Sta tutto in un abbraccio. Quello con cui Carlo Ancelotti stringe Florentino Pérez dopo l’impossibile rimonta del loro Real Madrid ai danni Manchester City. “Grazie per avermi portato qui, Presi”, gli fa con gli occhi che scintillano. Non come qualche minuto prima, quando gocciolavano, lui avvinghiato al figlio Davide come fossero una cosa sola al fischio finale.
Niente pose, niente parole di circostanza. Il Bernabéu l’ha fatto ancora, oggi il Madrid è in finale. Carlo Ancelotti è in finale. Forse la più speciale della sua carriera. Perché Atene sarà stata l’inarrivabile rivincita sportiva del Milan, ma Parigi è la sua rivincita personale. La dimostrazione che Carletto è ancora attualissimo, altro che passato, come molti si ostinavano a dire. Vada come vada, la notte di Saint-Denis sarà un manifesto della sua eternità.
🤝 Florentino Pérez felicitó al equipo por el pase a la final.#APorLa14 | #RealMadrid pic.twitter.com/DtDpNUsrva
— Real Madrid C.F. (@realmadrid) May 5, 2022
Su di lui ci ha scommesso solo il Presi quando non se lo sarebbe aspettato nessuno che ci fosse altra gloria europea nell’ultima fase della sua carriera. O quasi nessuno. Sicuramente non se l’aspettava Ancelotti, ma l’ex moglie Luisa sì. “Fino all'ultimo ci diceva che saremmo tornati al Real Madrid: è mancata il 24 maggio, la chiamata per la Spagna è arrivata il 27”, ha raccontato al Corriere il figlio e secondo Davide. Luisa compiva gli anni il giorno della semifinale di ritorno. La vittoria impossibile è stato il loro omaggio alla sua fede.
Grandezza senza tempo
In questa stagione Ancelotti è tornato a dimostrare la sua grandezza inossidabile. E di dimostrazioni non ne doveva a nessuno. Superati i 30 anni di carriera, è arrivato, si è mostrato ancora moderno (ha battuto Pochettino, Tuchel e Guardiola) e ha migliorato il Real Madrid: nei risultati, nel gioco, nei singoli — Vinicius il manifesto. E lo ha fatto con amore. Per il calcio, per la vita che gli ha dato un’altra chance di sognare, persino per la stampa, cliente complicato nella capitale spagnola. E soprattutto per i suoi giocatori. O i suoi “amici”, come lui preferisce dire quando commenta la già leggendaria foto dei festeggiamenti con il sigaro in bocca.
La storia in gioco
Agli “amici”, dopo il campionato e la supercoppa, oggi chiede l’ultimo favore. Un’altra Champions suggellerebbe un percorso commovente, ma sarebbe soprattutto un marchio indelebile nella storia. Carletto è già l’allenatore che ne ha vinte di più (tre), ma condivide il primato con Zinedine Zidane. La quarta lo porterebbe ad avere più spazio per sé al primo posto.
Inoltre, Ancelotti potrebbe raggiungere José Mourinho, neoarrivato nel gruppo (in cui già c’erano Ferguson e Trapattoni) degli allenatori campioni in Europa in tre decadi diverse. L’italiano ha vinto la coppa dalle grandi orecchie nei primi 2000 con il Milan, nel 2014 con il Real Madrid: mancano solo gli anni ’20. “La storia che hai fatto, la storia che farai”, suona l’inno del Real Madrid, che sembra parli di Ancelotti anche perché in quest'anno magico club e allenatore sono un corpo unico.
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“Meglio se dovrà rimontare il Liverpool”
Chissà se per vincere servirà un’altra, assurda rimonta. Ancelotti ci ha scherzato su: “Mi piacerebbe, per cambiare un po’ il corso della stagione, che fosse il Liverpool a dover rimontare e non noi come al solito”, ha detto pochi giorni fa fra le risate. In effetti anche il cuore chiede pietà. Carletto, così calmo nella corazza, dentro soffre e non poco, specialmente prima delle gare. “E quest’anno è stato anche peggio. E non c’è niente da fare: medicine, pastiglie, niente. Devi resistere”.
Comprensibile: i dati parlano da soli. Superati i gironi, il Real Madrid ha perso una partita in ogni eliminatoria, senza mai tenere la porta inviolata (10 reti subite in sei partite), ed essendo virtualmente eliminato per quasi tutto il tempo. È stato classificato durante 13’ dei 180’ giocati contro il PSG. Con il Chelsea, dentro per 145’ dei 210’ — ma che sofferenza. Di fronte al City, i blancos sono stati in finale per 26’ dei 210'. In totale, 184’ su 600’. Cioè, è stato eliminato per il 70% del tempo. Nella finale basterà un minuto. Quello giusto.