Club stellari, vittorie e trofei. Ma anche la consapevolezza che avrebbe potuto conquistare molto di più, considerando le sue capacità. Adesso gioca in Turchia, nell'Istanbul Basaksehir, ma Robinho in carriera ha vestito maglie prestigiose e storiche. Lasciando sempre il segno. L'arrivo in Europa nel Real Madrid con l'etichetta di 'nuovo Pelè', un peso troppo pesante da reggere: "So che molti si sarebbero aspettati da me il Pallone d'Oro - le parole di Robinho a Marca - quando Pelé parla di te la gente non può far altro che ascoltare. Hanno fatto questi confronti ma non esiste un nuovo Pelé, né ora né mai".
Eppure l'esperienza in Spagna non è stata da buttare, 35 gol e 27 assist che però non son serviti a garantirgli la permanenza al Bernabeu: "Il debutto è stato davvero grandioso, avevo scelto il Real per la presenza di Luxemburgo in panchina e di molti brasiliani in rosa. Ma qualcosa non ha funzionato". Prossima tappa il Manchester City, dove Robinho ha preferito la movida al campo: "Mi piaceva divertirmi, ma i giocatori inglesi uscivano più di noi brasiliani. Joe Hart era sempre in giro, Micah Richards e Shaun Wright-Phillips lo stesso. Purtroppo beccavano sempre noi brasiliani. Sono stato campione in tutte le squadre in cui ho giocato tranne che al City, è l'unica cosa che mi rende triste di quel periodo".
Poi il passaggio al Milan: "Ibrahimovic diceva sempre che era stato lui a convincere il Milan ad acquistarmi. 'Sei qui grazie a me'. È arrogante? Sì, ma in buona fede. È solo tanta fiducia in se stesso e nel suo talento. Per me, è tutto quello che un attaccante deve essere: un vincente e uno showman". La chiosa su Beckham: "Stava sempre con i brasiliani, era uno di noi. Gli spagnoli erano gelosi perché parlava più portoghese che spagnolo".