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Data: 12/02/2018 -

Nello Di Martino, tra l’Hertha Berlino e la Nazionale: “Io il primo giocatore italiano a venire in Germania. Nel 2006 non avevamo neanche un prosecco per festeggiare…”

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“Noi non abbiamo paura”. È una frase storica, lo è davvero. Siamo nel 2006, a Dortmund: Italia-Germania. Le squadre sono nel tunnel. I tedeschi guardano Cannavaro, Gattuso e compagni. “Hanno paura” qualcuno dice, per toccare le corde giuste. Ed é qui che un italiano dalla voce forte urla: “Noi non abbiamo paura” (in tedesco, ovviamente). Adrenalina, orgoglio e tanta consapevolezza. Tutto questo in quattro parole. Tutto questo in Nello Di Martino, storico Team Manager dell’Hertha Berlino, che oggi ha aperto le porte del centro sportivo a gianlucadimarzio.com.

Nello è nato a Vico Equense, a pochi chilometri da Sorrento. E di italiano ha davvero tanto, il classico orgoglio di chi vive fuori da parecchio tempo. Un esempio? L’inno italiano come suoneria del telefono. Ma partiamo dall’inizio, dal 1971, l’anno in cui un ventenne Di Martino arrivava a Berlino, diventando il primo italiano a giocare in Germania. Berlino era una città diversa, in cui c’era il muro a dividere l’Est dall’Ovest:Arrivai in treno da Milano, attraversai tutta la Germania, che però mi fece subito una buona impressione. Berlino era completamente diversa, ci conoscevamo tutti, ci saranno stati dieci bar. Venivo dalle esperienze della Primavera dell’Inter (negli anni di Herrera, Mazzola e Corso), Mantova e Rapallo. Cambiai la mia vita da un giorno all’altro. Ho sempre fatto quello che mi sentivo, sono andato via di casa a quindici anni. Ero già abituato a stare da solo, ma ho sempre avuto la fortuna di avere gente che mi ha aiutato, nel superare le difficoltà quando mi mancava casa”

Nello è un idolo per i tifosi dell’Hertha Berlino, che lo hanno visto prima come portiere, poi come preparatore dei portieri, e adesso come Team Manager. Una figura storica, per l’Hertha Berlino e per la Nazionale italiana, con cui ha iniziato a collaborare prima con Trapattoni e poi con Lippi nel 2006, senza dimenticare l’Europeo Under 21 vinto proprio in Germania nel 2004. Ai Mondiali tedeschi del 2006, Nello Di Martino è il Team Liaison Officer, ed ha curato praticamente tutta la logistica per la spedizione azzurra. “L’organizzazione del Mondiale parte da lontano. Il mio compito era anche quello di capire dove potevamo andare per il ritiro, si sono affidati a me visto che conosco bene gli alberghi andandoci in trasferta con l’Hertha. A Duisburg casualmente andammo pochi mesi prima del Mondiale, e c’era questo hotel piccolo ma perfetto, con il laghetto fuori. Chiamai immediatamente Roma, prima ancora che l’Italia si qualificasse”


Nazionale sì, ma non solo. Di Martino è conosciuto da tutto il mondo del calcio. Fabio Capello scelse il centro sportivo dell’Hertha Berlino (a due passi dall’Olympiastadion) per il ritiro estivo dell’anno dello Scudetto con la Roma, e ci ritornò anche l’anno dopo, nel 2001. Ed il 12 agosto si giocò l’amichevole Roma-Ajax, a Berlino: “Capello mi disse che c’era un attaccante dell’Ajax che gli piaceva tantissimo, quel giorno fece vedere grandi cose, e me lo segnai visto che Fabio me lo aveva detto”. Ovviamente, quel ragazzo era Zlatan Ibrahimovic, che proprio lo stesso Capello portò alla Juventus qualche anno dopo. Sempre in quella partita estiva del 2001 c’era anche l’appena arrivato Antonio Cassano: “Eravamo in giro per Berlino, la sera prima della partita. I ragazzi andavano spesso al casinò. All’ingresso, Totti disse a Cassano “te sei appena arrivato, entri solo se segni domani”. Detto, fatto. Cassano segna, ovviamente.

Il calcio tedesco gli ha aperto le porte del calcio internazionale e consegnato le chiavi di uomo di fiducia per tanti calciatori, dirigenti, giornalisti e allenatori. Come quando Bernd Stange lo ha chiamato in Iraq per fare una settimana di allenamento con i portieri della Nazionale, prima che il terrore della guerra portasse via sogni e speranze di una nazione intera: “Quando sono ripartito per la Germania, i ragazzi avevano le lacrime agli occhi, non lo dimenticherò mai”. Oppure come quando segnalò al Milan di Ariedo Braida un centrocampista che insieme a suo fratello è cresciuto proprio nelle giovanili dell’Hertha: Kevin Prince Boateng. “Quando lo vedo parliamo sempre in italiano, ha sempre avuto un carattere particolare, ma lo conosco da quando era piccolo”.

Ma torniamo, ancora, al 2006: “A mia moglie dissi: vai in Grecia fino al 9 luglio, perché noi arriviamo in fondo. Anche contro la Germania ero tranquillo. La semifinale è stata quella più emozionante per me, sono qua dal ’71, mica da poco. L’Italia non era stata vista bene dal primo giorno, ci mettevano il bastone tra le ruote. Spostamenti, allenamenti…tutto. Come il giorno della finale, non c’era niente per stappare, neanche un prosecco. Eravamo con il Presidente della Repubblica Napolitano e non potevamo brindare! Il primo brindisi lo abbiamo fatto in albergo alle cinque del mattino. Poi però ho salutato tutti e sono tornato a Berlino, non sono andato a Roma: la mia missione era finita”.

Nello Di Martino è questo, non è un uomo di calcio, è il calcio. Esperienza, aneddoti, ricordi. Ogni suo racconto meriterebbe un articolo a parte. Anzi, un libro, quello che un giorno magari si deciderà a pubblicare. Magari con una prefazione del suo amico Marcello Lippi, oppure di un ragazzo del 2006, come Gigi Buffon. I candidati non mancheranno di certo. Titolo? Beh, quello è quasi certo. Perché “noi non abbiamo paura” non è solo una frase, detta nel momento di tensione più alto del Mondiale del 2006. È un inno alla vita, come quella di un ragazzo emigrato a soli vent’anni all’estero, senza sapere una parola di tedesco, senza sapere quello che sarebbe diventato. Beh, oggi quel ragazzo si guarda indietro, e vede il calcio, la storia del calcio italiano e anche tedesco. Lui non ha avuto paura.




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