È tutto nato con una telefonata: “Ciao, Alvaro. Sono Andrea. Torni?”. Con Pirlo, si sa, tante parole non servono. Ma qui non era nemmeno troppo necessario: i due si conoscono bene. Tanto che in un anno (l’ultimo di Andrea, il primo di Morata), sono diventati molto amici. In campo: 25 partite insieme, tra cui la finale di Champions a Berlino contro il Barcellona. Non con l'esito che si aspettavano.
Fuori? Tempo libero trascorso insieme. Vero, gli interessi erano anche diversi (a Morata è sempre piaciuto molto il paintball, qui l’approfondimento), ma spesso coincidevano. A cena (Torino ha i locali preferiti dei giocatori), per esempio, condividevano spesso i loro pensieri: il calcio era al centro dei loro discorsi. E non è una frase fatta, ma proprio così. È bastata una telefonata, quindi, per riprendere una chiacchierata vecchia di anni.
Di calcio, appunto. Pirlo ha insistito per la punta, e viste le complicazioni per arrivare a Dzeko si è speso in prima persona per arrivare a Morata. Paratici, poi, ha fatto tutto il resto. Lo spagnolo arriva a Torino quattro anni e tanti giri per l’Europa dopo.
Con tante novità, un’intesa con Ronaldo da capire (qui i numeri dei due giocatori insieme) e la voglia di rivivere un ambiente che ha sempre sentito suo, dove aveva lasciato degli amici che ora sono pronti a riabbracciarlo con gioia. Quasi come un parente che ritorna a casa dopo tanto tempo. “Ciao, Andrea. Sì, torno volentieri”. In poche ore si è chiuso tutto.