San Pietro e Paolo, 29 giugno: una festa lunga da Roma a Lima. Mentre la Capitale italiana festeggia i propri santi patroni, quella peruviana celebra un altro tipo di sacralità. Sono i due massimi idoli calcistici del Paese ed eroi della sfida di Copa América con l’Uruguay: ma se il più acclamato Paolo, inteso come Guerrero, si limita a segnare il suo rigore, a prendere la scena è Pietro, o meglio Pedro Gallese, il portiere dei miracoli.
Lui che in realtà Pedro non si sarebbe neanche dovuto chiamare, visto che la mamma aveva intenzione di mettergli il nome “Piero”, che poi è la maniera in cui viene chiamato comunemente da amici e conoscenti, tanto che il suo primo allenatore Tito Drago pensava che si chiamasse effettivamente così.
Anche Gallese poteva non essere il suo cognome: il padre biologico lo registrò all’anagrafe con il nome con cui è conosciuto, ma scappò poco dopo senza tornare. A Malambito, piccolo barrio povero di Lima, Gallese è cresciuto con il suo secondo papà, che di cognome fa De la Vega. Giocava spesso a calcio un po’ ovunque per il campo. Faceva il portiere per convinzione, l’attaccante per divertimento e il terzino per necessità: si metteva dove serviva, ma era in porta che faceva realmente la differenza. Solo che per molti anni la porta era solamente l’ingresso di casa di sua zia, ma poi anche grazie al suo ottimo rendimento scolastico, trovò modo di crearsi le proprie occasioni.
La scuola gli assegnò una borsa di studio, i suoi compagni fecero una colletta per regalargli un paio di guanti ed entrò nel Real Club, dove si guadagnò un posto per il Mondiale Under 17 del 2007. In realtà era appena il terzo portiere ma l’esperienza, chiusa con un sorprendente cammino fino ai quarti di finale, fu fondamentale per la sua vita: innanzitutto gli permise di pagare parte del mutuo per la casa della mamma e poi gli regalò l’opportunità di andare a giocare con la San Martín.
Due anni di pazienza da quarto portiere prima del debutto: entrò a partita in corso per l’espulsione del titolare e parò immediatamente il rigore causato dal suo collega. Solo un presagio di una carriera che lo avrebbe portato poi a grandissimi traguardi: il primo fu quello di completare il pagamento della casa di mamma, il secondo quello di diventare in fretta anche il portiere della nazionale, passando anche per occasioni contrattualmente importanti con le maglie di Alianza Lima e Veracruz.
Idolo di tutti in Perù, soprattutto per le sue parate che hanno contribuito alla qualificazione a Russia 2018: in particolare fu memorabile la sua prestazione a La Bombonera contro l’Argentina, in cui il Perù con lo 0-0 restò in corsa per un pass mondiale. Così apprezzato che prima di un’amichevole contro El Salvador regalò i suoi guanti a un bambino durante una sessione di autografi facendolo scoppiare in lacrime di gioia.
Gioie che Piero Gallese continua a dare a tutto il Perù, tra generosità e parate: l’ultima, quella sul rigore di Luis Suárez è valsa la qualificazione alla semifinale di Copa América, dove ci sarà la rivincita contro il Cile, i grandi nemici di sempre. Una grande storia partita da lontano e che non poteva non consacrarsi nel giorno di San Pedro. Che da adesso forse sarà anche un po’ San Piero.