Da Michael Folorunsho, per tutti solo ‘Folo’, a Michael “Folorunshow”. Il presente della Virtus Francavilla è (anche) in questo ragazzone di 20 anni, dall'inequivocabile accento romano e fisico possente, che in serie C sta provando a recuperare il terreno perduto negli anni con la Primavera della Lazio, nei quali – per sua stessa ammissione – non aveva “giocato campionati pazzeschi e meritato palcoscenici più ambiti”. Fino alla svolta. Estate 2017. Pochi giorni per la firma del contratto e un pressing inesauribile ai suoi danni: quello del ds della Virtus, Domenico Fracchiolla. “Mi seguiva sin dagli anni in cui curava le giovanili del Bari – racconta Michael ai microfoni di gianlucadimarzio.com - dopo la fine dell'esperienza con la Lazio Primavera c'era questa possibilità di venire a Francavilla. Ne ho parlato con il procuratore, ma avevo pochi giorni di vacanza e mi è stato detto che dovevo partire da un giorno all'altro in ritiro. Mi ha prelevato all'autogrill in ritiro con tutto il pullman”. Un blitz a fin di bene.
Strada spianata? Tutt'altro. Come quando nelle giovanili sbagliavano il suo cognome (“Ogni settimana, una volta in Primavera un arbitro mi ha chiamato Folorosinho, sono diventato brasiliano di colpo” scherza), anche nello scorso campionato, il primo da senior, il 20enne Michael è passato per espulsioni evitabili come quelle prese contro Rende e Akragas e qualche passaggio a vuoto. “Diciamo che il calcio è questo. Ti mette sempre alla prova” ricorda lui. Che sul campo ha però conquistato il rinnovo del contratto fino al 2021 con la Virtus. Una polizza per il club pugliese che in questo ragazzone crede tanto: “Sicuramente credo nel progetto che ha portato avanti la Virtus – ribatte lui - è una società sana, di principi seri. Ci sono poche realtà del genere in giro. Sono onorato di essere qui”. E sta ripagando la fiducia: gol al Rieti, assist contro il Matera, rete dopo una cavalcata travolgente alla Reggina: “Le reti fanno piacere, ma non ho fatto ancora nulla”. Predicando umiltà. Una lezione appresa da un maestro...tedesco: “Dal punto di vista del comportamento, l'esempio di tutti è Miroslav Klose. Quando un calciatore del genere ti offre dei consigli, è un momento speciale. E' un esempio per tutti i calciatori del mondo. Ho avuto l'onore di allenarmi con lui alla Lazio, un fenomeno dentro e fuori dal campo”.
Gli chiedi di Paolo Di Canio e il tono della sua voce cambia: “Diciamo che noi alla Lazio non abbiamo avuto tante bandiere, una delle poche è stato lui. Sono cresciuto vedendo le sue partite, i gol nei derby. Ma vi conoscete di persona? No”. E magari, chissà se Paolo leggerà questa intervista e farà visita a un tifoso speciale. Speciale come il rapporto con i compagni di squadra: “ Quest'anno il gruppo è veramente unito. Usciamo tutti insieme, anche ieri ci siamo visti Manchester United-Juventus tutti insieme. Siamo tutti quanti legati”. Quando gioca la Lazio, però, Folo non c'è per nessuno: “A meno che non giochi io – scherza – mi isolo e mi godo la mia squadra”. Che è protagonista anche dei suoi tatuaggi: “Uno ha il fontanone e la scritta S.S. Lazio – racconta – poi ne ho fatto un altro da poco con la data di fondazione del club. Poi ne ho anche con dediche per parenti e persone care che non ci sono più”.
Il periodo di adattamento è alle spalle (“Diciamo che un ragazzo che ha sempre vissuto a Roma e non si è mai spostato di lì, ha avuto difficoltà nel venire in una piazza come Francavilla per il fatto che qui è tutto diverso. C'è una società di gente serissima, tifosi che ti rispettano e non mettono pressione. Ora mi sono integrato al meglio”), mentre gli insegnamenti di Simone Inzaghi, suo allenatore nella Primavera della Lazio, sono sempre presenti: “Mi aveva preso alla fine del mio anno di Allievi nazionali, portandomi sotto età in Primavera fino alle finali. L'anno dopo mi ha voluto fortemente con lui in squadra, poi mi ha aggregato ai senior. Si vedeva che avrebbe fatto un percorso importante”. Dalla culla Inzaghi alla prima squadra, con D'Agostino prima e Zavettieri poi. Folo trova le differenze: “Hanno mentalità molto diverse dal punto di vista tattico – spiega - Sono stato bene con D'Agostino e mi sto trovando molto bene con mister Zavettieri, che mi impiega più da mediano che da interno”. C'è il suo numero 20 nella spina dorsale di una Virtus Francavilla che ha due partite in meno degli avversari, colpa di un campionato mai così formato-spezzatino: “Ora è più una sfida psicologica, mentale. Giocare in turni spezzettati, saltare partite perché ci sono squadre che non hanno ancora iniziato il campionato, è molto complicato” ammette Michael. Che corre e segna, con una costante: il biancoceleste addosso. Ieri la Lazio, oggi la Virtus. Domani, chissà.