L’eroe del Superclasico è nato in Colombia, è stato lanciato dal Pescara e sembra napoletano. Niente dialetto però: Quintero scherza, ride e in campo balla: “E’ come uno scugnizzo”. Lo dicono in coro Daniele Sebastiani e Antonio Bocchetti. Uno lo ha portato al Pescara, l’altro è stato uno dei suoi punti di riferimento all’interno dello spogliatoio. Lo conoscono bene insomma: “Era un figlio di buona donna…”. In senso buono però: “Era intelligente, acuto. Sveglio insomma. Sembrava quasi napoletano”.
Dall’Italia se ne è andato quasi in silenzio, in Argentina è diventato eroe. Perché quando segni un gol così nella finale più sentita degli ultimi anni sei destinato a fare la storia. River 3-Boca 1, Quintero ci ha messo la firma con un sinistro da leggenda: “Era un predestinato e aveva un tiro da far paura”. Lo ricorda così in esclusiva per Gianlucadimarzio.com Sebastiani, il presidente del Pescara che lo acquistò nel 2012 per sostituire Verratti: “Me lo segnalò Alessandro Moggi, noi eravamo appena stati promossi e decisi di acquistarlo. Mi bastò vedere qualche video per convincermi, al resto ci pensarono i miei collaboratori”.
Da Medellin a Pescara è stato un attimo, è bastata una chiamata, anche se su quel talento di 19 anni c’erano già gli occhi di parecchie squadre. Il resto lo ha fatto una giocata da campione col Bologna: sinistro da fantascienza e scintilla accesa. Sprazzi di Quintero, fenomeno ad intermittenza: “Arrivò in Italia giovanissimo e noi dovevamo salvarci, era normale che non potesse avere tutto questo spazio”. Un po’ lo rimpiange Sebastiani, che ha anche provato a riportarlo a Pescara: “Sì, due anni fa quando siamo tornati in A, ma il Porto ci ha chiesto troppi soldi. Peccato che poi lo ha quasi regalato al River Plate…”.
Sliding doors di mercato. Al River è diventato eroe, al Pescara si faceva voler bene da tutti: “Era un ragazzo allegro, solare, sempre con il sorriso sulle labbra. Quando mi vedeva al campo mi abbracciava e mi faceva qualche battuta. La stessa cosa è successa in Portogallo quando l’ho rivisto un paio d’anni fa”. E’ cambiato poco Quintero, anche se in campo ora sembra un altro: “Forse qualche ‘schiaffo’ che ha preso nel corso degli anni gli ha fatto bene, lo ha aiutato a svegliarsi. Ha capito che non si vive di rendita”.
“Quante imitazioni faceva… Era un fenomeno”
I pregi però erano da sempre evidenti: “Aveva un sinistro potentissimo, non aveva grande fisico, ma era intelligente calcisticamente. Vedeva la giocata prima degli altri. E poi quanto erano veloci i suoi movimenti… non lo prendevi quando ti saltava in velocità”. Lo sa bene Bocchetti, che da difensore in allenamento doveva marcarlo stretto: “Certo qualche ‘stecca’ l’ha presa, ma questo gli ha fatto bene visti i risultati”.
Talento indiscusso, anche fuori dal campo. Punto forte? Le imitazioni: “Era un fenomeno a farle, imitava tutti dai compagni ai dirigenti – Ricorda Bocchetti in esclusiva per Gianlucadimarzio- La sera in quattro o cinque ci mettevamo intorno a lui e ci faceva morire dalle risate. Emulava alla perfezione chiunque, dai gesti alla voce. Imitava bene me, Capuano, e soprattutto Blasi”.
Innamorato del pallone, meno della parte atletica. Appena arrivato al River lo hanno definito grasso, lui si è difeso dicendo di essere solo un po' ‘nalgón’, che letteralmente vuol dire ‘chiappone’, per via della sua corporatura. Di certo non gli è mai piaciuto correre troppo: “Hai voglia a dirgli ‘corri, devi tornare’, gli allenatori ci provavano a farglielo capire, ma lui lo faceva poco. Era giovane. E sapeva di essere forte, anche se non lo diceva”. Con il Boca lo ha dimostrato al mondo, ora glielo diranno in tanti, per sempre. La parabola di Quintero è culminata nella leggenda e finirà chissà dove.