Passione. È questa la parola d'ordine di José Mourinho quando parla di Roma e della Roma. La passione che spinge i tifosi e che rendono la città speciale: "Ho giocato contro la Roma 5-6 volte e si capisce immediatamente l'atmosfera che c'è qui - spiega lo Special One in un'intervista a Esquire - È una passione incredibile quella che hanno i tifosi per la squadra ed è bellissimo".
Mourinho ha una chiara speranza nella sua avventura in giallorosso: "Voglio regalare dei titoli alla Roma, perché di titoli vive una società, perché i titoli alimentano la passione dei tifosi - ammette il portoghese - Ho capito subito che l’amore che si prova per la Roma va oltre i trofei, è una passione eterna, sanguigna e anche familiare. Però la vittoria è quello che manca e stiamo costruendo un progetto per arrivarci. Se arriverà con me sarà perfetto, altrimenti sarebbe bellissimo aver contribuito alla costruzione di questo futuro, che è il sogno di tutti".
"Roma è speciale"
Il portoghese ha poi parlato del rapporto con la città, al netto della sua prima esperienza in Italia con l'Inter: "Prima di vivere a Roma ero venuto a giocarci o l’avevo visitata come turista con la mia famiglia. Oggi passo ogni giorno attraverso i suoi luoghi storici ed è veramente speciale. Milano è stata un’esperienza diversa perché il centro allenamenti è fuori dalla città e anche casa mia lo era. La mia vita è stata molto più fuori che dentro Milano. Se devo scegliere qualche luogo speciale senza dubbio direi San Siro perché è stato lì che si è fatta la storia ed è lì che ho avuto il vero contatto con gli interisti e con la città. A Roma è diverso, io vivo al centro, anche questo mi aiuta a capire quanto sia speciale".
"Sono migliorato in tutto"
Mourinho, infine, ha parlato della sua crescita negli ultimi dieci anni: "In cosa sono migliorato? Tutto. Se un allenatore non migliora è perché ha perso passione e ha perso la mentalità di imparare ogni giorno. L’esperienza ti può solo migliorare. Io penso solo alla prossima partita. Tutti i match che hai giocato e i trofei che hai vinto, quelli sono in tasca e avrai tempo di guardarli quando hai smesso. Adesso voglio solo pensare alla prossima partita. Io mi sento molto più allenatore oggi che 10 o 20 anni fa".