“Quello lì? Troppo piccolo…”. Dal Selva Candida al Sassuolo, Politano’s world: “Se ne andò in lacrime con una promessa…”
Galeotto fu un consiglio: “Vieni a vedere ‘sto folletto”. E “fortunata” una battuta, tipica romana. Perché il tizio sugli spalti non era convinto: “Non lo vedi? E’ troppo piccolo”. Scrutava attento, ma aveva dubbi. Poi una voce: “Famo ‘na cosa, la prossima partita organizziamola a Nettuno…”. Osservatore sorpreso: “E perché?”. Risposta facile: “Se gioca bene al campo dove sei cresciuto allora tu allora è ok, eri poco più alto dell’erba!”. Risate tra i due, battuta efficace: “Vabbè va, domani portalo da noi”. Start.
Perché quel “noi” era la Roma, in primis. E il tizio “di Nettuno” era proprio Bruno Conti, uno che di talenti ne ha scoperti vari. Scout con la maiuscola. Quel piccoletto, invece, era Matteo Politano, il “folletto” che oggi incanta Sassuolo e tutta l’Italia (già 5 gol stagionali). “E l’altro?!”. La storia parte da qui, “dall’altro”. Uno che ha cresciuto il piccoletto e che oggi fa il segretario al Selva Candida. Istituzione, Gianni Buffetti. “Una vita nel calcio”. Quello della battuta alla romana. Verace, sincero, vispo. Ne ha viste tante e ne ha passate ancor di più. Sa tutto di tutti. Specie di Politano: “L’ho visto crescere, stava coi pulcini ma giocava già con gli esordienti sotto età”.
Into the Politano. E per scoprire qualche aneddoto siamo stati proprio alla Polisportiva Selva Candida di Roma, entrando ancor di più nel mondo di quel “signorino” col numero 8 che già a 9 anni “andava in porta col pallone”. Buffetti racconta orgoglioso: “Era un ragazzo pacato – svela in esclusiva su GianlucaDiMarzio.com – tranquillo. E’ stato da noi 4 anni, quello del ’93 era un bel gruppo, c’era anche Giannetti (ex Inter e Padova ndr). Matteo andò via nel 2004…”. Come? “Attilio Olivieri lo vide in un torneo, poi lo segnalò a Conti e andò alla Roma”.
La famosa battuta di cui parlavano prima. “Ci pagarono il famoso premio di preparazione, circa 3/4mila euro, una bella cifra per una società come la nostra”. Quando Gianni parla di Matteo fa un tuffo nel passato e si emoziona: “Per me rimarrà sempre quel ragazzino di 8 anni”. Occhi lucidi, lo chiama il “signorino”. Quello “che segnava valanghe di gol, 2-3 a partita”. Idolo? “Maradona! Cercava di imitarlo in tutto”. Anche se qualche difettino c’era: “Era un po’ solista, quello sì, ma era la star del gruppo, partiva da destra e si accentrava. Come gioca oggi, giocava prima. E’ uguale”.
Famiglia solida alle spalle: “La madre lo veniva sempre a vedere, l’ha seguito anche fuori”. Anche se oggi un po’ di meno, ormai Politano è diventato grande e si è pure fidanzato: “E’ più responsabile”. Ma soprattutto: “Sta vivendo un momento d’oro, ogni palla che tocca crea qualcosa”. Ci dice Bruno Berardi, presidente del Selva Candida nonché padre di Alessandro, ex portiere della Lazio oggi al Messina. “Matteo è anche tornato a trovarci, è venuto qui insieme a mio figlio per la festa della società, due anni fa”. Ma ribadisce: “Parla con Buffetti però, è la storia!”.
E allora si riprende, mano nella mano coi ricordi di una vita: “Legava con gli altri, aiutava i compagni, parlava con l’allenatore se c’erano problemi tra i ragazzi. Voleva fare tutto lui in campo, ma si è adeguato”. Merito di… Stramaccioni: “Lo bacchettava, con lui ha cambiato regime!”. Ride e riprende: “Tutt’oggi non capisco come la Roma l’abbia lasciato andare, poteva far comodo alla squadra. A lui è dispiaciuto molto, lo so. Ma non ha mai mollato, oggi è un motore e non si ferma”.
Tra una chiacchiera e l’altra Gianni prende in mano il suo primo cartellino, quello dei “pulcini”. Lo gira e lo rigira, lo scruta e poi ricorda. Sorride e pensa. Tirando fuori un bell’aneddoto: “Quando lasciò la società gli facemmo una festa d’addio, lui piangeva. Allora mi fece una promessa”. Quale? Curiosità professionale: “Gianni, il giorno che torno all’Olimpico, segno!”. In teoria l’ha fatto, no? “Eh sì, ma con la squadra sbagliata! Col suo Sassuolo l’anno scorso“. Stavolta la risata è bella grossa, più di quella insieme a Conti una decina d’anni fa: “Te possino Mattè, gli ho detto. Ogni tanto lo sento ancora, quando lo vedo ritorno giovane, è rimasto quel bambino che dribblava tutti”.
Gianni ne ha passate tante, l’abbiamo raccontato. “Ho assistito a tante illusioni, ho visto tanta gente illudersi e poi restare senza niente. Ma di gente coi piedi per terra ne ho vista poca. Matteo è uno di loro”. Sì è fatto tardi, l’ultimo giro è intorno al campo. Terra battuta, come precisa il presidente: “Anche se non abbiamo l’erba sintetica, possiamo dire la nostra coi giovani”. Tipo Politano, cresciuto qui e diventato grande fuori, col Sassuolo di Di Francesco: “Gli auguriamo il meglio”. Cancelli chiusi, ma Gianni resta lì, in sede, tra i suoi appunti e le sue schede. Sempre con la risata sincera e la battuta pronta. Quella da cui, del resto, è iniziata la storia di Politano.