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Data: 23/11/2020 -

Nel mondo di Borja Mayoral: curiosità e aneddoti dalla città del numero 21 della Roma

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Parla. Con la P e 125.056 abitanti. Parla perché leggenda narra - una delle tante, forse la più affascinante - che una donna muta abbia trovato la gioia della parola solo dopo aver bevuto l’acqua di una fonte del municipio. Parlar, que alegría. Una sola linea del tram con 15 fermate tutte in superficie, il pienone in ‘Parla Centro, Bulevar Norte’ dove si trova la stazione dei treni ‘Cercanías - Renfe’ che porta dritta a Madrid Sol, una mezz’oretta per intenderci. Campetti da calcetto ovunque, meno moderni di quelli della Capital: alcuni proprio senza le reti nelle porte, altri in sabbia. Tanti quanti i ‘collegios’ in zona Reyes Católicos. Riconoscerli è facile facile: una staccionata multicolori tutta intorno, mille bambini che si divertono dentro. “Fútbol, fútbol”. Ma non dappertutto, por favor. Altrimenti sai che confusione? “Prohibido jugar a la pelota” è l’esortazione (scritta in più angoli della strada) più frequente, altro che Parla. 

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Parla è anche la cittadina di Borja Mayoral, la boccata d’aria fresca - grande speranza - del Real di Zidane, prima, e della Roma di Fonseca, ora. “Il nuovo Raul Gonzalez Blanco” mi urla dietro il barista con in mano una cerveza alle 11.30 della mattina. Ubriaco ma non troppo, quasi mi fido. “Si ma non dimenticarti di Rafa Benitez” mi puntualizza sempre lui, orgoglioso delle sue origini. Ah già, Rafa ha giocato nell'Agrupación Deportiva Parla negli anni ottanta. Rafa… è stato l’allenatore che ha fatto debuttare Borja Mayoral nella prima squadra del Real Madrid contro il Las Palmas. E quel diciottenne che disse quella volta? “Comparami con Raul è un orgoglio per me. I compagni mi hanno firmato la maglietta: la conserverò in camera mia”. A Parla, ancora. Nello stesso quartiere di sempre, pare. O forse no. “Borja vive ancora qui, sì! Ma non penso a FuenteBella, il quartiere di tutta la sua vita” mi precisa il gentilissimo - e lucidissimo, a questo punto nessun dubbio - José Luis. “Il fratello Kity invece gioca nell’AD Parla! Se non si fosse rotto la caviglia… sarebbe ancora nell’Atletico Madrid. Tanto per farti capire: Borja è anche venuto in tribuna a vederlo”. Affari di calcio e famiglia. 

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Il tempo di una cerveza (mia) e via, all’inseguimento di nuovi aneddoti. Dopotutto Borja Mayoral merita, eccome se merita: ha preso in mano l'attacco della Roma mentre Dzeko non c'era e ieri, al primo tiro, ha segnato il primo gol della sua carriera in Serie A. Personalità, destro-sinistro da far paura e movimenti da ‘9’ completo: “sembra Morata” è l’appunto del mio nuovo compagno di viaggio Camacho. Calle de la Paloma, la pelletteria più antica di Parla. Angel Camacho ne è il proprietario, papà di un compagno di classe del fratello di Borja. “Non appena finivano il collegio scomparivano tutti e tre a giocare a calcio per ore. E sai cosa mi ricordo ancora? Borja aveva otto anni, mio figlio e Kity 13. Eppure: ‘vamos’. Quel piccolino lì era dieci spanne sopra tutti, non lo prendevo mai! Fortissimo". Angel poi mi svela dell’altro. Prima in generale: “La famiglia di Borja è davvero umile e lavoratrice, il papà ha sempre fatto il macellaio. E quando Mayoral passò al Madrid all’età di 10 anni era proprio il babbo che lo accompagnava a Valdebebas in macchina, ogni giorno. Quando il lavoro chiamava invece? 'Borjita' si prendeva il bus”.

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Poi sul ragazzo: “Sorride sempre. Gentile, senza tatuaggi, con una macchina davvero modesta rispetto agli altri calciatori. E che grande forza di volontà: Borja è diabetico, ha dovuto (e lo fa tutt'ora?) convivere con questo problema non da poco”. L’idolo? Ronaldo, Cristiano però. Più recente. Con cui Borja si fece un selfie rubato qualche anno fa. Ora invece sono avversari in Serie A. Beh, niente male davvero. E l'esortazione finale calza a pennello: Ad Mayor(al)



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