatori. Spesso paghiamo anche quando la colpa non è totalmente nostra”.

Di pazienza, invece, Delneri ne possiede molta, e non vede l’ora di tornare in campo: “Voglio continuare a lavorare, vedremo quale opportunità verrà fuori. Cerco situazioni di sfida e di stimolo, ho ancora molta voglia e tante idee. Pensare all’odore del campo mi dà energia, ma deciderò con calma e serenità. Nel frattempo mi sto guardando intorno, informandomi anche su come stia cambiando ed evolvendosi il calcio. Anche se, alla fine, la palla è sempre rotonda e si gioca in 11 contro 11…”. Perché per Gigi, spesso, le cose più semplici si sono anche rivelate le più efficaci.

A cura di Stefano Renzi

 

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