Da Pescara... a Parigi. Che Lorenzo Insigne e Marco Verratti avessero grande talento lo si era già capito nell'anno in cui, sotto la guida di Zdenek Zeman, davano spettacolo e trascinavano la squadra abruzzese in Serie A. Oggi sono due punti fermi della Nazionale italiana e, soprattutto, due dei protagonisti della grande sfida tra PSG e Napoli.
“I piccoli di solito sono più bravi, loro poi erano anche molto svegli... C’è stato subito feeling con loro. Verratti lo chiamavo Marcolino, Insigne invece era Lorenzolo, come uno dei sette nani. Si intendevano in campo ad occhi chiusi, loro due e Ciruzzo Immobile. Io ho provato a formarli e a insegnargli calcio, il resto lo hanno fatto loro con la disponibilità e il sacrificio. Il risultato fu la storica promozione del Pescara in A”, ha raccontato lo stesso Zeman in un'intervista a La Gazzetta dello Sport.
“Sono cresciuti tanto in questi anni e non devono fermarsi perché hanno ancora margini – prosegue - Verratti è da due anni il miglior giocatore di Francia, e Lorenzo il miglior esterno d'attacco del nostro campionato.
Insigne lo vidi nella Primavera del Napoli mi impressionò per tecnica e velocità di esecuzione e lo volli a Foggia in Lega Pro nel 2010, aveva 19 anni. Segnò in stagione 19 gol in campionato e 7 in coppa Italia. Avevo lui, Farias, Sau... una bella squadra. E me lo portai a Pescara l'anno dopo. Nei primi anni a Napoli lo facevano correre e difendere per tutta la fascia. Lui è un attaccante, deve restare sempre vicino alla porta. Nei piedi per me ha più di 20 gol.
Con me a Pescara segnò 18 reti e fece 14 assist. Chiedete a Immobile quanti gol gli fece fare... Fu il miglior giocatore del campionato anche se la Serie B è diversa dalla A. Con Sarri ha fatto bene, ma con lui si gioca a un tocco, appoggiandosi sempre, mentre a Insigne piace saltare l'uomo, in quello è fenomenale. Con Ancelotti ha qualche libertà in più, l'importante in ogni caso è che faccia l'attaccante e guardi sempre la porta.
Verratti con me soffrì molto la preparazione estiva, tanto che all'inizio non partì titolare, ma appena pronto lo misi e non lo tolsi più: era difficile, per visione di gioco e tecnica, vedergli sbagliare un passaggio.
Perché non rende al PSG? È un regista che deve giocare a 3 con due interni ai fianchi. Fare il regista in 2 è più difficile. Lui deve giocare tanti palloni, e comunque per me rende anche in Nazionale. Non sbaglia un pallone neanche in azzurro, spesso i compagni lo capiscono in ritardo. Nel suo ruolo Verratti è il più forte al mondo, per me meglio anche di Modric".
L'intervista integrale su La Gazzetta dello Sport.